27 marzo 2005
Buona Pasqua, soldato Ryan
Aldo Maturo

 

 

Soldato Ryan,

scusami se ti chiamo così, ma non conosco il tuo nome ed ho pensato di dartene uno, uno di quelli diventato famoso in quell’altro mattatoio della storia chiamato Normandia.

Forse hai perso il conto, ma sono due anni che sei lì, anche se qualcuno ti aveva assicurato che sarebbe stata una guerra lampo. Quante volte a bordo del tuo gigantesco “Tank”, sferragliando in quel truce teatro di distruzione e di morte, ti sono tornate in mente le tue verdi e sconfinate praterie o quelle squallide ma amichevoli, complici periferie dove sei cresciuto. Quante volte hai ripensato al giorno in cui hai accettato di arruolarti, ammaliato dal mito della “lotta al terrorismo internazionale”, della nobile missione di “esportare la democrazia”, mentre in cuor tuo, forse, pensavi a quel mucchio di dollari che nel tuo paese mai avresti messo insieme in tempi così brevi.

  Ora sei lì, da 735 interminabili giorni, impantanato in una lurida guerra guerra senza fine, perennemente in allerta, con il dito sul grilletto in ogni ora del giorno e pochi secondi per pensare se premerlo o no. Se sbagli la decisione, puoi vivere, se no puoi anche guadagnarti una medaglia al valore, quella che i tuoi capi danno ai feriti e chiamano la Purple Heart. Se ti va male, torni a casa avvolto in una bandiera, come è già successo al tuo amico Walter, John, Vanessa, Genevieve, Michael e mille e più altri Michael e mille e più altri ancora.

Ed è così che spari a qualunque cosa si muova, spari a qualunque cosa tu pensi possa esploderti addosso. Ti hanno hanno detto di farlo, ti hanno detto che è un tuo diritto sparare ogni volta che ti senti minacciato, ogni volta che senti la tua vita in pericolo. Le “regole d’ingaggio”, le chiamano.

E tu spari, e chissà quanti altri uomini sono morti e quanti ne moriranno, quante altre donne, quanti bambini innocenti piangeranno i loro cari, spesso colpevoli solo di essere nati in quella terra dove vissero i Sumeri, tra il Tigri e l’Eufrate, sede mille e mille anni fa della prima culla della civiltà.

Così hai sparato anche qualche sera fà, ricordi, sì, la sera del 4 marzo. Eri lì da ore, l’occhio nel mirino, il dito sul grilletto, come sempre, in quel chek-point sulla maledetta strada dell’aereoporto. Hai sentito da lontano il rumore di un auto, l’hai sentita avvicinarsi, hai seguito i fari nel buio della sera. Veniva verso di te. Questi mi fanno saltare in aria, hai pensato. Hai avuto paura, ti sei irrigidito e hai sparato, sparato, sparato, finchè non hai visto l’auto fermarsi. Pochi secondi e nel silenzio di morte che è calato tra te e loro ti è venuto il dubbio che potevi aver sbagliato. Ed avevi sbagliato, perchè hai ucciso un innocente,un italiano per bene e ferito chi era con lui,tutti colpevoli solo di voler scappare al più presto da quell’inferno. Prima o poi qualcuno ci dirà perchè è successo, forse ti processeranno, forse riconfermeranno che è stato un “cortocircuito informativo” tra noi e voi, ma la cosa non cambia.

E’ la guerra, la tua sporca guerra, soldato Ryan, una guerra costata fin’ora, solo al tuo Paese,160 miliardi di dollari, compresi i preparativi. Sono tanti, sai, sono 4 miliardi di dollari al mese, 177 milioni di dollari al giorno, 122.820 dollari al minuto, più di 2000 dollari al secondo. Il tuo stipendio ogni due o tre secondi. Quello di un italiano medio, ogni secondo.

Una montagna di dollari che si aggiunge alla montagna di euro degli “alleati”, soldi destinati alla morte e sottratti alla vita.

Ora ti lascio, Ryan, quì da noi è Pasqua, giorno di pace, ma per te sarà un’altra Pasqua di guerra. Forse in queste ore sei di pattuglia, forse ti muovi “a grappolo”, “a copertura totale”, e non sai se arrivi vivo fino a stasera. Però almeno oggi non sparare, soldato Ryan. Lo so,capisco il tuo dramma, dipende dalla fortuna. E allora buona fortuna e buona Pasqua anche a te.

 

    

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