Ritardi di pagamento nei contratti  - 28-05-04 - Sandro Forlani

 

 

ritardi di pagamento nei contratti commerciali

Contratti

L'attuazione della normativa comunitaria in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali proibisce, anche in Italia, l'abuso della libertà contrattuale a danno del creditore ed, in particolare, dei piccoli fornitori, parte debole nel rapporto commerciale.

 

Con il Dlgs n. 231/02 si è data attuazione alla direttiva 2000/35/CE che ha rivoluzionato la disciplina dei ritardi dei pagamenti relativi a contratti commerciali.
La nozione di "transazione commerciale" identifica tutti i contratti tra imprese o tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo.
La direttiva CE si pone l'obiettivo di proibire l'abuso della libertà contrattuale in danno del creditore, soprattutto del creditore considerato "debole", come, ad esempio, il fornitore/venditore medio/piccolo che ha come controparte o una grande impresa o la pubblica amministrazione.
L'Unione Europea ha, infatti, in più occasioni sottolineato che i ritardi di pagamento colpiscono soprattutto le piccole e medie imprese e le imprese artigiane e che, a causa delle differenze esistenti tra gli Stati membri, costituiscono un ostacolo al buon funzionamento del mercato interno.

Il decreto n. 231/02, in particolare, disciplina:

la decorrenza e il saggio degli interessi moratori
la responsabilità del debitore
il ruolo delle associazioni di imprenditori
i contratti commerciali che abbiano ad oggetto i prodotti alimentari deteriorabili e gli alcolici

L'autonomia contrattuale lasciata alle parti è molto ampia. I contraenti, infatti, possono decidere in tema di:

determinazione del saggio degli interessi,
putabilità del ritardo, mediante un'individuazione pattizia dei casi di impossibilità sopravvenuta della prestazione,
riconoscimento o modalità di determinazione dei costi di recupero e del maggior danno.

L'unico limite invalicabile fissato dalla nuova normativa è la nullità degli accordi "gravemente iniqui" in danno del creditore.
A titolo esemplificativo, il decreto elenca due tipologie di accordi da ritenersi nulli per "grave iniquità":

l'accordo il quale, senza essere giustificato da ragioni obiettive, abbia come scopo principale quello di procurare al debitore liquidità aggiuntiva a spese del creditore
l'accordo col quale l'appaltatore o il subfornitore principale imponga termini di pagamento ingiustificatamente più lunghi rispetto ai termini di pagamento ad esso concessi.

Nell'articolo in pdf un'analisi punto per punto della nuova disciplina.

maggio 2004

autore: Marco Maglio
 

Fonte: PMI - Il mensile della piccola e media impresa - Ipsoa Editore