La
notizia, in buona sostanza, sarebbe questa: lo scambio di file
mediante applicazioni P2P (Winmx, Kazaa, ecc.) sarebbe penalmente
sanzionabile, anche per il semplice "downloader", il semplice utente
che condivide o scarica materiali esclusivamente per proprio
intrattenimento personale.
Io, come sai, non faccio il
politico e, a differenza del sen. Cortiana, non faccio
interrogazioni parlamentari. Mi limito ad esporre una critica
giuridica, inevitabilmente con qualche accenno agli aspetti
informatici del caso. Penso sia l'atteggiamento più corretto.
Posso premettere che buona parte di
quanto è scritto nei due articoli che ho letto su La Repubblica.it è
quasi totalmente infondato, sia tecnicamente che giuridicamente.
Schematicamente:
- Winmx, Kazaa, etc. nono sono
"siti", ma, contrariamente a quanto attribuito all'ufficiale
superiore GdF, applicazioni sharing;
- il riferimento all'art. 171
l.d.a. è sbagliato (voglio sperare per un refuso), mentre quello
corretto è, semmai, l'art. 171-ter l.d.a.;
- il decreto legislativo (non
legge) 9 aprile 2003, n. 68 entrato in vigore il successivo 29
aprile, non ha spostato di una virgola il possibile trattamento
penale da riservare al fenomeno del P2P;
- la disciplina penale riguardante
fonogrammi e videogrammi (nel digitale, file audio e video) è
contenuta nell'art. 171-ter l.d.a. introdotto nel 1994 (d.lgs.
685/1994). Da quella data il testo ha sempre contenuto il
riferimento alla cessione (o concessione) a "qualsiasi titolo". La
disposizione è stata riscritta nel 2000 (con la l. 248/2000) e,
rispetto a quel testo, il decreto di aprile ha soltanto estratto,
dalla lett. d), la parte riguardante le misure tecnologiche cui è
stata dedicata un'altra lettera dell'articolo. Nulla è intervenuto
sul P2P e, più in particolare, sul dolo di lucro presente nella
disposizione sin dal 1994;
- nessuna seria interpretazione
consente di "cancellare" la rilevanza del dolo di lucro (la
realizzazione di un vantaggio economico diretto) sulla scorta
dell'inciso "cede a qualsiasi titolo" laddove, come tutti sanno, per
"qualsiasi titolo" si intende "qualsiasi titolo negoziale". Il dolo
di lucro e l'eccezione dell'uso personale sono previsti dalla prima
parte dell'art. 171-ter l.d.a. e riguardano, senza eccezioni, tutte
le ipotesi ivi previste;
- sin dal 2000, la posizione del
mero utilizzatore di materiali illeciti ha, a determinate condizioni
un suo trattamento amministrativo e non certo penale. Contestare,
oggi, la ricettazione è, quanto meno e nella stragrande maggioranza
dei casi, giuridicamente errato e... anacronistico. Per non parlare
delle delicate questioni riguardanti la doppia natura immateriale
delle opere dell'ingegno rese in digitale.
In termini più generali, occorre
dire che il P2P, almeno nelle sue espressioni più recenti e
decentrate, non è illegale di per sé. Tutto dipende da cosa si
condivide. Le modalità della condotta (lucrativa o meno) incidono
invece sul trattamento sanzionatorio che, nella stragrande
maggioranza dei casi, considerata l'ordinaria gratuità dello sharing,
non ha rilevanza penale.
Non sono qui a difendere il P2P
perché so che, normalmente, si scambiano materiali sui quali terzi
vantano diritti morali e patrimoniali. Tanto meno sono a sindacare
sull'opportunità o meno di perseguire il mero "scaricatore" di
materiali protetti. È un aspetto che, come avvocato, non mi compete.
Dico soltanto che la legge penale vigente va interpretata in modo
assolutamente rigido, senza trasformarla in strumento mediatico di
deterrenza oltre il chiarissimo significato delle parole.
avv. Daniele Minotti
www.studiominotti.it |