Era una fredda mattina d’inverno
del 1963. La sveglia aveva suonato puntualmente
alle 5,30 ed io, come al solito, mi ero girato
dall’altra parte facendo finta di non sentirla.
Poco dopo sentii la voce perentoria di mio
padre: ”Guaglió, ‘a
sveglia ha sunato!”
Il treno arrivava alle 6,10 e
quindi avevo poco più di una mezz’oretta per
svolgere tutti i preliminari, naturalmente
“sempe durmenno all’érta-all’érta”.
“Faceva nu’ friddo manco ‘e cane e fòre ce
steva na’ neglia accussì fitta ca nun se vedeva
‘a chell’ata parte d’’a vianova, ll’ummeto te
traséva dint’’a ll’ossa.
Alzarsi la mattina così presto
era già di per se stesso uno stress che ti
accompagnava per tutta la giornata; se poi a
questo ci aggiungi che i treni pendolari della
tratta ferroviaria Napoli – Benevento erano
composti dai cosiddetti “carri bestiame”, cioè
carrozze di legno, una specie di residuati
bellici, e che oltretutto arrivavano in misura
insufficiente, si può avere l’idea
“ ‘e comme stévemo c’’a capa”.
A
Telese già avevamo difficoltà a trovare posti a
sedere, poi c’erano le fermate di Solopaca,
S.Lorenzo Maggiore, Ponte e Vitulano. In pratica
quando arrivavamo a Vitulano stavamo così
stretti che sembravamo delle sardine in scatola.
Per la verità avevamo fatto
presente diverse volte ai copotreni di turno
queste deficienze tramite il nostro portavoce
ufficiale, Nicola Sparano “ ‘o pistolero”; ma a
loro, secondo il costume di quei tempi,
“ ‘a na’ recchia lle traseva e
‘a chell’ata ll’asceva”.
Quella mattina l’atmosfera era elettrica poiché
il giorno prima avevamo concordato di
organizzare una protesta per ottenere più
carrozze : avevamo deciso di fermare il treno
per mezz’ora mettendoci tutti davanti al
locomotore.
Quando arrivò il treno ci
accorgemmo, purtroppo, che uno dei principali
organizzatori, Aldo Cucciniello, non era
arrivato; salimmo in treno con l’idea di
rimandare la protesta al giorno dopo. Ma mentre
si stava per chiudere l’ultima porta vedemmo
arrivare Aldo che, secondo il suo costume,
“era ll’ùrdemo a saglì
e ‘o primmo a scénnere”.
Subito riunione del comitato e
decisione unanime ”se
scenne a Sulupaca!”.
E
così fu. A Solopaca scendemmo dal treno e ci
andammo a posizionare davanti al locomotore. Per
dire tutta la verità, nun furono molti i
telesini che aderirono all’iniziativa; trovammo
invece un valido sostegno negli amici studenti
di Solopaca che aderirono praticamente in massa.
In tutto eravamo una trentina di giovani.
Quelli che ricordiamo con certezza sono: oltre a
me, Aldo Cucciniello, Nicola Sparano, il
compianto Augusto Di Carlo, Mimmo Tammaro, un
certo Cesare di Dugenta e mio cugino Nino
Affinito; ma forse c’erano anche Pasquale
Ricci, Giacinto Carlone, Antonio Fucci, Amedeo
Uccellini e, naturalmente, gli amici di
Solopaca.
Ma
sicuramente c’erano altri ragazzi, anche di
Telese, e ci farebbe veramente piacere se
qualcuno, riconoscendosi tra gli interpreti di
questo racconto, scrivesse a Vivitelese dicendo:
c’ero anch’io.
Una volta davanti al treno, assumemmo delle
posizioni strategiche: Aldo si sdraiò sui
binari, Nicola, “ca purtava ‘e llente, nu’
cappiello ‘e pelle e n’impermeabbile marrò,
passaje tutto ‘o tiempo a s’appiccecà c’’o
caputreno e cu’ ‘o capustazzione ‘e Sulupaca”
coadiuvato a dovere da Augusto che, per
l’occasione, tirò fuori una combattività
imprevedibile in un ragazzo gentile e garbato
come lui era.
Per quanto mi riguarda,
“pè sta cchiù còmmeto, me purtaje appriésso nu’
pare ‘e libbre, ‘e mettette ncopp’’o binario e
me ce assettaje ncoppa… Me pareva nu’ posto e
primma fila; e ntanto tra me e me penzavo: sta
facenna fernisce nfiéto!
Ad un certo punto il capotreno ed
il capostazione di Solopaca tentarono di
trascinare Aldo fuori dai binari; “cchiù
lloro tiraveno e cchiù Aldo se faceva pesante.
All’intrasatte s’aizaje e accuminciaje
‘alluccà”, spalleggiato da Nicola ed
Augusto: - Noi da qui non ci muoviamo!; Siamo
stanchi di essere trattati come bestie!; Abbiamo
rappresentato le nostre esigenze al capotreno
più volte, ma “manco
p’’a capa!”
E
mentre alluccava, s’accurgette ch’’a ‘nnammurata
‘o guardava d’’o finestrino; e cchiù ‘a
‘nnammurata ‘o guardava, e cchiù isso alluccava.
I’
assettato ncopp’’o binario continuavo a penzà:
sta facenna fernisce nfiéto!”
La
baldanza si sa, è giovane. Essa a volte esplode
improvvisa ed imperiosa senza che ce se ne
renda conto. Quella fredda mattina d’inverno del
1963, una trentina di giovani baldanzosi della
valle telesina, contrariati dalle precarie
condizioni in cui erano costretti a viaggiare
per raggiungere la scuola e umiliati dal
disinteresse degli organi competenti,
inscenarono una protesta che rimbalzò su tutti i
giornali del Sannio e s’impose all’attenzione
della collettività come la prima protesta in
Italia nel suo genere. Una anticipazione dei
moti politici-studenteschi del 68.
Tuttavia dopo una mezz’ora, quando cominciò ad
albeggiare, la ragione prese il posto della
baldanza e ci suggerì di rimontare sul treno e
di andare a scuola. Ma la reazione del capotreno
non lasciava presagire nulla di buono.
Quando giungemmo a Benevento, ad
attenderci trovammo un centinaio di poliziotti
schierati sui due lati del treno e a forma di
imbuto, in maniera che nessuno potesse sfuggire:
“ Manco che ‘a copp’’o
treno avesse scennere ‘o bandito Giuliano!”.
Di fronte ad un tale spiegamento
di forze, un signore anziano che stava seduto
vicino a me esclamò stupefatto:
“Maronna! Tutta sta’ pulizzia
nun ll’aggia vista manco quanno a Beneviento
venette Mussullino!”
Alcuni poliziotti salirono sul treno e
cercavano, in particolare, un ragazzo alto con
l’impermeabile marrone (Aldo) ed un altro
statura media con occhiali, cappello di pelle e
impermeabile marrone (Nicola). Subito si diffuse
la voce e Nicola fece in tempo a togliersi gli
indumenti incriminati ed a consegnarli ad una
certa Rosaria di Dugenta, mentre Aldo scambiò il
suo impermeabile con l’impermeabile bianco di
Gennaro Prevete che stava affianco a lui.
Nicola riuscì a passare il
cordone dei poliziotti. Purtroppo ad Aldo
l’impermeabile di Gennaro
“ lle jéva piccerillo,
ll’arrivava ncopp’’e ddenócchie, ‘e braccie
steveno chhiù fòre ca dinto”. Me pareva fràtemo
Gino quanno se mettette ‘o cappotto mia ‘a notte
‘e Natale. Quanno ‘e pulizziotti ‘o vedetteno
accussì cumbinato, se passajeno sùbbeto ‘a voce:
oillanno, chillo è isso!”. ‘Acchiappajeno a isso
e pure a Gennaro, ca nun ce traseva niente”.
Mi sono sempre chiesto come era
stata formulata la denunzia del capotreno, dal
momento che la vicenda si era svolta al buio e
non si potevano distinguere i visi. Eravamo
arrabbiati, ma non scemi. Considerando quello
che cercava la polizia, mi viene da pensare che
egli sporse dununzia contro
“ nu’ cappiello ‘e pelle, nu’
pare ‘e lente e nu’ pare ‘e mpermeabbile”.
Insieme ad Aldo e Gennaro, furono trattenuti
altri giovani che non riusciamo a ricordare e
tra di loro c’era più di qualcuno che non
c’entrava nulla.
E
benché messi sotto pressione, nessuno fece la
spia.
Giunsi a scuola in ritardo e dovetti passare,
secondo la prassi, per l’ufficio di Presidenza
per giustificarmi. Ad attendermi c’era il
Preside Prof. Campesi ed il mio professore di
diritto, Avv. Ferrara, ai quali era già arrivata
qualche notizia.
Mi
chiesero di esporre i fatti nei minimi
particolari e quando ebbi finito mi resi conto,
per la prima volta, della gravità di quello che
avevamo combinato poiché l’Avv. Ferrara mi
disse, un po’ contrariato: - Affinì, questo non
è uno scherzo! Quei ragazzi rischiano 7 anni di
carcere e l’iscrizione sulla fedina penale.
“Me se chiarono ‘e ccosce d’’a
paura” e risposi
esterefatto: “e si ‘o
treno ce’avessemo arrubbato, che faceveno, ce
cundannaveno a morte!?
Il preside Campesi si ricordò del suo mandato
di docente ed intese svolgerlo nella maniera più
nobile ed onorevole. Assunse una espressione
seria e rivolgendosi all’avv. Ferrara pronunciò,
con tono solenne, le seguenti, quasi testuali
parole:
-
Professore, i genitori di questi ragazzi sono
lontani, non possono difenderli. Spetta a noi
farne le veci. Fece qualche telefonata dopodiché
prese cappello e cappotto e si recò presso il
comando della Polizia ferroviaria ove erano
trattenuti i suoi studenti.
Quando giunse alla stazione, i giovani che erano
stati trattenuti e che stavano lì, sotto
pressione, gli si fecero intorno per raccontare
anche loro come si erano svolti i fatti e, in
quel piccolo trambusto che si creò, Aldo ne
approfittò per raggiungere, insieme a Nicola che
l’aspettava fuori, lo studio dell’Avv.Aldo
Cucinelli.
Per farsi ricevere dall’Avvocato che si era
appena alzato e stava ancora in una sgargiante
vestaglia rossa, dovettero ingaggiare una lotta
senza quartiere con la domestica che non
intendeva farli entrare; ma alla fine riuscirono
a parlare con il legale e ad esporgli il quadro
della situazione.
Anche lui fece qualche telefonata, sembra al
Questore ed al Prefetto, evidenziando che la
manifestazione non aveva altri scopi se non
quello di dimostrare il disagio nel quale
eravamo costretti a viaggiare.
Ci
fu un interessamento generale e tutti fecero
pressione sul maresciallo della polizia
ferroviaria perché archiviasse la pratica. C’era
però una denunzia che non poteva essere
disattesa, a meno che, suggerì il maresciallo,
non si dimostrasse che i ragazzi incriminati non
erano quelli che avevano impedito la partenza
del treno.
E
fu quello che dimostrammo. All’uscita della
scuola, io ed Augusto Di Carlo, ci recammo
presso il comando della Polizia Ferroviaria, ove
ci aspettava il maresciallo, e firmammo una
dichiarazione che scagionava i nostri amici
affermando che loro stavano sul treno a giocare
a tressette con noi e pertanto non potevano
trovarsi davanti al treno. Non ricordiamo se
firmarono anche altri, ma tant’è….
A
distanza di tanti anni, desideriamo ringraziare
tutte quelle persone che si adoperarono per
trarci d’impaccio, ma soprattutto desideriamo
ringraziare quel sant’uomo del maresciallo della
Polizia Ferroviaria che si comportò con noi, e
non solo in quella occasione, più come un papà
che come un tutore dell’ordine.
Che peccato non ricordarne il nome!
Questo racconto è nato da una collaborazione
internazionale tra me che risiedo ad Anzio,
Mimmo Tammaro che risiede a Telese, Nicola
Sparano che risiede a Toronto-Canada e Aldo
Cucciniello che risiede a New Haven-USA.
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