15 luglio 2005
Cusano Mutri, la tradizione ed i simboli
Gioconda Fappiano

 

 

Cusano Mutri: la tradizione ed i simboli.

Mater mirabilis. Mater terribilis

 

 

Misteriosa e arroccata, Cusano Mutri non è solo una tappa dei percorsi gastronomici campani o del turismo mordi e fuggi dei fine settimana nel Parco del Matese. Fuori dal battage mediatico, a Cusano sopravvive una cultura contadina e pastorale che custodisce gelosamente tradizioni, simboli, rituali collettivi che ciclicamente si ripetono a suggello di un’identità forte e di un senso di appartenenza ai luoghi difficilmente rintracciabili nei paesi più a valle, lungo il Titerno.

 

Quando i riflettori puntati sulle manifestazioni più commerciali e pubblicizzate si spengono, la “perla del Matese” offe ai suoi visitatori il volto più autentico e spontaneo, dai connotati fortemente intrisi di una religiosità popolare genuina, intimamente sentita, mai bigotta. Questo sentimento si esprime in maniera particolare nella processione antichissima che ogni anno si tiene il martedì dopo la Pentecoste in onore della Madonna del Rosario e che si muove dalla chiesa dei santi Pietro e Paolo, situata nella parte alta del paese, fino alla chiesa di S. Maria del Castagneto, luogo di culto rurale di cui si trovano tracce in un rescritto papale del 1342, così detta perché secondo la tradizione l’effigie della Vergine fu trovata nel cavo di un annoso castagno. La Madonna del Rosario, dalla bellezza nobile ed altera, con i boccoli biondi fino alle spalle simili a quelli del bambinello che reca su una mano, vestita di tutti i suoi ori, viene trasportata a spalla, in visita a sua “sorella”, la Madonna della Consolazione, lungo l’intero percorso che si fa particolarmente accidentato nella fase culminante del rito: il passaggio della statua nell’acqua di due torrenti che costeggiano Cusano, il Reviole ed il Titerno.

 

In questa fase, Maria viene consegnata ai portatori scalzi, in gran parte uomini, ma anche donne, che la tradizione vuole si tramandino di padre in figlio, per generazioni, il compito di consentire il passaggio nel fiume della Vergine . Un rito questo che si ripeterà altre tre volte, con il passaggio due volte nell’acqua del Titerno ed una volta in quella del Reviole, sulla strada del ritorno, durante la processione che si tiene la domenica successiva al martedì di Pentecoste, giorno dedicato alla Santissima Trinità (quest’anno il 22 maggio). Solo dopo il passaggio dell’effigie sacra, i fedeli possono anch’essi attraversare il fiume ripetendo un gesto ancora oggi densamente simbolico. Si racconta che un anno, per abbreviare il percorso, si decise di cambiare l’itinerario della processione e che la Madonna fu fatta passare solo due volte nell’acqua. Nel pomeriggio allora si abbatté sul paese una forte grandinata tanto che tutti i raccolti andarono distrutti.

 

Il passaggio nell’acqua, elemento naturale femminile per eccellenza, è simbolo infatti di purificazione, del battesimo e soprattutto di rinascita. Come l’antica Demetra, dea della terra, della fertilità e della crescita, o la Cerere dei romani, dea che proteggeva la coltivazione dei campi, la Vergine dei cristiani è protettrice della natura, della vegetazione e delle colture, soprattutto perché è madre, è colei che genere la vita. Non è un caso che a Cusano nei tempi passati l’inizio del nuovo anno venisse celebrato la sera del trentuno dicembre nella chiesa di S. Pietro con la processione della Bambinella, l’immagine scultorea di Maria Bambina, e con l’invocazione al “parto lesto” per le giovani donne.

 

Un filo rosso lega dunque le due Marie, la giovane e l’adulta, alla ciclicità delle stagioni ed al ripetersi del prodigio della fecondità e della rinascita dell’uomo e della natura. A patto però che la collettività rinnovi ogni anno l’antico rito , che la Madre tocchi almeno tre volte l’acqua che è fonte di vita, altrimenti come Mater terribilis sfogherà la sua collera e non consentirà che i frutti maturino, che il grano cresca, che il miracolo dell’esistenza si compia di nuovo.

 

Gioconda Fappiano

 

 

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