Cusano Mutri: la tradizione ed i simboli.
Mater mirabilis. Mater terribilis
Misteriosa e arroccata, Cusano Mutri non è solo
una tappa dei percorsi gastronomici campani o
del turismo mordi e fuggi dei fine settimana nel
Parco del Matese. Fuori dal battage mediatico, a
Cusano sopravvive una cultura contadina e
pastorale che custodisce gelosamente tradizioni,
simboli, rituali collettivi che ciclicamente si
ripetono a suggello di un’identità forte e di un
senso di appartenenza ai luoghi difficilmente
rintracciabili nei paesi più a valle, lungo il
Titerno.
Quando i riflettori puntati sulle
manifestazioni più commerciali e pubblicizzate
si spengono, la “perla del Matese” offe ai suoi
visitatori il volto più autentico e spontaneo,
dai connotati fortemente intrisi di una
religiosità popolare genuina, intimamente
sentita, mai bigotta. Questo sentimento si
esprime in maniera particolare nella processione
antichissima che ogni anno si tiene il martedì
dopo la Pentecoste in onore della Madonna del
Rosario e che si muove dalla chiesa dei santi
Pietro e Paolo, situata nella parte alta del
paese, fino alla chiesa di S. Maria del
Castagneto, luogo di culto rurale di cui si
trovano tracce in un rescritto papale del 1342,
così detta perché secondo la tradizione
l’effigie della Vergine fu trovata nel cavo di
un annoso castagno. La Madonna del Rosario,
dalla bellezza nobile ed altera, con i boccoli
biondi fino alle spalle simili a quelli del
bambinello che reca su una mano, vestita di
tutti i suoi ori, viene trasportata a spalla, in
visita a sua “sorella”, la Madonna della
Consolazione, lungo l’intero percorso che si fa
particolarmente accidentato nella fase
culminante del rito: il passaggio della statua
nell’acqua di due torrenti che costeggiano
Cusano, il Reviole ed il Titerno.
In questa
fase, Maria viene consegnata ai portatori
scalzi, in gran parte uomini, ma anche donne,
che la tradizione vuole si tramandino di padre
in figlio, per generazioni, il compito di
consentire il passaggio nel fiume della Vergine
. Un rito questo che si ripeterà altre tre
volte, con il passaggio due volte nell’acqua del
Titerno ed una volta in quella del Reviole,
sulla strada del ritorno, durante la processione
che si tiene la domenica successiva al martedì
di Pentecoste, giorno dedicato alla Santissima
Trinità (quest’anno il 22 maggio). Solo dopo il
passaggio dell’effigie sacra, i fedeli possono
anch’essi attraversare il fiume ripetendo un
gesto ancora oggi densamente simbolico. Si
racconta che un anno, per abbreviare il
percorso, si decise di cambiare l’itinerario
della processione e che la Madonna fu fatta
passare solo due volte nell’acqua. Nel
pomeriggio allora si abbatté sul paese una forte
grandinata tanto che tutti i raccolti andarono
distrutti.
Il passaggio nell’acqua, elemento
naturale femminile per eccellenza, è simbolo
infatti di purificazione, del battesimo e
soprattutto di rinascita. Come l’antica Demetra,
dea della terra, della fertilità e della
crescita, o la Cerere dei romani, dea che
proteggeva la coltivazione dei campi, la Vergine
dei cristiani è protettrice della natura, della
vegetazione e delle colture, soprattutto perché
è madre, è colei che genere la vita. Non è un
caso che a Cusano nei tempi passati l’inizio del
nuovo anno venisse celebrato la sera del
trentuno dicembre nella chiesa di S. Pietro con
la processione della Bambinella, l’immagine
scultorea di Maria Bambina, e con l’invocazione
al “parto lesto” per le giovani donne.
Un filo
rosso lega dunque le due Marie, la giovane e
l’adulta, alla ciclicità delle stagioni ed al
ripetersi del prodigio della fecondità e della
rinascita dell’uomo e della natura. A patto però
che la collettività rinnovi ogni anno l’antico
rito , che la Madre tocchi almeno tre volte
l’acqua che è fonte di vita, altrimenti come
Mater terribilis sfogherà la sua collera e non
consentirà che i frutti maturino, che il grano
cresca, che il miracolo dell’esistenza si compia
di nuovo.
Gioconda Fappiano
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