8 dicembre 2006
Telese, cartoline nel libro per Telethon
Michele Selvaggio

 

 

Cari Amici di Vivitelese.it, ho il piacere di comunicarvi la pubblicazione di un mio libro sulla storia di Telese Terme dal titolo: “Cartoline da Telese”.

 

E’ un tentativo, attraverso le immagini della mia collezione, di raccontare la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 della nostra cittadina. Già, nei mesi trascorsi, avete potuto vederne qualche anticipazione con le immagini che il Sito ancora pubblica in altre pagine.

 

Quest’opera, cui ho dedicato un poco di tempo e sufficiente passione, nasce anche per la volontà di due Associazioni: Lions Club Benevento Arco Traiano e Unione Filatelica Beneventana (di cui mi sono onorato esserne stato il presidente negli ultimi due anni) che, fatta propria l’iniziativa, l’hanno trasformata in un Service di Beneficenza a favore dell’iniziativa nazionale Telethon 2006.

 

Questa è una Manifestazione di carattere nazionale il cui scopo è cercare fondi etici da devolvere ad iniziative finalizzate alla lotta delle malattie genetiche.

 

La beneficenza, organizzata in uno con la Banca Nazionale del Lavoro, consiste in una raccolta fondi che prevede, in cambio, proprio il mio libro.

 

E’ un’opera scritta con l’intento di valorizzare il nostro territorio, fare della beneficenza e lasciare un segno tangibile (trattasi di una edizione da collezione a tiratura limitata e numerata in mille esemplari) alla generosità delle Persone.

 

Per tutta la settimana, dall’11 dicembre al 17 dicembre, sarà disponibile presso le filiali della Banca Nazionale del Lavoro di Benevento e di Telese Terme oppure,  anche dopo questo periodo,  può essere richiesto direttamente a:

Banca Nazionale del Lavoro  ABI 1005  CAB  15000 

C\c 24999  intestato a Lions Club Benevento Arco Traiano.  

Causale: Libro cartoline per Telethon. 

 

Inoltre, sempre con le stesse finalità per Telethon, sarà possibile acquistarlo presso le due librerie di Telese Terme fino alla befana 2007.

 

Per tutta la detta settimana questa iniziativa proseguirà anche in altre forme.

 

Mercoledì 13 dicembre il libro verrà presentato nel corso della festa degli Auguri del Club beneventano presso il Cristina Park Hotel di Montesarchio,

poi, a seguire la sera di venerdì 15 sarà l’evento inaugurante della manifestazione di Telethon presso la filiale BNL di Telese Terme,

ed infine  domenica 17,  il Comune di Telese Terme organizza una presentazione-convegno presso la sede della Pro-Loco in Piazza Terme.

 

 

Con Vivitelese.it, io ho più di un debito.

 

Ovviamente tutti affettivi. E’ il sito in cui più di ogni altro ‘forum’ appare la contraddizione  tra quello che Telese Terme è stata e quello, con le rapide trasformazioni attuali, che sarà. Convivono, in un dibattito meritoriamente anarchico e contraddittorio, le istanze dei ‘vecchi’ telesini (esistono…esistono…e sono alla quarta e quinta generazione…) con una mentalità fortemente legata alle radici ed alle tradizioni, verso i ‘nuovi’ telesini che da poco popolano questa ‘città aperta’. Quest’ultimi non hanno orientamenti storici, visivi, luoghi sentiti propri. Ne esce un dibattito tra due identità ‘perse’ e… questo è, anche, lo spirito del Sito.

                       

E vengo al debito. Infatti proprio leggendo gli interventi mi è venuta voglia di far conoscere, direi di condividere, ‘…una storia che non c’è…’, parafrasando un mio intervento su di un libro di qualche anno addietro. Leggetelo. Io quello che avevo da dire l’ho detto nella prefazione e nello scarno testo dei capitoli.  Il resto ve lo diranno le immagini.

 

Ancora, per chi è lontano dal proprio paese, questo Sito unisce anche più di quelli istituzionali. Ne ho modo di apprezzarne il risultato andando in giro per l’Italia.

 

Grazie dell’ospitalità.                                       

Michele Selvaggio

 

 


 

Prefazione

Esiste una Storia dei Popoli che descrive il Condottiero, l’Interesse di Stato, l’Arte, le Tradizioni, i Commerci, le Invenzioni, la Vita comune. Questa Storia caratterizza Continenti, Territori, Città, Quartieri, Palazzi.

E’ un qualcosa che permane vivo nella quotidianità, che si sedimenta nei cambiamenti, che caratterizza le Generazioni, ne forma un “modus vivendi” innato, pregnante, identificativo.

E’ la Storia che si tramanda, con cui ci si confronta, che rappresenta il futuro ed il presente.

Ma esistono anche aree geografiche marginali, in cui questa Storia è veramente minore, in cui la modernizzazione per quanto veloce è meno caratterizzante, meno evidente. Sono territori che non hanno conosciuto Cantori (penso a Tobino e Viareggio o a Biamonte e l’ovest Ligure, ad Alvaro e la Calabria interna o Sciascia e la Sicilia degli umili), non testimoniano battaglie, non hanno o, conservano male, reliquie di Civiltà, tradizioni immediatamente identificabili con il territorio, strade da secoli percorse, frenesia della civiltà industriale.

Eppure sono territori da sempre abitati, vissuti, con un tessuto urbano, artigianale, umano non “minore”. Sono i territori lasciati allo studio della “Storia Locale”.

Il Sannio interno è una di queste aree.

Questo testo è un piccolo contributo, mai proposto, a questa Storia.

Un libro di immagini serve ad evocare dei luoghi,una storia, lo spazio fisico e simbolico di una Comunità. Attraverso miti e riti fondativi si costituisce, nel corso degli anni e delle generazioni, una identità collettiva.

Nessun paese può fare a meno della propria Storia e memoria senza che venga messa a rischio la propria identità ed il suo futuro di collettività.

Telese Terme rappresenta un’eccezione. Paese giovane non possiede “la piazza”, i vicoli, le urne votive, i martiri, tracce delle guerre. Vive di immigrati che l’hanno popolato negli ultimi 60 anni.

Ecco il senso di questo mio lavoro per immagini con cartoline (molte inedite o uniche), utile a ricordare le origini, i primi simbolismi , i primi luoghi.

La coscienza collettiva può riappropriarsi dei piccoli ricordi legati alle immagini del treno, delle Terme, del Grand Hotel per capire i luoghi del presente scevri di simbolismi e non arricchiti dalle esperienze dei “nuovi telesini” popolanti una città senza memoria, dei luoghi limitrofi, spesso, sentiti dai telesini perché memoria recente del loro passato (la sorgente Grassano o il Ponte Maria Cristina, dei Paesi vicini che, forti della Storia, in soli sessant‘anni hanno creato una “Città aperta” ove convogliare risorse e umanità.

Le cartoline, con il treno o la prima piazza con l’antica porta o l’ufficio postale, piccoli simboli della vocazione ad accogliere, ad essere “centro” rappresentano un inizio di ricostruzione di questa memoria che non c’e’.

Le cartoline che formano questo libro rappresentano solo una selezione del materiale che costituisce la collezione, ed è anche un piccolo contributo di una Famiglia fondante il Paese e giunta alla quinta generazione, una traccia per chi ama le proprie radici e le cerca per rinforzare il futuro. E’ la selezione di una ricerca durata oltre trent’anni tra bancarelle, fiere, case private ed internet. Oltre, naturalmente, o forse, soprattutto, un esempio di testardaggine.

Ma, in un libro di cartoline la prima domanda da porsi è: “cos’è una cartolina?”…Chi è un Collezionista di cartoline, quali simbolismi si custodiscono e si tramandano?

L’immagine cartolinistica si identifica, da oltre un secolo, come uno strumento di comunicazione privilegiato, una ideale sequenza seriata nel tempo di vignette illustrate delle epoche e delle tradizioni di un luogo. Nel tessuto dei centri urbani i cambiamenti si susseguono di decennio in decennio; case, strade e palazzi si sostituiscono a spazi aperti, edifici prendono il posto di altre costruzioni in disuso, nuove piazze si costruiscono, nuovi luoghi simbolici si creano altri si lasciano all’oblio.

“Un osservatore privilegiato che possiede un’ideale “macchina del tempo” che lo riconduce agli scenari di una volta è il collezionista di cartoline. A spingerlo a raccogliere immagini è la curiosità, la voglia di documentarsi, la passione per il luogo natio e l’orgoglio di avere a disposizione un set di istantanee su ciò che non è più. Ecco l’identikit di chi colleziona antiche cartoline illustrate: un uomo che vuole ricostruire le proprie radici, le proprie ascendenze legate ad una terra amata. Il più delle volte è fiero di comunicare il proprio interesse agli altri, mettendo a disposizione il proprio materiale; in altri casi lo custodisce gelosamente senza mostrarlo ad anima viva. I metodi di conservazione sono accurati, una cartolina perduta è come un ricordo cancellato per sempre.” (Arrasich)

Non è concepibile una civiltà priva di narrazione. Narrare è la forma vitale dell’uomo. C’è una midrasch, una leggenda ebraica, che risale al medioevo, che narra di come Dio creò l’uomo per farsi raccontare delle storie. Lo trovo un pensiero meraviglioso e profondo. Sta a significare che è la narrazione che ci rende umani.

In un mondo dominato dalle macchine che fanno i calcoli, la parola rimarrà sempre presente nella nostra storia intima, nella storia dei nostri luoghi, la useremo, fortunatamente, sempre per parlare dell’amore, dei sentimenti, delle emozioni. La comunicazione elettronica ha un limite invalicabile che è quello della logica, mentre una gran parte della coscienza umana è fuori da ogni logica, come lo sono l’amore ed i sentimenti.

La cartolina è una narrazione, un’idea in cammino. E’ un sentimento in cammino. E’ un dono in sé che presuppone una immagine o un’emozione da condividere, implica una reciprocità e crea una circolarità di rapporto.

Il mittente ed il destinatario si contaminano e, attraverso la potenza dello scritto, si restituiscono l’uno all’altro. Per questo, oggi, persino nella posta elettronica si inviano “cartoline”. In una Società dell’apparire, dove ciò che conta è l’esteriorità: il sembrare non necessariamente l’essere, il risultare sempre primi, belli alla moda…la cartolina è sopravvissuta nel suo dualismo immagine\testo, ci costringe, con il segno della scrittura e con la forza dell’immagine, a lasciare traccia della nostra vera identità, della reale cultura, delle effettive intenzioni di chi la scrive.

Rappresenta una vera dimostrazione di interesse, di rapporto profondo, di sintonia, da riservare a chi la merita. Magari scritta a mano per rendere tangibile il tempo e l’impegno profuso. Ma anche affrancata con francobolli per renderla diversa, più classica, più personale per siglarla e darle un tono ed una importanza. Sicuramente è una categoria dello spirito.

Da sole hanno la forza di “Storia” perché concorrono ad illustrare momenti emblematici del costume o dei cambiamenti urbani, dei sentimenti individuali ma collettivi di una epoca.

Nell’angusto spazio del famoso “formato cartolina”, anch’esso modificato dagli anni, dalle tecnologie e dal gusto imperante, si condensa lo stesso significato di un’epoca, la sintesi di un racconto per immagini che separa il tempo dal tempo, fissandone i diversi presupposti.

Eppure, ovvero anche, nella cartolina coesiste, come in ogni comunicazione scritta e diretta lontano, il paradosso dell’incertezza sull’esito del raggiungimento del messaggio. Per questo persino alcuni filosofi l’adottano come pietra di paragone della comunicazione scritta. In primo luogo ciò avviene perché lo stesso canale della comunicazione, sia pure lineare e sequenziale produce degli ostacoli: cartoline scritte e mai spedite ma mal affrancate e di conseguenza mai giunte a destinazione, cartoline smarrite lungo il trasporto, cartoline intercettate e riutilizzate in altro modo, conservate per ricordare l’oggetto della vignetta, etc.

“In questo senso la cartolina sarebbe l’epitome dell’incertezza che incombe sulla comunicazione postale, quell’angoscia che si impadronisce di ognuno di noi non appena il supporto della scrittura si è staccato dalle nostre dita per piombare nell’antro oscuro ed inaccessibile di una buca postale, lì dove la comunicazione si sottrae al nostro controllo e passa sotto quello dell’istituzione che governa gli scambi postali. Non a caso per sedare quest’angoscia le poste mettono a disposizione del mittente una serie di servizi che riducono in maniera crescente l’incertezza: posta raccomandata,con ricevuta di ritorno, assicurata. Ma l’incertezza non è mai eliminabile in modo assoluto: la ricevuta di ritorno diventa tale solo dopo il ritorno, prima è una ricevendo più che una ricevuta, una promessa o una scommessa più che una certezza.” ( Leone)

Eppure vi è qualcosa nella cartolina postale illustrata che la rende più fragile, più soggetta all’imprevedibilità della comunicazione di quanto non lo siano, ad esempio, una lettera o un pacco, in cui si accetta meno di buon grado lo smarrimento dell’oggetto, la non comunicazione. La delusione di chi viene a conoscenza che non si è ricevuta alcuna cartolina, che non è stato recapitato “quell’attimo” alla Persona destinataria, è esperienza comune.

Favorisce questa delusione innanzitutto la forma stessa della cartolina, in cui la soglia tra il supporto della scrittura , il suo significante ed il suo significato è ridottissima, fino ad annullarsi. Ma soprattutto angoscia il mancato recapito del simbolismo comunicativo, questo dualismo segno-scrittura\immagine-messaggio che è alla base di questo elemento di comunicazione.

Come mirabilmente detto anche da altri Autori è proprio per questi motivi che il senso della cartolina non può far fronte a un tipo d’invio incerto. A differenza della lettera, essa mostra il proprio significato non solo attraverso il significante, ma anche tramite il supporto. La fragilità insita in questa forma di comunicazione non riguarda solo il canale dell’invio, la valenza propria del contenuto o la struttura semiotica del messaggio. Concerne anche il momento stesso della spedizione della cartolina e quello della sua (più o meno incerta) ricezione. La cartolina rappresenta il mezzo comunicativo principe delle comunicazioni brevi personali ma anche commerciali, di natura sociale e mondana: inviti auguri, partecipazioni, scuse.

L’arte che ha reso possibile la cartolina, a cavallo del 900 è la fotografia, oltre alle novità tecniche di stampa (nel testo che segue le immagini si farà notare, quando possibile, l’evoluzione tecnica delle illustrazioni). Si tratta di un’arte che si colloca nell’epoca del trionfo della riproduzione seriale, avviata a fine ‘600 e proseguita nel ‘700 con la calcografia, che permise per prima la diffusione del patrimonio iconografico e storico, e seguita, nell’800 dalla litografia e dalla cromolitografia oltre, che, dalla fotografia. Il concetto di “riproducibilità tecnica dell’arte” si scontrò con il principio del “pezzo unico” che aveva dominato le Arti fino ad allora, ed infatti si crearono le Arti riproducibili come la fotografia e, poi, lo stesso cinema.

“Ma tornando al percorso che compie una cartolina illustrata bisogna notare come, dopo una prima occhiata, queste vengono accantonate in fondo ad un cassetto o conservate disordinatamente in qualche porta oggetti in casa, ove, di fatto, si trasformano in qualcos’altro ovvero in pure immagini, semplici icone e ci si dimentica di chi le ha spedite (fatto paradossale, se si considera che lo scopo di una cartolina è di testimoniare al destinatario del ricordo del mittente, ma anche di permettere a quest’ultimo di essere ricordato dal primo). Alla fine nel giro di qualche anno, o di qualche decennio, le cartoline finiscono nelle mani di qualche collezionista, o di qualche rigattiere magari classificate secondo il criterio della località rappresentata nelle immagini. In tali classificazioni scompare totalmente il senso delle cartoline che si trasformano in pure immagini”.

Ci verrebbe voglia, a volte, di ricucirne il senso originario, di leggere i messaggi scritti …di recuperare la loro storia originale, il “momento” che le ha generate. Assistiamo, così, invece al naufragio della comunicazione, al naufragio del linguaggio, il naufragio del senso…ma se la cartolina postale in generale è il luogo in cui il senso è destinato a smarrirsi, queste cartoline, da Telese Terme, rappresentano, invece, l’inizio di un recupero della storia per una comunità.

La città è dei cittadini che la abitano, e gli amministratori dovrebbero governarla rispettando la loro sensibilità. Penso innanzitutto agli spazi della città e alle opere (palazzi, monumenti, chiese) che li definiscono.

Questi spazi e queste opere dovrebbero essere preservati non solo per rispetto dell’arte, ma anche di quel tessuto tradizionale che orienta ed organizza la percezione dei luoghi da parte dei cittadini, che dà loro un senso di appartenenza garantendo sicurezza e convinzione di essere in un luogo della propria storia, sia essa individuale che collettiva.

Telese Terme è un paese senza storia. Troppo giovane per definire un’identità, un sentire comune. Le immagini, tra i pochi documenti visivi delle origini, quindi, rappresentano un modo di sentire comuni i luoghi fondanti, un modo di riscriverli sul territorio, con la cultura del momento, con la sensibilità dell’epoca.

Vedendo queste immagini si fornisce uno strumento ulteriore al rispetto del proprio territorio ma si fornisce, anche, il bisogno di riflettere su tipi di interventi di restauro, di ripristino, di salvaguardia che non rispettano né la storia dell’opera, né la storia del luogo in cui sono. Il più delle volte questi interventi vengono colti dagli architetti chiamati ad operare come occasioni per lasciare il proprio segno. Un gesto narcisistico che con violenza soffoca un’opera della tradizione culturale, che sfrutta quanto lasciataci in eredità dalla generosità del tempo, per imporre il proprio marchio, il proprio nome. Il modernismo “antistoricista” si è sempre rivelato un disastro quando interviene con la sua ideologia del restauro delle opere e nella ri-definizione del tessuto urbano.

E’ pur vero che talvolta si può giustificare quando c’è un’idea forte dello sviluppo moderno della città. Penso alla copertura dei navigli a Milano, un’intreccio di canali di straordinaria bellezza e geniale ingegnieristica leonardesca. Ma, oggi, il più delle volte le concezioni moderniste non sono sostenute da alcun progetto forte della visione urbana. Si opera a casaccio, si coglie l’occasione e si distrugge ciò che ci ha consegnato la storia, lasciandoci cose brutte. Rigorosamente fuggendo dalla retorica e dalla polemica, meravigliose, tra le altre, sono le immagini della pista da ballo delle terme, per decenni luogo d’incontro di tutta la gioventù della Valle Telesina, o, anche, l’eleganza dell’interno del bar termale con l’intero arredamento in alto e fine stile anni ’50; ma anche l’eleganza di fine secolo del salone del grand’hotel, del parco termale (un gioiello verde era il viale del cerro) o gli interni del salone dei concerti della piscina goccioloni.

Telese Terme è nata come stazione termale. Aveva un binario unico che trasportava i bagnanti direttamente alle terme. Ed intorno a questa attività (le altre erano la campagna ed il mulino) si è costruita la città. Coesisteva un’altra “piazza”, con la Chiesa, il quartiere “botteghelle” e la porta di Alife con cui iniziava il paese. Ma è la storia che vedrete nelle immagini. Oggi la vocazione ad accogliere è nel suo massimo storico sia da un punto di vista urbanistico che demografico. Ricordiamo per costruire.

Telese Terme, 14\02\2006 Michele Selvaggio

 

 

     

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