2 luglio 2006
Cerreto, chiarimenti sul recupero di P.za S.Martino
Lorenzo Morone

 

 

Nei giorni scorsi la stampa locale ha ospitato articoli sul recupero di Piazza S.Martino di Cerreto che non hanno completamente chiarito la situazione perchè mancava, penso, la voce di chi detto intervento ha progettato.

Credo di poter legittimamente chiedere ospitalità per far sentire anche la voce del sottoscritto, capogruppo del team di progettazione.

Saluti Arch. Lorenzo Morone


 
 

“ la piazza di continuo invita le distanti

 finestre a rientrare nella sua vastità”

                                              Rilke

 “…Costruita attraverso lenta stratificazione e continua modificazione nel corso dei secoli,o realizzata di getto per volontà di principi o di governi, come nel caso di Cerreto Sannita, la piazza della città storica è il luogo privilegiato ove la comunità, nel corso del tempo, praticando commerci o svolgendo funzioni o eseguendo sentenze o dando vita a manifestazioni, celebrando i suoi riti o inseguendo i suoi miti, ha perseguito il suo disegno e realizzato il suo destino. La piazza è comunque e dappertutto lo spazio privilegiato, il luogo dell’incontro e dello scambio, dove cultura e storia, simboli e tradizioni, rivivono quotidianamente in una forma armonica la cui essenza è di sicurezza e di felicità che una città deve saper offrire ai suoi abitanti.

San Martino è  la tipica  “piazza sagrato”, è cioè una sorta di traslazione verso l’esterno delle attività religiose, il luogo in cui attraverso una attenta progettazione scenografica, in sintonia con le ricerche prospettiche rinascimentali, si esalta la verticalità della facciata, la spinta verso l’alto, l’elevazione al cielo.

 Un solo edificio dominante, la Chiesa, occupa un intero lato, mentre splendide “case palaziate”, facevano da cornice al quadro della piazza.

Dico “facevano” in quanto la scenografica bellezza tipicamente barocca della piazza  fu purtroppo violentata dalle strade,  dai muri, realizzati negli anni 80, e dai filari di piante, realizzati a partire dal 900, che hanno  separato “il quadro”(la piazza) dalla “cornice “(i palazzi), ribaltando completamente il concetto spaziale stesso della piazza il cui edificio dominante è godibile solo dal centro della piazza stessa con una cornice verde che ha di fatto sostituito la cornice naturale dei palazzi.

E’ pur vero , come dice Camillo Sitte nel suo volume L’arte di costruire la città, che la piazza deve essere chiusa “…uno spazio libero non diventa piazza che quando appare  effettivamente chiuso..”, ma a Cerreto si è equivocato recintando innaturalmente con muri e filari di piante uno spazio che aveva nella Chiesa di San Martino il fondale e nelle “case palaziate” la chiusura naturale.

Per il recupero di Piazza San Martino non c’è nulla da inventare. Si tratta solo di favorire e assecondare la naturale vocazione a cui la destinò il progettista, in continuità con il patrimonio architettonico esistente, anche e soprattutto attraverso la semplice eliminazione della suddivisione tra lo spazio dedicato alle auto e quello dedicato ai pedoni. La piazza non è uno spartitraffico, né un campo di calcetto, funzioni sicuramente incompatibili con le altre citate prima. L’intervento ideale sarebbe la riconquista totale dello spazio da parte dei pedoni anche perché, per come è fatta Cerreto, sarebbe estremamente semplice studiare soluzioni di traffico alternative. Ma i tempi non sono forse ancora maturi. Ma visto che i tempi non sono maturi per la pedonalizzazione almeno del cuore del Centro Storico, come avviene in tutte le zone d’Italia che  poi ci piacciono e frequentiamo quando andiamo in giro, c’è la possibilità di un intervento che mitighi l’effetto cortina di muri e piante e che  renda più aperto l’hortus conclusus interno, lasciando aperta la porta ad una continuazione dell’intervento che includa anche le strade laterali. Ed e’ questa la strada percorsa che, senza alterare di molto i livelli planimetrici consolidatisi nel tempo, ma con piccoli ritagli dei muri e delle piante e una pavimentazione unica e discreta, rende lo spazio più unitario e godibile anche nella parte centrale, ora strada, in  modo tale da consentire sia l’utilizzo unico della piazza, sia l’uso veicolare, se indispensabile.(…quindi è la piazza che può diventare, all’occasione, strada, e NON viceversa!)…”

 

Le considerazioni di cui innanzi fanno parte di quella relazione tecnica allegata al Progetto di recupero di Piazza S.Martino che, pensavo, venisse letta nel corso della “atipica” assemblea popolare del 9 giugno ove la Piazza veniva “battezzata” avendo dimenticato, però, di invitarne i genitori: L’ing. Franco Barile, il geom. Maurizio Genito e il sottoscritto.  Capita: mater sempre certa est, pater…

        L’equivoca illustrazione del progetto “immodificabile, ma da modificare a tutti i costi” è continuata poi sulla stampa: “Voglio tranquillizzare i cittadini – dichiara il sindaco sul Sannio del 24.06 -. Nella fase progettuale sono stati tenuti all’oscuro( NON vero: nel 2003 il progetto, completo di relazione e documentazione fotografica, fu esposto al pubblico per tre mesi), per cui sono giustamente preoccupati. Si va a mettere mano nella piazza più rappresentativa della cittadina con il rischio di stravolgerne il suo uso”… L’invito alla calma scaturiva evidentemente dalla memoria dello scampato pericolo degli anni passati, quando si è tentato di stravolgere la piazza dividendola in due per inserirvi, al centro, un canale che andava dalle scale di Bartolomeo Tritta alla fontana dei Delfini, sulla scia dello stravolgimento che si stava facendo nel chiostro: tante stanze e pavimenti in marmo e...pietra lavica.  Tale ipotesi non mi fece dormire, è vero, ma mi ha fatto riflettere. Da modesto architetto di paese “…dalle competenze tutte da dimostrare…”, ho solo pensato, con i validi colleghi, ad una pavimentazione discreta, tono su tono, realizzata con i nostri materiali: il brecciato, il cotto e un pò di ceramica realizzata su refrattario, quindi né geliva né sdrucciolevole, rappresentativa dei siti ceramici italiani, una sorta di passeggiata attraverso le 32 città della ceramica. Il brecciato, pietra calcarea decisamente più scura dell’abusato, estraneo “perlato di Cassino”, trattato superficialmente in modo diverso (scalpellato, bocciardato o levigato), ridarà l’originario colore bianco-sporco al sito, mentre la diversa vibrazione della luce sul materiale realizzerà dei disegni visibili nella loro interezza dal Sagrato della Chiesa. Questo progetto è stato ritenuto “meritevole” di finanziamento avendo partecipato vittoriosamente ad un BANDO DI CONCORSO. Ha preceduto, per evidente fortuna, tantissime altre opere pur progettate da illustri tecnici provenienti dalle zone dell’Aversano ed oltre. Il progetto Premiato è quello tecnicamente detto “DEFINITIVO” e, quindi, per legge,  assolutamente immodificabile, anche se i genitori veri sono stati sostituiti da quelli… adottivi. Ogni variante, in quanto illegittima, potrebbe suscitare le giuste rimostranze degli “sconfitti” con rischio, serio, di perdita del finanziamento. ” Purtroppo” dovremo scordarci una piazza “orizzontale”,  perché sembra che la pendenza del pavimento faccia preoccupare le mamme e non consentirebbe un “regolamentare” campo di calcetto.  “Purtroppo” ero e sono convinto che il vero pericolo per i piccoli, e non solo, sia il letale coctayl di ossido di carbonio e polvere sottili somministrato dal traffico spesso inutile e che gli spazi da dedicare alle giuste  esigenze sportive dei ragazzi siano da ricercare altrove.

Il piano orizzontale, come suggerito in una “comune” riunione di “uomini capaci”, sarebbe stato ottenuto alzando il muro a valle ed aumentando i gradini sotto lo scalone.  La soluzione, geniale, potrebbe essere suggerita agli amministratori di Siena o Arezzo: Piazza del Campo e Piazza Grande sono assurdamente in forte pendenza!. Né ho pensato ad inserimenti in Pietra lavica  per rendere più forte i contrasti e rendere visibile il disegno...anche dalle nuvole. Tale soluzione, pur adottata felicemente altrove,  qui modificherebbe sostanzialmente la filosofia del progetto che prevede un arredo urbano realizzato con i materiali locali, discreto, tale da non sovrapporre la sua voce a quella del contesto.  Piazza del Popolo, ad Ascoli, monotonamente pavimentata in bianco, candido travertino è ritenuta la Piazza più bella d’Italia!

Io posso solo concludere con una certezza: la piazza non sarà  “una sciagura che si abbatterà sulla testa dei cerretesi”, come detto tra pugni sbattuti e colpevoli silenzi, a meno che.... 

Le sciagure sono altre, e ci sarà tempo per parlarne.

Non conta chi semina, non conta chi raccoglie, conta solo che il raccolto sia buono.

Arch. Lorenzo Morone

 

     

 Valle Telesina


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