Nei giorni scorsi la stampa locale ha ospitato
articoli sul recupero di Piazza S.Martino di
Cerreto che non hanno completamente chiarito la
situazione perchè mancava, penso, la voce di chi
detto intervento ha progettato.
Credo di poter legittimamente chiedere
ospitalità per far sentire anche la voce del
sottoscritto, capogruppo del team di
progettazione.
Saluti Arch. Lorenzo Morone
“ la piazza di continuo invita le
distanti
finestre a rientrare nella sua vastità”
Rilke
“…Costruita attraverso lenta
stratificazione e continua modificazione
nel corso dei secoli,o realizzata di
getto per volontà di principi o di
governi, come nel caso di Cerreto
Sannita, la piazza della città storica è
il luogo privilegiato ove la comunità,
nel corso del tempo, praticando commerci
o svolgendo funzioni o eseguendo
sentenze o dando vita a manifestazioni,
celebrando i suoi riti o inseguendo i
suoi miti, ha perseguito il suo disegno
e realizzato il suo destino. La piazza è
comunque e dappertutto lo spazio
privilegiato, il luogo dell’incontro e
dello scambio, dove cultura e storia,
simboli e tradizioni, rivivono
quotidianamente in una forma armonica la
cui essenza è di sicurezza e di felicità
che una città deve saper offrire ai suoi
abitanti.
San Martino è la tipica “piazza
sagrato”, è cioè una sorta di
traslazione verso l’esterno delle
attività religiose, il luogo in cui
attraverso una attenta progettazione
scenografica, in sintonia con le
ricerche prospettiche rinascimentali, si
esalta la verticalità della facciata, la
spinta verso l’alto, l’elevazione al
cielo.
Un solo edificio dominante, la Chiesa,
occupa un intero lato, mentre splendide
“case palaziate”, facevano da
cornice al quadro della piazza.
Dico “facevano” in quanto la
scenografica bellezza tipicamente
barocca della piazza fu purtroppo
violentata dalle strade, dai muri,
realizzati negli anni 80, e dai filari
di piante, realizzati a partire dal 900,
che hanno separato “il quadro”(la
piazza) dalla “cornice “(i palazzi),
ribaltando completamente il concetto
spaziale stesso della piazza il cui
edificio dominante è godibile solo dal
centro della piazza stessa con una
cornice verde che ha di fatto sostituito
la cornice naturale dei palazzi.
E’ pur vero , come dice Camillo Sitte
nel suo volume L’arte di costruire la
città, che la piazza deve essere chiusa
“…uno spazio libero non diventa piazza
che quando appare effettivamente
chiuso..”, ma a Cerreto si è equivocato
recintando innaturalmente con muri e
filari di piante uno spazio che aveva
nella Chiesa di San Martino il fondale e
nelle “case palaziate” la chiusura
naturale.
Per il recupero di Piazza San Martino
non c’è nulla da inventare. Si tratta
solo di favorire e assecondare la
naturale vocazione a cui la destinò il
progettista, in continuità con il
patrimonio architettonico esistente,
anche e soprattutto attraverso la
semplice eliminazione della suddivisione
tra lo spazio dedicato alle auto e
quello dedicato ai pedoni. La piazza non
è uno spartitraffico, né un campo di
calcetto, funzioni sicuramente
incompatibili con le altre citate prima.
L’intervento ideale sarebbe la
riconquista totale dello spazio da parte
dei pedoni anche perché, per come è
fatta Cerreto, sarebbe estremamente
semplice studiare soluzioni di traffico
alternative. Ma i tempi non sono forse
ancora maturi. Ma visto che i tempi non
sono maturi per la pedonalizzazione
almeno del cuore del Centro Storico,
come avviene in tutte le zone d’Italia
che poi ci piacciono e frequentiamo
quando andiamo in giro, c’è la
possibilità di un intervento che mitighi
l’effetto cortina di muri e piante e
che renda più aperto l’hortus conclusus
interno, lasciando aperta la porta ad
una continuazione dell’intervento che
includa anche le strade laterali. Ed e’
questa la strada percorsa che, senza
alterare di molto i livelli planimetrici
consolidatisi nel tempo, ma con piccoli
ritagli dei muri e delle piante e una
pavimentazione unica e discreta, rende
lo spazio più unitario e godibile anche
nella parte centrale, ora strada, in
modo tale da consentire sia l’utilizzo
unico della piazza, sia l’uso veicolare,
se indispensabile.(…quindi è la piazza
che può diventare, all’occasione,
strada, e NON viceversa!)…”
|
Le considerazioni di cui innanzi
fanno parte di quella relazione tecnica
allegata al Progetto di recupero di Piazza
S.Martino che, pensavo, venisse letta nel
corso della “atipica” assemblea popolare del
9 giugno ove la Piazza veniva “battezzata”
avendo dimenticato, però, di invitarne i
genitori:
L’ing. Franco Barile, il geom. Maurizio
Genito e il sottoscritto.
Capita: mater sempre certa est, pater…
L’equivoca illustrazione del
progetto “immodificabile, ma da modificare a
tutti i costi” è continuata poi sulla
stampa:
“Voglio tranquillizzare i cittadini
– dichiara il sindaco
sul Sannio
del
24.06
-. Nella fase progettuale sono stati tenuti
all’oscuro(
NON vero: nel 2003 il progetto, completo di
relazione e documentazione fotografica, fu
esposto al pubblico per tre mesi),
per cui sono giustamente preoccupati. Si va
a mettere mano nella piazza più
rappresentativa della cittadina con il
rischio di stravolgerne il suo uso”…
L’invito alla calma scaturiva evidentemente
dalla memoria dello scampato pericolo degli
anni passati, quando si è tentato di
stravolgere la piazza dividendola in due per
inserirvi, al centro, un canale che andava
dalle scale di Bartolomeo Tritta alla
fontana dei Delfini, sulla scia dello
stravolgimento che si stava facendo nel
chiostro: tante stanze e pavimenti in marmo
e...pietra lavica. Tale ipotesi non mi fece
dormire, è vero, ma mi ha fatto riflettere.
Da modesto architetto di paese “…dalle
competenze tutte da dimostrare…”, ho
solo pensato, con i validi colleghi, ad una
pavimentazione discreta, tono su tono,
realizzata con i nostri materiali: il
brecciato, il cotto e un pò di ceramica
realizzata su refrattario, quindi né geliva
né sdrucciolevole, rappresentativa dei siti
ceramici italiani, una sorta di passeggiata
attraverso le 32 città della ceramica. Il
brecciato, pietra calcarea decisamente più
scura dell’abusato, estraneo “perlato di
Cassino”, trattato superficialmente in modo
diverso (scalpellato, bocciardato o
levigato), ridarà l’originario colore
bianco-sporco al sito, mentre la diversa
vibrazione della luce sul materiale
realizzerà dei disegni visibili nella loro
interezza dal Sagrato della Chiesa. Questo
progetto è stato ritenuto “meritevole” di
finanziamento avendo partecipato
vittoriosamente ad un BANDO DI CONCORSO. Ha
preceduto, per evidente fortuna, tantissime
altre opere pur progettate da illustri
tecnici provenienti dalle zone dell’Aversano
ed oltre. Il progetto Premiato è quello
tecnicamente detto “DEFINITIVO” e, quindi,
per legge, assolutamente immodificabile,
anche se i genitori veri sono stati
sostituiti da quelli… adottivi. Ogni
variante, in quanto illegittima, potrebbe
suscitare le giuste rimostranze degli
“sconfitti” con rischio, serio, di perdita
del finanziamento. ” Purtroppo” dovremo
scordarci una piazza “orizzontale”, perché
sembra che la pendenza del pavimento faccia
preoccupare le mamme e non consentirebbe un
“regolamentare” campo di calcetto.
“Purtroppo” ero e sono convinto che il vero
pericolo per i piccoli, e non solo, sia il
letale coctayl di ossido di carbonio e
polvere sottili somministrato dal traffico
spesso inutile e che gli spazi da dedicare
alle giuste esigenze sportive dei ragazzi
siano da ricercare altrove.
Il piano orizzontale, come suggerito in una
“comune” riunione di “uomini capaci”,
sarebbe stato ottenuto alzando il muro a
valle ed aumentando i gradini sotto lo
scalone. La soluzione, geniale, potrebbe
essere suggerita agli amministratori di
Siena o Arezzo: Piazza del Campo e Piazza
Grande sono assurdamente in forte pendenza!.
Né ho pensato ad inserimenti in Pietra
lavica per rendere più forte i contrasti e
rendere visibile il disegno...anche dalle
nuvole. Tale soluzione, pur adottata
felicemente altrove, qui modificherebbe
sostanzialmente la filosofia del
progetto che prevede un arredo urbano
realizzato con i materiali locali, discreto,
tale da non sovrapporre la sua voce a quella
del contesto. Piazza del Popolo, ad Ascoli,
monotonamente pavimentata in bianco, candido
travertino è ritenuta la Piazza più bella
d’Italia!
Io posso solo concludere con una certezza:
la piazza non sarà “una sciagura che si
abbatterà sulla testa dei cerretesi”,
come detto tra pugni sbattuti e colpevoli
silenzi, a meno che....
Le sciagure sono altre, e ci sarà tempo per
parlarne.
Non conta chi
semina, non conta chi raccoglie, conta solo
che il raccolto sia buono.
Arch. Lorenzo Morone |