Partito della Rifondazione Comunista
Circolo “Vera Lombardi” – Telese Terme
L’IMMONDIZIA E’ UNA COSA SERIA…
Da molto tempo il nostro comune ha esternalizzato i servizi
relativi all’immondizia, ha cioè affidato ad una
ditta privata – la Lavorgna srl di S. Lorenzello
– la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi
urbani, lo spazzamento delle strade, lo
svuotamento dei cestini e il lavaggio dei
cassonetti. Dalla fine del 2003 a tutto il 2004
questo servizio è costato alle casse comunali la
“modica” cifra di 45.000 euro al mese. Niente
paura, con la Lavorgna non abbiamo debiti perché
abbiamo pagato mettendo mano al portafoglio:
tra il 2003 e il 2004 la Tarsu (la tassa
comunale) è aumentata di oltre il doppio.
Tuttavia sembra che abbiamo qualche “debituccio” con il
Commissariato per l’emergenza rifiuti: circa
304.000 euro.
Dal 1° gennaio 2005 c’è stata una diminuzione del costo del
servizio: € 32.500 e non più 45.000. Delle due
l’una: o anche prima era possibile svolgere lo
stesso servizio a costo minore, o hanno dovuto
tagliare qualcosa. Propendiamo per la prima
opzione, cosa che mette in evidenza un cospicuo
spreco di risorse pubbliche. Infatti, a leggere
lo scambio epistolare tra l’amministrazione
comunale e l’impresa Lavorgna non si scorge
alcuna giustificazione tecnica alla diminuzione
dei costi. Solo qualche settimana fa, inoltre,
il compenso è nuovamente aumentato: 2.500 euro
in più al mese. Come mai queste oscillazioni?
In tutti questi anni il servizio è stato affidato per tre
mesi alla volta, di proroga in proroga.
Naturalmente, la proroga è un procedura
eccezionale, mentre la regola è una gara
d’asta pubblica, che permette di confrontare le
eventuali diverse offerte, in competizione tra
loro. Di fronte alle continue rimostranze
dell’opposizione, il sindaco e la giunta non
hanno potuto far altro che predisporre una gara
d’appalto, che a sua volta ha prodotto un
secondo contratto, identico al precedente,
stipulato il 22 gennaio 2004.
Leggere le carte è faticoso, ma si possono trovare un sacco
di cose sfiziose. L’avviso di gara d’asta
pubblica, indetta per il secondo contratto, è
stato pubblicato per la durata record di cinque
giorni. Naturalmente questo significa che
soltanto la ditta Lavorgna poteva partecipare
seriamente, essendo l’unica in grado di
conoscere tempi, modi e costi di un lavoro che
già svolgeva. Come è stata possibile questa
fulmineità?
Il contratto richiama l’articolo 64 del regio decreto
numero 827 del 1924: «L'avviso d'asta si
pubblica almeno quindici giorni prima del giorno
fissato per l'incanto e di quello per la
successiva aggiudicazione. Tanto l'uno quanto
l'altro giorno dovranno essere feriali.
Quando l'interesse del servizio lo richieda è in
facoltà dell'autorità che deve emanare il
decreto di approvazione del contratto di ridurre
questo termine fino a cinque giorni».
Guarda caso, viene totalmente ignorato il successivo comma
dello stesso articolo, che così afferma: «Le
ragioni della riduzione debbono essere indicate
nel decreto suddetto».
Come mai l’amministrazione di Telese si riferisce al regio
decreto e non al decreto legislativo 157 del
1995, lo strumento legislativo più adeguato?
Perché quest’ultimo decreto si applica quando
l’appalto è superiore alla soglia di 200.000
euro. Ecco spiegato l’arcano: con un
“contrattino” di soli tre mesi l’amministrazione
comunale si è mantenuta surrettiziamente sotto
la fatidica soglia, riservandosi poi di
prolungare il servizio grazie alle consuete (per
quanto illegittime) proroghe.
In altri termini, tutto il meccanismo è servito ad
aggirare i vincoli di legge e la concorrenza di
mercato tra operatori privati.
Le varie proroghe sono state inizialmente giustificate con
la necessità di garantire il servizio per il
tempo necessario ad esperire le regolari
procedure di gara. Poi anche questa dicitura è
scomparsa, essendo sembrata ingiustificabile
agli stessi redattori del contratto e agli
assessori che hanno sottoscritto le proroghe.
Ai cittadini, poi, tocca di pregare costantemente i propri
santi preferiti affinché gli automezzi
utilizzati (di proprietà del comune) non
necessitino di manutenzione. Nel caso in cui un
camion debba restare fermo, infatti, subentra un
mezzo della Lavorgna srl, il cui affitto ci
costa altri 225 euro al giorno. Sarebbe
interessante verificare quanto ancora ci sia
costato tutto questo meccanismo.
…LA RACCOLTA DIFFERENZIATA PURE
Alla fine è partito il servizio di raccolta differenziata
con il codice a barre, cioè il numero che
identifica ogni nucleo familiare in modo da
poter misurare il reale quantitativo di rifiuti
differenziati. Lo scopo dovrebbe essere quello
di assicurare ai cittadini più giudiziosi un
consistente risparmio in bolletta. Ma le cose
sono più complicate di quanto l’assessore al
ramo, Vincenzo Fuschini, non dica. Non ci
riferiamo al fatto che il servizio doveva
partire, in via sperimentale, già dal mese di
ottobre 2005. C’è dell’altro, molto più
importante.
La legislazione in vigore prescrive precisi obiettivi per
la raccolta differenziata, per raggiungere i
quali è necessario trasformare la tassa per lo
smaltimento dei rifiuti in tariffa. Cosa
significa questo in soldoni? Attualmente la
tassa è commisurata alla superficie abitativa:
una vecchietta che sta da sola in una
appartamento di 200 metri quadri paga una cifra
considerevolmente più elevata di una famiglia di
5-6-7 persone che vive in 100 metri quadri. La
tariffa, invece, è centrata sulla reale
produzione di rifiuti (come avviene per l’acqua,
la luce, il gas). Risulta allora
indispensabile misurare la vera quantità di
rifiuti prodotta da ogni famiglia, mentre
diviene meno importante la superficie
dell’abitazione.
Nell’articolo uscito sull’ultimo numero di Comuninforma,
l’assessore Fuschini regalava ai concittadini
una bella strenna di fine 2005: chi non risponde
al questionario mandato nelle case per conoscere
la superficie dell’abitazione riceverà un
accertamento d’autorità, che la famiglia
inadempiente dovrà pagare a sue spese (un’altra
gabella di 55 euro). Forse l’assessore non
sa che l’accertamento della superficie abitativa
è compito dei vigili urbani, che provvedono nel
momento in cui la famiglia chiede la residenza o
il cambio di domicilio. In tal modo è possibile,
da parte del comune, predisporre anche l’imposta
comunale sugli immobili (ICI). Per cui, se
sussistono dubbi circa l’effettiva dichiarazione
delle famiglie, i vigili urbani hanno tutta la
legittimità di provvedere e comunicare
all’ufficio tecnico le eventuali variazioni.
Per un provvedimento del genere occorrono dei passaggi
formali: quando, come e da chi è stata
introdotta la novità dei 55 euro per
l’accertamento?
Ma c’è un motivo ancora più sostanziale. L’assessore
afferma di volere mettere in moto «un
meccanismo che premia solo coloro che
partecipano attivamente»: poiché smaltire un
chilo di rifiuti differenziati costa la metà di
un chilo indifferenziato, è importante darsi da
fare anche per realizzare un considerevole
risparmio complessivo. E aggiunge l’assessore: «Prima
di consegnare il sacco, ogni utente dovrà
apporre il proprio codice identificativo sulla
busta. Così al momento della raccolta
l’operatore potrà verificare, mediante lettura
con apposito strumento, chi ha consegnato il
sacco […]. Più sacchi consegnati più risparmio
per gli utenti».
La cosa non è mica chiara: se la tariffa è proporzionata
alla produzione effettiva di rifiuti, che senso
ha pretendere la risposta ad un questionario che
chiede la superficie della casa e il numero dei
componenti il nucleo familiare? Non si dovrebbe,
al contrario, lavorare per la pesatura dei
rifiuti? Sembra grottesco doverlo ricordare,
ma un sacco di rifiuti, come unità di misura,
non ha senso. Ad esempio, un furbetto
cittadino potrebbe pensare di dividere in
tre-quattro sacchi il contenuto che andrebbe
tranquillamente in uno, così, con un semplice
trucchetto, farebbe risultare di aver
differenziato molto di più, traendone un
indebito vantaggio. Il nodo, quindi, è
quello di pesare i rifiuti.
E qui veniamo all’altro punto spinoso. Affinché tutto
funzioni (da questo non si scappa) è
indispensabile che la famiglia abbia una
ricevuta che attesti la lettura effettuata
dall’operatore. Ad esempio, se un cittadino
consumista, da solo, producesse più rifiuti di
una famiglia di quattro persone, sarebbe giusto
che pagasse in più, e che tuttavia fosse in
grado di valutare mese per mese le conseguenze
della sua condotta sprecona. In altri termini,
non basta che l’operatore faccia la sua
misurazione, ma occorre che il cittadino la
possa verificare e, nel caso, contestare con le
carte alla mano.
Solo in questo modo è possibile puntare alla diminuzione
della quantità complessiva dei rifiuti prodotti
nel nostro comune: rendendo i cittadini
partecipi di un processo trasparente. A tal
proposito, proprio non si intuisce quale possa
essere il vantaggio per la famiglia che
differenzia: occorre chiarire, con numeri
e tabelle, quali tariffe si applicano in base
alle quantità di rifiuti differenziati. In
tal modo ogni cittadino può conoscere la
convenienza economica che deriva da una condotta
che, comunque, sarebbe auspicabile sotto il
profilo civico.
Telese Terme, 05 maggio 2006
Il Direttivo
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