28 luglio 2007
S.Salvatore, affari d’oro con combustione rifiuti
segnalazione di Giovanni Festa

 

 

 

 

 

L’ECO DI BERGAMO

Pag. 18, MARTEDÌ 10 APRILE 2007

                

 

L’INCHIESTA

 

La provincia sannita per adesso non lo prevede, ma l’impianto potrebbe funzionare anche con gli «RSU»

 

Affari d’oro con la combustione dei rifiuti

 

Il settore delle biomasse per usi energetici è tra le più concrete e immediate fonti energetiche rinnovabili disponibili: tra le sue principali applicazioni c’è ovviamente la produzione di energia elettrica.

Per biomassa si intende ogni sostanza organica derivante, direttamente o indirettamente, dalla fotosintesi clorofilliana. Mediante questo processo le piante assorbono dall’ambiente circostante anidride carbonica (Co2) e acqua, che vengono trasformate, con l’apporto dell’energia solare e di sostanze nutrienti presenti nel terreno, in materiale organico utile alla crescita delle piante.

 

Biomassa è un termine che riunisce una gran quantità di materiali, di natura estremamente eterogenea. In forma generale, si può dire che è biomassa tutto ciò che ha matrice organica, con esclusione delle plastiche di origine petrolchimica e dei materiali ferrosi.

La centrale di San Salvatore Telesino, nel Beneventano, può essere alimentata con biomasse (legno, erba, frutta o semi) o combustibili solidi a loro assimilabili.

 

L’energia termica prodotta dalla loro combustione viene soprattutto impiegata per la produzione di vapore surriscaldato, inviato poi alla turbina a cui è accoppiato un generatore sincrono per la produzione di energia elettrica in media tensione.

 

Sulla carta nel Beneventano non è previsto l’utilizzo di rifiuti solidi urbani (Rsu) tal quali, nemmeno in minime quantità o per brevi periodi.

In realtà è noto a tutti che attraverso un semplice processo d’essiccazione i rifiuti tal quali diventano Cdr, combustibile derivato rifiuti, e che sull’utilizzo di questo come biomassa vegetale spesso si è chiuso più di un occhio.

 

Il Piano dei rifiuti della provincia sannita prevede solo impianti a biomassa, nessuna discarica o impianti a Cdr, ma lo stato di emergenza perenne della Campania in materia di gestione e smaltimento dei rifiuti potrebbe anche portare a qualche cambiamento in corsa.

E in questo caso il valore di un impianto come quello che si vorrebbe costruire a San Salvatore Telesino semplicemente decuplicherebbe.

C’è poi un altro fattore fondamentale nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, i cosiddetti «certificati verdi ».

 

 

CERTIFICATI VERDI

Si tratta di documenti, cedibili sul mercato, che promuovono la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili: solare, eolico, idroelettrico, biomasse, mare, geotermia.

Qualsiasi produttore che realizzi un impianto da fonte rinnovabile può attivare con il Gestore del servizio elettrico (Gse) una procedura per ottenere i certificati verdi, che attestano l’effettiva produzione degli impianti.

La promozione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili è una delle strategie necessarie per raggiungere gli obiettivi delineati dal Protocollo di Kyoto: ogni certificato attesta la produzione di 50 MWh e ha validità di 3 anni.

In pratica accanto al mercato della vendita della pura energia elettrica si è sviluppato parallelamente quello dei certificati verdi, garanzia di rispetto di quanto fissato al Protocollo di Kyoto.

Un business nel business.

- Dino Nikpalj , L’Eco di Bergamo: pubblicato il 10 aprile 2007 a pag.18 -

 

 

 

 


 

 

Energia da Benevento? Solo sulla carta

Lo shopping della Provincia in Campania si scontra con una serie di ostacoli ancora da superare

Il progetto per la centrale a biomasse rischia di non vedere la luce e di perdere il contributo pubblico

 

La domanda sorge spontanea: per dirla alla Di Pietro, che c’azzecca la Provincia di Bergamo con Benevento? E soprattutto, perché costruire proprio da quelle parti una centrale elettrica alimentata a biomasse? Perché Bergamo ha bisogno di energia a buon mercato e perché ci sono determinate aree del Paese che possono beneficiare di finanziamenti, per non parlare poi dei problemi d’impatto ambientale e tante altre cose...

Tanti buoni motivi, insomma, per puntare la bussola verso sud, anche se la vicenda della trasferta

sannita di Via Tasso non è poi così semplice, e ci sono un po’ di questioni ancora in sospeso.

Compreso il buon esito della vicenda Vocem.

 

LE ORIGINI

Tanto per cominciare cosa vuole dire Vocem? Niente di arcaico o rimandi latini di sorta, è semplicemente l’acronimo di Vozza Cementificio, società che fa capo all’Industria Calce Casertana di Casagiove, località campana. Perché la vicenda comincia nella provincia di Caserta e non di Benevento, ed è già qualcosa che non si sapeva. E non è la sola.

Vocem nasce nel giugno 2001 con atto pubblico da un notaio di Marcianise, nel casertano: qualche tempo dopo il suo progetto di una centrale elettrica da 10 megawatt a biomasse viene ammesso ai finanziamenti (a fondo perduto) della legge 488/92, che concede agevolazioni a favore delle imprese che intendano promuovere dei programmi di investimento.

La Vocem presenta un progetto sui cosiddetti Por (Progetti obiettivi regionali), finanziati da fondi Ue e gestiti dalla Regione Campania. In tutto 12 milioni e 296 mila euro a fronte di un progetto di oltre 30.

Progetto per dove? Ecco, questa è la prima curiosità, anche se gli esperti assicurano che sia normale: il bando di gara non vincola l’erogazione dei fondi a un’area, è sufficiente che la proposta rispetti determinati parametri sulla qualità ambientale, l’utilizzo di fonti rinnovabili, l’assunzione di un dato numero di operatori, eccetera...

Ma non ci sono vincoli espliciti di località, anche se trattandosi di Por è chiaro che l’intervento

deve farsi in Campania.

 

I SONDAGGI DI VIA TASSO

Le strade di Vocem e della Provincia si incrociano verso metà 2004, quando Via Tasso capisce che serve energia elettrica a basso costo per la Bergamasca e che Bergamo Energia da sola è un nano in mezzo ai giganti.

Dalle nostre parti non è possibile produrne, anche per le già ricordate ragioni ambientali, e soprattutto non si può beneficiare di contributi a fondo perduto: aspetto che fa la differenza.

 

Da qui l’invito ad Abm, multiutility della Provincia, all’epoca presieduta da Luciano Bonetti, a guardare a sud: prospettiva che non tutti accolgono con salti di gioia.

 

Nel foggiano si avviano i contatti (poi portati a termine con successo) con Mistral per la produzione di energia eolica, per le biomasse si sonda Taranto, all’interno della riconversione di un’area Italsider. L’ipotesi muore sul nascere e l’attenzione si sposta sull’esame al ministero delle Attività produttive dei progetti cosiddetti assentiti, ovvero quelli che hanno avuto il benestare e soprattutto   i fondi. Nota bene, si tratta dell’ultima tranche di soldi della legge obiettivo, non più rifinanziabile.

 

L’incontro con l’azienda di Casagiove avviene in questa occasione: Abm giudica redditizio il progetto, che viene valutato 360 mila euro. Le prime aree prese in considerazione sono dei Comuni del Casertano, dove però non ci sono le condizioni per lavorare, sia urbanistiche che di altra natura.

In Terra di lavoro (così viene chiamata la provincia di Caserta dai campani) il lavoro in effetti non manca, ma i patti a cui scendere sono tanti e spesso poco chiari.

 

A questo punto Abm commissiona a un professionista dell’Enel (interessata a sua volta a installazioni nella regione) una ricerca di aree potenzialmente interessanti: ne esce un elenco con 4 5 località, e la scelta cade su San Salvatore Telesino, 3.700 anime a una trentina di chilometri da Benevento.

Una scelta motivata anche dal fatto (fondamentale) che la locale Provincia ha già approvato il Piano energetico, prevedendo diversi siti dove dare vita ad impianti a biomasse.

 

L’INTESA, ATTO PRIMO

Il matrimonio s’ha da fare, quindi: Abm chiude la trattativa acquisendo il 90 per cento di Vocem, comprensivo di progetto e autorizzazioni varie.

La valutazione ammonta al 10 per cento del finanziamento ottenuto, 1 milione e 230 mila euro circa: Vocem diventa così pubblica, è il febbraio 2005: alla presidenza viene nominato Giorgio Berta, tuttora in carica.

A luglio arriva a Bergamo Carmine Nardone, presidente diessino della Provincia di Benevento, che sigla con il collega Valerio Bettoni un protocollo d’intesa ad ampio raggio, tra cui l’energia e l’innovazione scientifico- tecnologica.

Qui fa la sua comparsa sul tavolo delle trattative una società chiamata Marsec, ovvero il Centro per il monitoraggio satellitare delle aree del Mediterraneo: un gioiellino a cui collabora nientemeno che la Nasa. È il fiore all’occhiello dell’amministrazione provinciale sannita, che chiede una partnership

 

a Via Tasso: «Chiuderemo la trattativa entro fine anno» fanno sapere da Abm, ma fatti un paio di calcoli l’operazione si rivela troppo onerosa, perché Marsec è una realtà costosa, il che ne rende impossibile l’acquisto di quote da parte di Abm, come in Provincia qualcuno vorrebbe.

Alla fine si ripiega sulla strada dell’acquisto di servizi di rilevazione cartografica del territorio via satellite, che non porterà a nulla.

In contemporanea parte l’iter per la domanda di autorizzazione regionale alla costruzione della centrale e si acquista l’area (industriale) al prezzo di 450 mila euro.

 

Il 30 novembre parte anche la domanda di Via, Valutazione d’impatto ambientale, sempre in Regione Campania. Intanto viene creato un gruppo di lavoro tra le due Province: per Bergamo c’è Giuseppe Fornasari, aretino, ex deputato Dc, fanfaniano e deus ex machina di Bettoni.

Per Benevento Giovanni Zarro, ex Dc, ex deputato della Margherita, pezzo da novanta della politica locale, strettissimo collaboratore di Nardone: un Fornasari in salsa sannita.

 

LA RICERCA DEL PRIVATO

Ad un certo punto qualcosa comincia ad incepparsi sul fronte procedurale, nel senso che le cose cominciano a segnare il passo. Per le varie autorizzazioni Abm decide di giocare in casa e affida una consulenza di 200 mila euro alla chiacchieratissima Abm2, società per la realizzazione di opere pubbliche. Ma guardando un po’ più in là ci si rende ben presto conto che una volta ottenute le autorizzazioni, per la gestione materiale dell’operazione sarà necessario un partner privato, di quelli che presidiano il territorio e sanno fare business.

 

E qui torna alla luce l’annosa questione sul ruolo delle realtà pubbliche nel settore, con qualche differenza di vedute in Via Tasso, dove pare che Bettoni preferirebbe non cedere la maggioranza della società. Un istituto di credito viene comunque incaricato di fare una valutazione di Vocem: emerge che per il 51 per cento si possono incassare anche 2 milioni e mezzo d’euro, il che da un lato garantirebbe il ritorno dell’investimento e dall’altro energia a prezzi competitivi.

 

Parallelamente viene individuata una serie di possibili  partner privati: si va da AceaElectrabel agli inglesi di Green Power, passando per De Benedetti e il gruppo Marcegaglia.

 

Alla fine la scelta cade sui primi, joint venture tra la romana Acea e la belga Electrabel, leader nel Benelux: partono le trattative che si trascinano per tutto il 2006.

 

L’INTESA, ATTO SECONDO

A maggio la Commissione regionale dà parere favorevole alla Via, ma la velocità di marcia è ancora lenta, e a mezza voce si comincia a dire che la vicenda non è seguita come dovrebbe a livello politico. E tenuto conto che è Benevento che deve dire sì alla centrale, è Bergamo che deve muoversi e soprattutto cambiare passo di marcia.

 

Così a giugno Bettoni ricambia la visita a Nardone per firmare un’intesa istituzionale che in pratica fa il paio con quella di un anno prima. Compreso il coinvolgimento di Via Tasso nel Marsec, che qualcuno comincia a vedere come una sorta di imprescindibile do ut des all’intera operazione. Intanto Bonetti lascia Abm: gli subentra Italo Lucchini, che nel marzo scorso passa la mano causa incompatibilità con altri impegni professionali, alla luce delle nuova normativa Consob.

 

GLI ULTIMI SVILUPPI

La conferma che le cose non vadano spedite arriva da qualche preoccupazione che la Regione Campania avrebbe espresso sul rischio che Vocem possa perdere il contributo pubblico se alla scadenza di fine 2007 (la centrale doveva essere operativa per settembre) non si dimostri che l’investimento è organico e funzionale.

 

Il problema sta nel fatto che è proprio la Regione a non avere ancora emesso il decreto sulla Via, che arriva solo il 5 ottobre.

 

Nel frattempo Europrogetti& Finanza (Banca del ministero delle Attività produttive, materiale erogatore del finanziamento) avrebbe sollevato qualche questione sul rispetto dei tempi: non a caso nel settembre 2006 da Vocem sarebbe partita una richiesta di sospensiva dei termini per l’ultimazione dell’intervento.

 

A dicembre la banca avrebbe riconosciuto l’esistenza di cause di forza maggiore e differito il termine ultimo di un anno, cioè a fine 2008.

Manca però un passaggio, quello decisivo della Conferenza dei servizi (decide a maggioranza, il che potrebbe spazzare via qualche resistenza locale) che deve dare il via libera alla centrale: una riunione preparatoria viene convocata a novembre, ma allo stato attuale non ha avuto seguito.

Un problema non da poco, sia perché blocca il via ai lavori, sia perché l’istituto di credito sarebbe in attesa di questo passaggio prima di formalizzare al ministero l’accettazione della richiesta di differimento dei termini.

Resta poi un altro punto interrogativo sulla vicenda, questa volta sul partner economico: dopo quasi 10 mesi di trattative, l’accordo con AceaElectrabel per la cessione del 51 per cento (a 2 milioni e mezzo di euro) è saltato al momento della firma, con l’acquirente già con l’assegno in mano.

I motivi andrebbero ricercati nella modifica del Piano industriale apportata da Abm alla luce della nuova normativa sui materiali da trattare negli impianti biomasse.

 

C’è chi dice che i privati abbiano preso cappello e chi invece che sia stata Abm a dare l’ok per un approfondimento.

Di certo c’è solo che ad aprile 2007 l’operazione Benevento è ancora sulla carta, senza Conferenza di servizi e nemmeno partner privato. Nota bene, è un’operazione che se andasse in porto ripagherebbe gli investimenti in meno di cinque anni, oltre che fornire energia elettrica alle imprese bergamasche a prezzi concorrenziali. Ma per ora il saldo è di meno 2 milioni di euro, tutti a carico di Abm. Perché Vocem nell’attesa non può fare granché, e ha chiuso il 2006 con un attivo di 2.000 euro, aspettando che a Benevento si accenda la luce.

Ah, nel frattempo pare che in Via Tasso abbia fatto la propria ricomparsa qualche rappresentante di Marsec: con satellite al seguito, guagliò.

 

Dino Nikpalj – L’Eco di Bergamo: pubblicato il 10 aprile 2007 a pag.18 -

 

Pag. 18, MARTEDÌ 10 APRILE 2007  -  FONTI ALTERNATIVE -  L’ECO DI BERGAMO

           

 

 

 

 

     

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