il 20 agosto si è riunito il consiglio
provinciale sulla questione inceneritore di
biomasse a San Salvatore Telesino con il
surreale risultato di 20 a 1, in cui l'uno è il
presidente della Provincia Nardone. Scoppiata da
circa due mesi la questione sembra aver preso
una piega alquanto aspra e paradossale.
Tutti coloro (maggioranza/opposizione) che a
suo tempo hanno avallato con la decisione o il
silenzio quella scelta, oggi si dicono contrari;
addirittura il sindaco di San Salvatore
Telesino, che a suo tempo aveva firmato il
progetto dell'inceneritore di biomasse nel suo
comune, ha tenuto una relazione in cui lamentava
che "la costruzione delle due centrali maschera
la realizzazione di un impianto per il
trattamento dei rifiuti tramite
termovalorizzazione".
Tale paradossalità di converso può essere
rintracciata anche nell'opposto modo di agire
dei vari comitati per il No spuntati in questi
giorni come funghi , raccogliendo nella loro
battaglia l'appoggio di tutti i partiti,
persino dello stesso partito che oggi esprime la
presidenza della giunta provinciale.
Si pongono allora due interrogativi di non
poco conto: quali sono i criteri adottati dalla
nostra classe politica sannita nell'operare a
suo tempo la scelta di insediare la centrale a
San Salvatore? Quali sono i criteri che oggi
spingono i promotori del No al
termovalorizzatore?
La risposta non può che passare attraverso
l'analisi delle ragioni poste a fondamento di
queste scelte.
Deve essere dato atto all'Amministrazione
Provinciale di aver dato, attraverso il Piano
Energetico Ambientale, una precisa e
lungimirante svolta alla propria azione
amministrativa. Ci voleva coraggio nel
realizzare proprio a Benevento uno studio tanto
qualificato e approfondito della nostra realtà
provinciale (ben 411 pagine di buone analisi e
proposte) al fine di creare strumenti e
iniziative volte al risparmio energetico. Queste
sono veramente le nuove frontiere dello sviluppo
sostenibile! Tuttavia tale lungimiranza e
coraggio avrebbe richiesto maggiore coerenza per
non cadere nelle vecchie logiche. Sembra quasi
che, per riprendere una cara espressione
evangelica, si sia voluto versare nelle
otri "vecchie" il vino nuovo.
Se il pool di esperti di fiducia della
Provincia chiamati a redigere il piano
energetico ambientale, in base ad un accurato
studio sull'approvvigionamento di materiale
combustibile, aveva consigliato la realizzazione
dell'inceneritore di biomasse a Reino o San
Bartolomeo in Galdo (Pag. 329 ss. del PEA), come
mai adesso si parla di San Salvatore
Telesino? Dove sta lo studio di fattibilità per
San Salvatore Telesino che avrebbe dovuto
ispirare tale diversa scelta? Dove sta la
coerenza dell'azione amministrativa in queste
decisioni? L'unica risposta, alla luce delle
poco chiare spiegazioni dell'Amministrazione
Provinciale sul punto, sembra essere che
abbiano prevalso a suo tempo vecchie logiche di
equilibrio partitico (giammai
politico!) evidentemente oggi svanite, visto il
corale schieramento di tutti i partiti per il
no.
Anche sul
campo opposto i criteri non sembrano poi tanto
migliori. Dove stavano tutti gli esperti ed
esponenti politici di questi comitati per il
no quando Montesarchio lottava anch'essa per per
la non apertura della discarica "Tre Ponti"? Le
profonde ragioni di queste opposizioni non sono
forse rintracciabili nella vecchia logica del "particulare",
che qualcuno chiamerebbe "la logica del
palmo"? Certamente la conclusione per un no su
tutta la linea all'inceneritore di
biomasse sembra chiaramente dettata da una paura
di fondo, e cioè che l'inceneritore di biomasse
(volgarmente nel nostro caso si tratterebbe di
paglia) venga alla fine utilizzato per bruciare
le famose eco-balle non a norma presenti a
iosa in Campania, e da una esigenza di pura
tattica politica, e cioè quella del
magis ut
minus. Paura
ed esigenza più che legittime e condivisibili!
Ma tali motivazioni giustificano la completa
rimozione e/o la cattiva interpretazione del
concetto di bene comune, cardine di ogni azione
amministrativa orientata al bene della
comunità?
Qui arriviamo al punto dolente dell'intera
vicenda che in questi giorni si dipana sotto i
nostri occhi.
Ciò che maggiormente scandalizza chi crede
nella politica come forma più alta di carità,
come l'arte di perseguire il bene comune sono,
oltre alle tutt'ora oscure ragioni per cui a suo
tempo si optò per il sito di San Salvatore
Telesino, proprio le motivazioni del no
all'inceneritore di biomasse che, in sè e se
realizzato con tutti i crismi, dovrebbe
essere cosa ottima e a basso impatto ambientale;
invece di porre l'accento sulle garanzie circa
il combustibile utilizzato, su un serio studio
di fattibilità (come quello del PEA) e su una
buona Valutazione di Impatto Ambientale, si è
preferito un umorale no secco su tutta la linea
in cui è stato messo di tutto e un po',
confondendo le acque e creando un dibattito
sterile in cui la logica del bene comune è stata
completamente disattesa e confusa con quella del
"particulare". L'ottica del farsi carico
dell'altro affinché possa realizzare la propria
perfezione (la logica del bene comune applicata)
avrebbe voluto che senza isterismi e no umorali
fosse stata condotta una battaglia di questo
tipo, un SI coraggioso e fortemente
condizionato.
Infine, allargando un po' il discorso al
ciclo-rifiuti che fa tanta paura ai cittadini
sanniti, non si può onestamente credere che la
provincializzazione del ciclo dei rifiuti sia la
panacea di ogni male nella gestione dei rifiuti
campana, visto che nel Sannio (trecentomila
abitanti) i rifiuti sono un dosso mentre a
Napoli (più di due milioni di abitanti) sono una
montagna di eco-balle, come non si può
onestamente credere che la realizzazione
di inceneritori/termovalorizzatori nella
provincia di Benevento, se saranno mai proposti,
possa essere lasciata all'improvvisazione e
alle vecchie logiche partitiche. Del resto in
questa situazione la camorra campana ci sguazza
da una vita.
E' facile per i politici ed elettori sanniti
fare "o gallo 'ngoppa a munnezza", più
difficile avere il coraggio e la coerenza che il
bene comune richiede.
Diego Ruggiero - Airola
|