Sull’assemblea
negata
Ne è passata di
acqua sotto i ponti da quando furono pubblicati
i decreti delegati del ’74.
Essi costituivano
la risposta legislativa alle contestazioni
studentesche culminate nel 1968 ed al movimento
di opinione pubblica che ne era scaturito.
Una società
profondamente mutata reclamava una scuola
diversa, orientativa, promozionale e
partecipativa al posto di quella autoritaria e
selettiva e classista, contestata a gran voce
dagli studenti in tutte le piazze d’Italia.
La scuola, almeno
sulla carta, abbandonava un modello strettamente
verticistico per abbracciare un modello più
orizzontale, in cui l’organizzazione ed il
funzionamento, sul piano amministrativo e sul
piano didattico ed educativo, venivano condivisi
con organi a carattere collegiale e democratico
(consigli di classe, consigli d’istituto ecc.)
che, nel rispetto delle competenze di ciascuno,
dovevano assicurare la partecipazione di tutta
la comunità scolastica (docenti, professori,
genitori, studenti, personale non docente) alla
vita della scuola.
Per la prima volta
gli studenti non venivano visti più soltanto
come soggetti passivi, ma era riconosciuta loro
una soggettività, dei rappresentanti ufficiali
(di classe e d’istituto), era loro riconosciuta
la possibilità di interloquire con il Preside,
con il Professore, ed anche dissentire in da
essi.
Questo processo di
emancipazione e di emersione dei diritti degli
studenti, che è proseguito nel corso degli anni,
sospinto dalle varie riforme derivanti
dall’evoluzione società e dal graduale
svecchiamento del corpo dirigenziale e docente,
ha segnato un momento importante con la riforma
del ’97, che ha sancito l’autonomia
organizzativa, didattica e finanziaria degli
istituti scolastici.
Si tratta della
famosa riforma dell’Autonomia scolastica, con la
quale viene solennemente sancito che ogni
soggetto facente parte della comunità educativa
ha il diritto di partecipazione attiva ai
processi di autogoverno degli Istituti
scolastici, e che i docenti, gli studenti, i
dirigenti scolastici e tutto il personale hanno
un dovere di cooperazione partecipativa,
naturalmente nel rispetto dei reciproci ruoli.
In particolare, il
pieno coinvolgimento degli studenti nella vita
democratica della comunità scolastica è
considerato un elemento non soltanto
auspicabile, ma necessario per il
corretto funzionamento della scuola e per una
piena realizzazione del diritto
all'apprendimento e al conseguimento di
risultati formativi da parte dei giovani.
La
partecipazione attiva degli studenti alla
vita della scuola è riconosciuto come uno dei
tasselli fondamentali di una scuola moderna,
capace di mettere al centro dei suoi obiettivi
la valorizzazione delle inclinazioni personali
di ciascuno studente e di creare le migliori
condizioni per un apprendimento efficace.
Si riconosce alla
partecipazione studentesca, inoltre, una forte
valenza educativa per la formazione di una
cittadinanza consapevole.
Partecipare,
infatti, vuol dire apprendere a praticare
gradualmente l’esercizio della democrazia; vuol
dire abituarsi al confronto, imparare le regole
fondamentali del vivere sociale.
L’ultima tappa
di questa evoluzione è segnata dal D.P.R. 24
giugno 1998, n. 249, con il quale viene
recepito nel nostro ordinamento lo Statuto
degli Studenti, la carta fondamentale dei
diritti e dei doveri degli studenti
italiani.
Non si tratta
di un elenco di buone intenzioni, ma di veri
e propri principi aventi forza di legge, la
cui importanza è dimostrata dal fatto che
l'art. 6 comma 2 del predetto DPR impone la
consegna di una copia dello Statuto a
ciascuno studente all'atto di iscrizione
alla scuola (cosa che raramente accade nella
realtà).
Anche il
regolamento d'istituto non è più un atto
autoritativo imposto dalla dirigenza
scolastica senza possibilità di discussone o
interlocuzione alcuna, ma va elaborato e
condiviso da tutta la comunità scolastica,
ivi compresa la componente degli studenti,
modulandolo sul rispetto delle normative
vigenti in materia di partecipazione
studentesca, con particolare riferimento al
T.U. del 16 febbraio 1994, n. 297, al D.P.R.
24 giugno 1998, n. 249 e al D.P.R. 567/96 e
successive modifiche.
Si aggiunga a
ciò che numerose circolari ministeriali,
negli ultimi anni, hanno sollecitato i
Dirigenti Scolastici, al di là di quanto
imposto strettamente dalla legge, a porre in
essere iniziative volte ad incoraggiare e
favorire occasioni di partecipazione
responsabile degli studenti alla vita
della comunità scolastica, con l'obiettivo
di contribuire a rafforzare il senso di
identità e di appartenenza , la solidarietà,
la maturazione civica degli studenti.
Alla luce di
quanto detto, non mi sembra che sia
possibile, alla dirigenza scolastica, né sul
piano pedagogico né su quello giuridico,
negare agli studenti un’assemblea, se questa
venga richiesta formalmente, con un
congruo anticipo e nel rispetto
del regolamento d’istituto.
Dai fatti
raccontati emerge che tali condizioni sono
state rispettate dagli studenti e che la
dirigenza scolastica non ha deciso di
rinviare l’assemblea per comprovate ragioni
didattiche od organizzative.
Senza fornire
alcuna motivazione, l’assemblea è stata
semplicemente negata.
Ora, di fronte
alla negazione di un diritto fondamentale
previsto dalla legge, gli studenti, a cui,
come abbiamo visto, è riconosciuta una
soggettività giuridica nell’ambito della
comunità scolastica, hanno tutto il diritto
di esercitare forme di “agitazione”.
L’importante è
che queste siano motivate e non
pretestuose, proporzionate al
diritto che si intende leso, esercitate con
modalità rispettose della dirigenza
scolastica e delle altre soggettività
presenti nella comunità scolastica.
Del resto,
riconoscere una serie di diritti agli
studenti senza ammettere nel contempo la
possibilità per essi di rivendicarne
democraticamente l’applicazione, in caso di
violazione, sarebbe un controsenso logico e
giuridico.
Tutto questo
emerge, a mio avviso, inconfutabilmente,
dall’esame complessivo dell’ordinamento
scolastico oggi vigente.
Nel caso che ha
suscitato la discussione, gli studenti del Liceo
hanno chiesto un’assemblea per discutere delle
novità emerse dal bando della Provincia per il
reperimento di nuove aule nel territorio di
Telese, e cioè dell’argomento più importante che
investe l’intera comunità scolastica. E di
fronte all’immotivato diniego, non hanno colto
l’occasione per fare un “filone” di massa, né
hanno indetto un improbabile “sciopero”, ma
hanno semplicemente deciso di affermare il loro
diritto, di svolgere cioè la loro assemblea,
durata peraltro meno di un’ora.
Hanno scelto
cioè una forma di dissenso motivato, non
pretestuoso, proporzionato e rispettoso.
L’atteggiamento della dirigenza scolastica
di vietare l’accesso dei ragazzi, al termine
dell’assemblea, sembra dettato, invece,
esclusivamente da ragioni ritorsive
con il malcelato intento di mettere i
genitori contro i propri figli e di
scoraggiare la partecipazione ed il
dibattito tra gli studenti sul principale
problema che riguarda la loro scuola.
La giustifica dei
genitori per il ritardato ingresso in aula, al
termine dell’assemblea, appare del tutto fuori
luogo.
Tale giustifica è
senz’altro necessaria per evitare che figli
troppo dormiglioni arrivino in classe in
ritardo, semmai all’insaputa dai parenti che
sono fuori per lavoro. E’ altresì necessaria,
per esempio, al fine di evitare che i ragazzi
saltino la prima ora di corso, semmai per
sfuggire ad un professore un po’ più severo,
sempre all’insaputa dei rispettivi padri.
Nel caso di
specie, invece, i ragazzi hanno ritardato
l’inizio delle elezioni intendendo esercitare il
diritto di assemblea.
Orbene, per
esercitare un diritto ad essi riconosciuto si
può mai sostenere che gli studenti abbiano
bisogno della giustifica dei genitori?
Che cosa avrebbero
dovuto giustificare?
Quanto alle
modalità dell’assemblea, è evidente che essi si
sono riuniti fuori dalle mura scolastiche
esclusivamente a causa dell’impossibilità di
svolgere l’assemblea nella scuola per via del
diniego ricevuto.
Vorrei concludere
con un’ultima considerazione.
Leggendo le
cronache degli ultimi mesi, nelle quali si parla
spesso, anche nella nostra Provincia, di
studenti teppisti che allagano le scuole,
svuotano estintori, danneggiano infissi e
attrezzature, penso che ancora una volta gli
studenti del Liceo di Telese hanno dimostrato
una coscienza dei propri diritti e una maturità
che dovrebbero rendere orgogliosi i loro
genitori e .... nonostante tutto .... per una
eterogenesi dei fini .... anche la dirigenza
scolastica.
Pasquale Biondi
(Segretario dei
Democratici di Sinistra di Telese Terme)
|