18 giugno 2007

Telese, Capasso e gli uomini grigi

Fulvio Del Deo

 

 

C'è chi dedica ore alla pulizia della casa o dall'auto, ponendosi come obiettivo d'importanza vitale sbiancare le fughe fra le piastrelle o rendere più brillante la carrozzeria. L'opera si conclude gettando dalla finestra il secchio d'acqua sporca o abbandonando in cortile il contenitore vuoto del polish.

La mia casa e la mia auto di figlio non erano di quel tipo. La casa era un porto di mare, con cani, gatti e amici di mezzo mondo che andavano e venivano. L'auto era prima una "otteccinquanta" poi una fiesta, entrambe molto sfruttate, ma usate in città solo in caso di estrema necessità per ovvie ragioni di traffico e parcheggio.

All'epoca, il tempo non era il tiranno odierno e la televisione era considerata molto noiosa dai più. Si viveva solo nel reale e il termine "virtuale" era usato solo da filosofi e matematici. Le amiche e gli amici avevano ognuno un volto, un sorriso, una voce, un odore e una consistenza diversi. Niente avatar e nickname. Inoltre parlare era sempre gratis e non aveva nemmeno lo scatto alla risposta. Il telefono era solo un rompipalle che squillava quando si entrava nella doccia.

Poi venne l'epoca del Biscione: «No, stasera non esco, c'è un film a Canale 5». E il vuoto prese a espandersi sulle nostre vite, riducendoci a correre di fretta nel poco tempo rimanente.

Michael Hende ambientò la sua favola Momo nella periferia di Roma, ma gli uomini grigi non imperversavano solo lì. Perfino la mia città notoriamente anticonformista ne fu invasa.

Quando nel 1993 giunsi nella Valle Telesina, mi sembrò di essere scampato a un incubo. Qui ritrovai qualcosa di caro che era andato perduto, e recuperai le mie ora-fiori rubate dai ladri di tempo.

Tornai a essere padrone del mio tempo e presi a donarne a piene mani. Riordinai le mie storie, scrissi racconti, piccoli romanzi, poesie. Coltivai l'orto e nacquero bambini, anche se non piantai cavoli ma peperoncini piccanti.

Poi il fumo gelido dei ladri di tempo invase anche la nostra valle. Chi era del posto già lo sapeva e mi aveva messo in guardia: «Qui hanno intenzione di costruire da fare schifo... Hanno deciso che Telese deve diventare la città dei servizi della Valle.»

 

E l'acqua, le terme, la quiete?

 

Ruspe e gru. Gli uomini grigi cambiano i connotati al territorio ma anche alle persone, al loro volto e alla loro anima.

 

Poi venne Gennaro Capasso.

 

«Sarò il sindaco di tutti, non solo di una parte!», l'ho riascoltato ieri nella registrazione del tuo comizio del giugno 2004 a via Scafa.

 

Gennaro! (parlo all'essere umano che presumibilmente sopravvive ancora in te e ti do del tu, come decidemmo di comune accordo quando ci incontrammo al supermarket) So che leggerai questa pagina, è inutile negarlo. E se non la leggerai direttamente qui su Vivitelese, qualcuno la stamperà e te la porterà.

 

So che leggerai questa pagina e suppongo che non mi risponderai. Come sempre.

 

«Sarò il sindaco di tutti, non solo di una parte!»

Ma che dici?? se non sei il sindaco nemmeno di te stesso!!

 

Fermati un attimo a riflettere.

 

Ti ricordi dello stupore di quando eri bambino, del mondo ancora tutto da scoprire, della vita piena di sorprese, e ogni giorno sembrava durare un'eternità, coi ginocchi sbucciati, le scarpe infangate?

 

E poi l'avventura della crescita, i baffetti sotto al naso... l'esplosione di ormoni... le ragazze, una diversa dall'altra... profumate di mandorla, basilico, miele, caramella rossana. E poi gli amici, la squadra di basket, la lealtà.

 

Oggi che fine ha fatto tutto ciò? Con che cosa di più prezioso l'hai barattato? Sei sicuro che ne sia valsa la pena?

 

Chi ti conosceva già da prima, ancora non si capacita. Molti hanno creduto in te e ti hanno votato, contando su di te, sperando che avresti imboccato il primo svincolo per uscire dalla strada disastrosa intrapresa dal tuo predecessore. Invece nulla è cambiato e si va rapidamente verso il baratro.

 

Io oggi vedo l'infelicità dilagare. La leggo perfino negli occhi dei passanti, nella fretta degli automobilisti, nella rassegnazione di vecchi.

 

Telese è diventato un paese coi nervi a fior di pelle. E ne ha tutte le ragioni. Allo sconforto derivante dalla brutale speculazione edilizia in atto e dalle deturpanti opere di restyling cui è stato sottoposto, c'è da aggiungere la preoccupazione per l'indice di teppismo, violenza e criminalità in crescita esponenziale.

 

Ancora non capisco se hai dato il tuo avallo alla devastazione di Telese confondendola con un'ipotetica crescita economica e sociale, o l'hai fatto solo per pilatismo cronico.

 

La sola cosa certa è che nel 2009 l'unica cartolina bellissima di Telese potrebbe essere la foto della gente che festeggia l'auspicabile sconfitta elettorale della tua coalizione.

 

Concludo dedicandoti una notissima poesia di Konstantinos Kavafis.

 

E se non puoi la vita che desideri

cerca almeno questo

per quanto sta in te: non sciuparla

nel troppo commercio con la gente

con troppe parole in un viavai frenetico.

 

Non sciuparla portandola in giro

in balìa del quotidiano

gioco balordo degli incontri

e degli inviti,

fino a farne una stucchevole estranea.

 

 

Fulvio Del Deo

 

 

     

 Valle Telesina


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