C'è chi dedica ore alla pulizia
della casa o dall'auto,
ponendosi come obiettivo
d'importanza vitale sbiancare le
fughe fra le piastrelle o
rendere più brillante la
carrozzeria. L'opera si conclude
gettando dalla finestra il
secchio d'acqua sporca o
abbandonando in cortile il
contenitore vuoto del polish.
La mia casa e la mia auto
di figlio non erano di quel
tipo. La casa era un porto di
mare, con cani, gatti e amici di
mezzo mondo che andavano e
venivano. L'auto era prima una "otteccinquanta"
poi una fiesta, entrambe molto
sfruttate, ma usate in città
solo in caso di estrema
necessità per ovvie ragioni di
traffico e parcheggio.
All'epoca, il tempo non era il
tiranno odierno e la televisione
era considerata molto noiosa dai
più. Si viveva solo nel reale
e il termine "virtuale" era
usato solo da filosofi e
matematici. Le amiche e gli
amici avevano ognuno un volto,
un sorriso, una voce, un odore e
una consistenza diversi.
Niente avatar e nickname.
Inoltre parlare era sempre
gratis e non aveva nemmeno lo
scatto alla risposta. Il
telefono era solo un rompipalle
che squillava quando si entrava
nella doccia.
Poi venne l'epoca del Biscione:
«No, stasera non esco, c'è un
film a Canale 5». E il vuoto
prese a espandersi sulle nostre
vite, riducendoci a correre di
fretta nel poco tempo rimanente.
Michael Hende ambientò la sua
favola
Momo
nella periferia di Roma, ma gli
uomini grigi non imperversavano
solo lì. Perfino la mia città
notoriamente anticonformista ne
fu invasa.
Quando nel 1993 giunsi nella
Valle Telesina, mi sembrò di
essere scampato a un incubo. Qui
ritrovai qualcosa di caro che
era andato perduto, e recuperai
le mie
ora-fiori
rubate dai ladri di tempo.
Tornai a essere padrone del mio
tempo e presi a donarne a piene
mani. Riordinai le mie storie,
scrissi racconti, piccoli
romanzi, poesie. Coltivai l'orto
e nacquero bambini, anche se non
piantai cavoli ma peperoncini
piccanti.
Poi il fumo gelido dei
ladri di
tempo invase anche la
nostra valle. Chi era del posto
già lo sapeva e mi aveva messo
in guardia: «Qui hanno
intenzione di costruire da fare
schifo... Hanno deciso che
Telese deve diventare la città
dei servizi della Valle.»
E l'acqua, le terme, la quiete?
Ruspe e gru. Gli uomini
grigi cambiano i connotati al
territorio ma anche alle
persone, al loro volto e alla
loro anima.
Poi venne Gennaro Capasso.
«Sarò il sindaco di tutti, non
solo di una parte!», l'ho
riascoltato ieri nella
registrazione del tuo comizio
del giugno 2004 a via Scafa.
Gennaro! (parlo all'essere umano
che presumibilmente sopravvive
ancora in te e ti do del tu,
come decidemmo di comune accordo
quando ci incontrammo al
supermarket) So che leggerai
questa pagina, è inutile
negarlo. E se non la leggerai
direttamente qui su Vivitelese,
qualcuno la stamperà e te la
porterà.
So che leggerai questa pagina
e suppongo che non mi
risponderai. Come sempre.
«Sarò il sindaco di tutti, non
solo di una parte!»
Ma che dici?? se non sei il
sindaco nemmeno di te stesso!!
Fermati un attimo a riflettere.
Ti ricordi dello stupore di
quando eri bambino, del mondo
ancora tutto da scoprire, della
vita piena di sorprese, e ogni
giorno sembrava durare
un'eternità, coi ginocchi
sbucciati, le scarpe infangate?
E poi l'avventura della
crescita, i baffetti sotto al
naso... l'esplosione di
ormoni... le ragazze, una
diversa dall'altra... profumate
di mandorla, basilico, miele,
caramella rossana. E poi gli
amici, la squadra di basket, la
lealtà.
Oggi che fine ha fatto tutto
ciò? Con che cosa di più
prezioso l'hai barattato? Sei
sicuro che ne sia valsa la pena?
Chi ti conosceva già da prima,
ancora non si capacita. Molti
hanno creduto in te e ti hanno
votato, contando su di te, sperando che
avresti imboccato il
primo svincolo per uscire dalla
strada disastrosa intrapresa dal
tuo predecessore.
Invece nulla è cambiato
e si va rapidamente verso il
baratro.
Io oggi vedo l'infelicità
dilagare.
La leggo perfino negli occhi dei
passanti, nella fretta degli
automobilisti, nella
rassegnazione di vecchi.
Telese è diventato un paese coi
nervi a fior di pelle. E ne ha
tutte le ragioni. Allo sconforto
derivante dalla brutale
speculazione edilizia in atto e
dalle deturpanti opere di
restyling cui è stato
sottoposto, c'è da aggiungere la
preoccupazione per l'indice di
teppismo, violenza e criminalità
in crescita esponenziale.
Ancora non capisco se hai
dato il tuo avallo alla
devastazione di
Telese confondendola con
un'ipotetica crescita economica
e sociale, o l'hai fatto solo
per pilatismo cronico.
La sola cosa certa è che nel
2009 l'unica cartolina
bellissima di Telese potrebbe
essere la foto della gente che
festeggia l'auspicabile
sconfitta elettorale della tua
coalizione.
Concludo dedicandoti una
notissima poesia di Konstantinos
Kavafis.
E se non puoi la vita che
desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non
sciuparla
nel troppo commercio con la
gente
con troppe parole in un viavai
frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole
estranea.
Fulvio Del Deo
|