La
mancanza di democrazia a Sud è una questione
annosa di cui si sono occupati fior di politici,
storici, antroplogi, sociologi e filosofi. Un
libro, oramai introvabile di Edward C. Banfield esprimeva
molto bene quello che l'ethos delle società
meridionali:" Il familismo amorale un concetto
sociologico sviluppato nel suo libro Moral Basis
of a Backward Society (Le basi morali di una
società arretrata) .
Descrive la tendenza tipica della cultura
meridionale e mediterranea, secondo la quale gli
individui di una comunità appartenente a tale
cultura cercano di massimizzare solamente i
vantaggi materiali e immediati del proprio
nucleo familiare, supponendo che tutti gli altri
si comportino allo stesso modo.Banfield nei suoi
studi, eseguiti sul campo, parla di una piccola
cittadina del Sud Italia che chiama
convenzionalmente “Montegrano", il familismo è
"amorale" perché manca di morale pubblica, nel
senso che i princípi di bene e di male rimangono
e vengono applicati soltanto e unicamente nei
rapporti familiari.
L'amoralità non è quindi relativa ai
comportamenti interni alla famiglia, ma
all'assenza di ethos comunitario, all'assenza di
relazioni sociali morali tra famiglie, tra
individui all'esterno della famiglia. Secondo
questa prospettiva quindi, ogni tentativo e
iniziativa riguardante l’investimento di risorse
ed energie in beni collettivi da realizzarsi
tramite uno sforzo organizzativo comune e
spontaneo, sono fuori dall’orizzonte delle
possibilità."
Ai tempi in cui studiavo all'univesità la
lettura di Banfield fu per me come la mela che
cadde in testa a Newton ma più tardi in un
libro, comprato su una bancarella, trovai
un'altra grande illuminazione: Montanelli/Cervi
"Milano ventesimo secolo", si sosteneva che a
far grande Milano era stata la classe operaia
che dagli anni sessanta in poi aveva avuto la
capacità rivoluzionaria di trasformare
ed erodere lo strapotere della borghesia allo
stesso modo di quanto questa era stata
capace, antagonista e rivoluzionaria rispetto
all'aristocrazia.
Processi che il Sud non ha mai vissuto dove la
gente è stata sempre plebe e mai popolo, dove
l'industrializzazione, la classe operaia con la
sua "coscienza di classe", la lotta per la
liberazione, il dopoguerra, la democrazia, non
l'abbiamo visti neanche con il cannocchiale,
dove "gli italiani non si sono mai fatti" perchè
non c'è mai sata l'Italia, ci sono state e ci
sono le mafie, le camorre di destra e di
sinistra, dove si è perpetrato il sistema
feudale, del resto il Sud e la provincia di
Benevento in particolare furono a favore
nettamente della monarchia al referendum
convinti com'erano di non essere capaci di
andare avanti con le proprie gambe, del resto
Mussolini amava dire "il segreto del mio
successo è che gli italiani sono un popolo di
servi ed hanno bisogno di un capo" ed ancora lo
cerchiamo affannosamente un capo, a scuola, in
ufficio ed altrove dove istituiamo gerarchie
rassicuranti, sempre verticali e mai
orizzontali, anche quando non ce n'è bisogno.
E in tutto questo ci siamo noi, pensate davvero
che i nostri amministratori siano dei cattivi
governanti per mala volontà, per interesse o
addirittura per mal'affare; vi sbagliate di
grosso sono solo degli incapaci che galleggiano
su un mare di merda solo perchè hanno un peso
specifico inferiore agli altri, infatti il loro
cervello deve essere più o meno grosso come
quello di una gallina ma galleggiano perchè
sotto c'è un mare maleodorante di persone
altrimenti responsabili.
Galleggiano su un liquame vischioso
fatto di persone informi che come i Kapò dei
lager diventano caini quando mettono "una
maschera", servi della gleba senza "nè arte e nè
parte", miracolati che se avessero dovuto fare
da soli sarebbero a pulire i cessi di qualche
stazione, preoccupati, sempre e comunque però,
di coprire continuamente le proprie vergogne
perchè sanno che in fondo: il re è nudo.
Prendiamoci la consolazione (e non è poca
cosa) di poterli guardare come si guardano i
vermi venir fuori dalla carne putrida e non
aspettatevi che dalle rape si possa cavar
sangue.
Gino Di Vico
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