Don Chisciotte De la Mancia
(I SOLITI IGNOTI)
Sarà che mi sono uscite delle strane pustole
rosse, o ci fosse stata una pandemia di tifo
petecchiale, e non ne abbiamo avuto contezza,
comunque ad ogni buon ravvedimento
dell’organismo corrisponde la cura giusta.
Sarà forse che non ho ancora preso la tessera
annonaria o sanitaria, che garantisce ragioni di
sussistenza o percorsi virtuosi di
vettovagliamento nella ricerca della banda
cromatica e forse delle fetecchie. Probabilmente
mio papà insieme a mia madre, desideravano
un’altra malattia per me!!!
Ma
per fortuna a salvare capra e cavoli ci sono le
liste civiche, visto che altrimenti non si può
fare, proprio perché e’ diventato lapalissiano
che anche a livello nazionale, il partito e’
partito ” insieme” forse, si e’ dipartito nel
frattempo o in realtà non c’è ”mai stato”, ma
che dovesse convergere su quello che e’
”sembrata” (una opposizione condivisa), ma che
non e’ stata, in verità mi sembra di non aver
mai chiesto di cambiare fede religiosa, o di non
averla, diventare un talebano o un associato dei
disobbedienti, a noi, hanno insegnato ad andare
d’accordo, non a voler essere protagonista o
prepotentemente alternativo a quello che ci
capita a fianco, chiedo scusa, ma io ho
appoggiato una (LISTA CIVICA), per il progresso
del mio paese di nascita, Telese, perché ci
fossero più regole (condivise), ci fossero pari
opportunità, oltre che di crescita sociale,
culturale, ed economica, per i miei
concittadini, non per fare, lo sparring partner,
di questo o quel pseudo politico di mestiere.
Comunque, ringrazio, chi cerca di fare qualcosa
di positivo ,’’forse’’, per i propri
concittadini.
Pur rimanendo col dubbio da buon cristiano
(incostante), che non serve una tessera di
partito per fare cose utili e produttive per
tutti. Ma oggi viviamo in paesi con economia di
mercato, l’Europa e’diventata a ventisette , ed
a me le scarpe rotte a…….scusate rosse mi vanno
strette, e come a me, così a tanti altri, uno
pseudosocialismo a convenienza lascia
quantomeno perplessi, ma una finta sensibilità e
coscienza civile anche di più, direi sconfitti.
Comunque, voglio ribadire, che è mia opinione,
che le buone idee non hanno ancora scelto le
loro bande cromatiche, derivano tutte dalla
stessa, scegliete voi quale. Tuttavia forse
e’proprio per questo che è più facile
distruggere che costruire, perché non sono le
idee sbagliate ma come le si realizzano.
Allora e’ un problema di coscienza pensare ai
viali dell’800 che nelle maggiori città Europee
erano indispensabili, innanzitutto per risanare
igienicamente le situazioni di degrado sanitario
esistenti, ma soprattutto per adeguarle al
trasporto moderno su carrozza o in seguito su
ferro, dopo l’avvento della locomotrice Bayard,
per trasporto passeggeri da non confondere con
qualche noto attributo culinario da macelleria,
visto che oggi come oggi e’ difficile
confondere gli uomini, come nei bui delle
luminarie dell’ottocento.
Ma
a parte questo vorrei sapere e insieme vorrei
accertarmi sul significato del viale
dell’ottocento, cioè un percorso che va da
campanile a campanile per scarrozzare comprese
quelle catalizzate, un po’ di aria fritta, per i
cittadini ma forse, visto che si parla
dell’ottocento si tratta della commissione pel
risanamento……..dell’asfalto, tuttavia
apprezzabile per disegno della pavimentazione o
forse sarà frutto non fritto, di una strana
voglia di PIAZZA ALLUNGATA, che mi sembra
piuttosto un PARCHEGGIO ALLUNGATO, come una
coazione a ripetere termale per convergenza
pedonale, ma soprattutto carrabile?
Ma
diciamo che il concetto progettuale ma
soprattutto il disegno esecutivo non si e’
ancora capito qual è, beata ignoranza anzi ho
l’impressione, non voglio dire la certezza che
non ci sia proprio, non penso che l’autore
progettista abbia voluto cominciare la quarta
crociata, contro gli infedeli….parcheggiatori,
pensando che possedessero in parecchi il tre
ruote 50, anche perché non si ricorda a memoria
d’uomo un’ bisogno smodato di mobilità da
marciapiede superiore a due metri circa,ma
volendo, comunque considerarlo inferiore, o a
semiasse variabile, tranne per il cavallo, i
motorini, le biciclette e il mio ciuccio, non se
ne ravvede la ragione, ma, bando alle
chiacchiere semiserie, o mi perdoneranno un po’
ironiche.
E’
mia opinione, acquisita da illustri urbanisti e
storici dell’urbanistica che l’immagine
ambientale, funziona essenzialmente, per effetto
indotto dalla necessità della chiarezza della
struttura dinamica dei luoghi, determinata da
uno scopo, che in questo caso non si è capito,
e insieme il timore di non sapere dove si e’ in
un organismo in cui e’prevista una mobilità,
tutto ciò dipende dalla necessità, di
orientarsi nel suo ambiente. In altre parole la
mobilità, presuppone una immagine strutturata
dell’ambiente e fino a qua’ ci siamo, nel viale
si capisce, che bisogna procedere verso le
terme.
Quello che non mi riesce di capire e’ come in un
ambiente strutturato con il livello percettivo
che ne consegue ci si possa basare almeno per
adesso insieme alle relazioni di carattere
topologico e geometrico e alla presa di possesso
del percettore del paesaggio,ambiente
urbano,edifici, cose fisiche e arredo urbano
semplicemente sui disegni della pavimentazione e
sui lampioni suppongo della Neri,non voglio dire
dei dissuasori, che più che altro dissuadono i
passanti dal rimanere nel viale,per non dire del
fin troppo blaterato giardino nel viale del
futuro,del quale non se ne ravvede nemmeno
l’ombra, cioè quello che era o che doveva avere
un senso di apertura e valorizzazione dei
luoghi, ad oggi ha solo un senso di chiusura.
Inoltre la successione degli elementi nei
rapporti di vicinanza tra i protagonisti
dell’ambiente urbano,che sono le prime relazioni
che si formano, quelle presenti, non considerano
per l’appunto, un ambiente, per adesso
gerarchizzato o strutturato, ma solo un
percorso, da campanile a campanile e in questo
mi ritrovo con il concetto dei viali
dell’ottocento, che erano assai giù
carrozzabili, che pedonali; ma viene da
chiedersi a parte la capacità compressibile dei
materiali, con tremila sollecitazioni
giornaliere, (ma questo e’ un problema di
manutenzione). C’è modo di riconoscere l’entrata
o la porta di questo viale del futuro che di
futuro per adesso non ha quasi nulla, ma bada
soprattutto al presente che e’ tutt’altro che
pedonale?
Ma
se si riconosce il percorso,se e’ vero che
l’ambiente riconoscibile e’ innanzitutto per
essere percorso, vi domando?, Per voi, e’ pur
vero che l’ambiente urbano va vissuto non come
un passaggio disturbato e inquinato dalle
automobili, ma come un valore urbano con una sua
interfaccia, un suo ambiente, luoghi, arredi e
occasioni per vivere, tranquillo e sereno, ed
eventualmente per socializzare, anzi,
rammento, che i luoghi pubblici per gli
antichi, erano fatti anche per gli affari?
Quindi, se non c’e’ una interfaccia, la si crea,
ma poi, la meta secondo voi, puo’ essere solo
la voglia di muro delle terme? Ma non bisogna
porre il carro davanti ai buoi o gridare al
lupo al lupo, permaniamo garantisti di un futuro
del viale o se volete di un viale del futuro,
noi che siamo memori di quello del passato,
sperando che lo spazio esistenziale, sia uno
spazio fruibile, che oltrepassa i muri del
proprio nucleo abitativo, uno spazio per vivere,
non per passare immemori, per proteggere la
buona crescita dei nostri figli e di chi ne
concepisce la sua presenza personale nel viale.
Crescita morale, materiale, percettiva e dunque
sociale. Il fruitore ci deve abitare, perché vi
deve coltivare la propria esistenza. Non fare
l’ignavo di un percorso ripetitivo dietro una
bandierina.
P.S.( Opinio mea aperire)
Manifestare liberamente la propria opinione
Arch. D’Onofrio Giuseppe.
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