19 aprile 2007
Telese, i soliti ignoti
Giuseppe D'Onofrio

 

 

 

 

Don  Chisciotte De la Mancia

(I  SOLITI IGNOTI)

 

Sarà che mi sono uscite  delle strane pustole rosse, o ci fosse stata una pandemia di tifo petecchiale, e non ne abbiamo avuto contezza, comunque  ad ogni buon ravvedimento dell’organismo corrisponde la cura  giusta.  Sarà forse che non ho ancora preso la tessera annonaria o sanitaria, che garantisce ragioni di sussistenza o percorsi virtuosi di vettovagliamento nella ricerca della banda cromatica e forse delle fetecchie. Probabilmente mio papà insieme a mia madre, desideravano un’altra malattia per me!!!

 

Ma per fortuna a salvare capra e cavoli ci sono le liste civiche, visto che altrimenti non si può fare, proprio perché e’ diventato lapalissiano che anche a livello nazionale,  il partito e’ partito ” insieme”  forse, si e’ dipartito nel frattempo o in realtà non c’è ”mai stato”, ma che dovesse convergere su quello che e’ ”sembrata” (una opposizione condivisa), ma che non e’ stata, in verità mi sembra di non aver mai chiesto di cambiare fede religiosa, o di non averla, diventare un talebano o un associato dei disobbedienti, a noi, hanno insegnato ad andare d’accordo, non a voler essere protagonista o prepotentemente alternativo a quello che ci capita a fianco, chiedo scusa, ma io ho appoggiato una (LISTA CIVICA), per il  progresso del mio paese di nascita, Telese, perché ci fossero più regole (condivise), ci fossero pari opportunità, oltre che di crescita sociale, culturale, ed economica, per i miei concittadini, non per fare, lo sparring partner, di questo o quel pseudo politico di  mestiere.  Comunque, ringrazio, chi cerca di fare qualcosa di positivo ,’’forse’’, per i propri concittadini.

 

Pur rimanendo col dubbio da buon cristiano (incostante), che non serve una tessera di partito per fare cose utili e produttive per tutti. Ma oggi viviamo in paesi con economia di mercato, l’Europa e’diventata a ventisette , ed a me le scarpe rotte  a…….scusate rosse mi vanno strette, e come a me, così a tanti altri, uno pseudosocialismo a convenienza lascia  quantomeno perplessi, ma una finta sensibilità e coscienza civile anche di più, direi sconfitti.  Comunque, voglio ribadire, che è mia opinione, che le buone idee non hanno ancora scelto le loro bande cromatiche, derivano tutte dalla stessa, scegliete voi quale.  Tuttavia  forse e’proprio  per questo che è più facile  distruggere che costruire, perché non sono le idee sbagliate ma come le si realizzano.

 

Allora e’ un problema di coscienza pensare ai viali dell’800 che nelle maggiori città Europee erano indispensabili, innanzitutto per risanare igienicamente le situazioni di degrado sanitario esistenti, ma soprattutto per adeguarle al trasporto moderno su carrozza o in seguito su ferro, dopo l’avvento della locomotrice Bayard, per trasporto passeggeri da non confondere con qualche noto attributo culinario da macelleria, visto che oggi come oggi  e’ difficile confondere gli uomini, come nei bui delle luminarie dell’ottocento.

 

Ma a parte questo vorrei sapere e insieme vorrei accertarmi sul  significato  del  viale dell’ottocento, cioè un percorso che va da  campanile a  campanile per scarrozzare comprese quelle catalizzate, un po’ di aria fritta, per i cittadini ma forse, visto che si parla dell’ottocento si tratta della commissione pel risanamento……..dell’asfalto, tuttavia apprezzabile per disegno della pavimentazione o forse sarà frutto non fritto, di una strana voglia  di  PIAZZA ALLUNGATA, che mi sembra piuttosto un PARCHEGGIO ALLUNGATO, come una coazione a ripetere termale per convergenza pedonale, ma soprattutto carrabile?

 

Ma diciamo che il concetto progettuale ma soprattutto il disegno esecutivo non si e’ ancora capito qual è, beata ignoranza anzi ho l’impressione, non voglio dire la certezza che non ci sia proprio, non penso che l’autore progettista abbia voluto cominciare la quarta crociata, contro gli infedeli….parcheggiatori, pensando che possedessero in parecchi il tre ruote 50, anche perché non si ricorda a memoria d’uomo un’ bisogno smodato di mobilità da marciapiede superiore a due metri circa,ma volendo, comunque considerarlo inferiore, o a semiasse variabile, tranne per il cavallo, i motorini, le biciclette e il mio ciuccio, non se ne ravvede la ragione, ma, bando alle chiacchiere semiserie, o mi perdoneranno un po’ ironiche.

 

E’ mia opinione, acquisita da illustri urbanisti e storici dell’urbanistica che l’immagine ambientale, funziona essenzialmente, per effetto indotto dalla necessità della chiarezza  della struttura  dinamica dei luoghi, determinata da  uno  scopo, che in questo caso non si è capito, e insieme il timore di non sapere dove si e’ in un organismo in cui e’prevista una mobilità, tutto ciò dipende dalla necessità, di  orientarsi nel suo  ambiente. In altre parole la mobilità, presuppone una immagine strutturata dell’ambiente e fino a qua’ ci siamo, nel viale si capisce, che bisogna procedere verso le terme.

 

Quello che non mi riesce di capire e’ come in un ambiente strutturato con il livello percettivo che ne consegue ci si possa basare almeno per adesso insieme alle relazioni di carattere topologico e geometrico e alla presa di possesso del percettore del paesaggio,ambiente urbano,edifici, cose fisiche e arredo urbano semplicemente sui disegni della pavimentazione e sui lampioni suppongo della Neri,non voglio dire dei dissuasori, che più che altro dissuadono i passanti dal rimanere nel viale,per non dire del fin troppo blaterato giardino nel viale del futuro,del quale non se ne ravvede nemmeno l’ombra, cioè quello che era o che doveva avere un senso di apertura e valorizzazione dei luoghi, ad oggi ha solo un senso di chiusura.

 

Inoltre la successione degli elementi nei rapporti di vicinanza tra i protagonisti dell’ambiente urbano,che sono le prime relazioni che si formano, quelle presenti, non considerano per l’appunto, un ambiente, per adesso gerarchizzato o strutturato, ma solo un percorso, da campanile a campanile e in questo mi ritrovo con il concetto dei viali dell’ottocento, che erano assai giù carrozzabili, che pedonali; ma viene da chiedersi a parte la capacità compressibile dei materiali, con tremila sollecitazioni giornaliere, (ma questo e’ un problema di manutenzione). C’è modo di riconoscere l’entrata o la porta di questo viale del futuro che di futuro  per adesso non ha quasi nulla, ma bada soprattutto al presente che e’ tutt’altro che pedonale?

 

Ma se si riconosce il percorso,se e’ vero che l’ambiente riconoscibile e’ innanzitutto per essere percorso, vi domando?, Per voi, e’ pur vero che l’ambiente urbano va vissuto non come un passaggio disturbato e inquinato dalle automobili, ma come un valore urbano con una sua interfaccia, un suo ambiente, luoghi, arredi e occasioni per vivere, tranquillo e sereno, ed eventualmente  per  socializzare, anzi, rammento, che i luoghi pubblici  per gli antichi, erano fatti anche per gli affari?

 

Quindi, se non c’e’ una interfaccia, la si crea, ma  poi, la meta secondo voi, puo’ essere solo la voglia di muro delle terme? Ma non bisogna porre il carro davanti ai buoi  o gridare al lupo al lupo, permaniamo garantisti di un futuro del viale o se volete di un viale del futuro, noi che siamo memori di quello del passato, sperando che lo spazio esistenziale, sia uno spazio fruibile, che oltrepassa i muri del proprio nucleo abitativo, uno spazio per vivere, non per passare immemori, per proteggere la buona crescita dei nostri figli e di chi ne concepisce la sua presenza personale nel viale. Crescita morale, materiale, percettiva e dunque sociale. Il fruitore ci deve abitare, perché vi deve coltivare la propria esistenza. Non fare l’ignavo di un  percorso  ripetitivo dietro una bandierina.

 

P.S.( Opinio mea aperire)

Manifestare liberamente la propria opinione

Arch. D’Onofrio Giuseppe.

 

 

     

 Valle Telesina


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