intervento riferito a: Telese, signor Preside προτιμώ το rock

 

 

10 marzo 2007
Telese, lettera da Liverini a Del Deo
Alessandro Liverini

 

 

PASSE-PARTOUT

 

Gentile signor Del Deo,

leggo sempre con attenzione le sue righe e, spesso, riesco ad apprezzarne la laconicità e l’ironia.

Esse rappresentano –per me- la risposta più efficace alle offensive propagandistiche del potere istituzionale.

 Il tempo presente oscilla tra la prigionia catalettica della volgarità mediatica e la ostentazione della superficialità e della mediocrità dell’individuo (in una viziosa competizione al ribasso che induce a ritenere più attraente, chi più dimostra di non valere). Per questo motivo reputo assai lodevole l’impegno pubblico del singolo cittadino (sia esso politico, sociale, sportivo, giornalistico,ecc.). Esso interrompe l’ordinato e sonnolento fluire di quella “modernità liquida” ove ristagnano l’anonimia e la solitudine, la paura del confronto, la diseducazione all’altruismo, l’imbarazzo puerile dinanzi alle diversità.

Telese non può ritenersi “isola felice”, non può rilassarsi nel pensare al Mondo e alla realtà quotidiana come qualcosa di remoto, irrilevante, intangibile (esattamente quella sensazione di distacco alla quale l’immagine televisiva ci ha abituati). Credo che Telese –chiaramente parlo dei suoi cittadini, non dell’insegna stradale che ci saluta al nostro ingresso- abbia oltre che il dovere morale, anche la necessità di emergere, di scoprire il gusto discreto della parola (attraverso le mille forme della sua veicolazione; a tal proposito, penso all’importante e nobile lavoro di “Vivitelese”), di immaginare e costruire spazi reali di confronto, che non siano le –pur giuste ed apprezzabili- ricorrenze istituzionali.

In questo percorso credo che la scuola e –più in particolare- gli studenti debbano avanzare da protagonisti instancabili: gli orizzonti di ricerca sono davvero tanti. Non credo che gli scontri generazionali, la millenaria tenzone allievo/maestro, debbano essere banditi dalla realtà. Se tutto fosse quieto, tutto già acquisito, la monotonia dell’accadere ripetitivo impedirebbe all’intelletto di crescere, all’amore di dispiegarsi, imprevisto. Dunque, cari studenti, cari presidi, cari professori…proseguite –arrabbiati!- nella discussione: nefasto sarebbe il silenzio.

Non ho consigli da recare, né complimenti da porgere agli studenti: hanno dimostrato e continuano a dimostrare la loro autonomia e la loro pervicacia. Ho qualcosa da dire ai professori (che qualche anno fa ho avuto la fortuna di conoscere)e –più in generale- a tutti coloro che, ogni giorno, offrono i loro saperi, la loro esperienza di vita, la loro pazienza per costruire l’istituzione più importante che possa avere uno stato. A loro dico con affetto: non rassegnatevi all’avanzata del tempo, non rinchiudetevi nella turris eburnea dei ricordi sbiaditi, non presentate il passato come qualcosa di grandioso che non più tornerà. Altrimenti riempite la scuola di malinconia e contribuite –involontariamente e indirettamente- ad allontanare i giovani dallo studio, dal desiderio di partecipazione. Chiaramente non parlerò delle cause che inducono i docenti e gli operatori scolastici alla demotivazione (nei sarei capace assai limitatamente per essere convincente).

Tutto ciò non vuol dire, però, sostituire i contenuti tradizionali, gli exempla, i topoi , le radici culturali nostre, con i confettini deliziosi e scintillanti della produzione culturale commerciale;non vuol dire sostituire la dedizione e il sacrificio dello studio, la lucidità della riflessione, la rapidità consapevole dell’elaborazione, con il “mordi e fuggi” del nozionismo standard e preconfezionato. Benedetto Croce soleva dire, con rigore icastico, che la storia è sempre storia contemporanea. Altro è identificare il passato con il vetusto; altro è identificarlo con l’essenza stessa del presente. Platone, Socrate, Aristotele (cito loro solo per esempio), le loro idee, le loro categorie non saranno mai vecchie, mai totalmente inutilizzabili. Non condivido, caro Del Deo, il concetto che ha voluto esprimere con l’immagine della chiave vecchia che non apre i portoni moderni.

Credo che l’immensa produzione culturale del passato, ma anche le mirabili gesta degli uomini del tempo che fu –oggi, nell’era delle sfide globali- siano un indispensabile e delizioso passe-partout.

Le ragioni del rock, seppur di grande momento, le conservo per le ore di svago!

 

Con stima

                         Alessandro Liverini

 

 

 

     

 Valle Telesina


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