PASSE-PARTOUT
Gentile signor Del Deo,
leggo sempre con attenzione le sue righe e,
spesso, riesco ad apprezzarne la laconicità e
l’ironia.
Esse rappresentano –per me- la risposta più
efficace alle offensive propagandistiche del
potere istituzionale.
Il tempo presente oscilla tra la prigionia
catalettica della volgarità mediatica e la
ostentazione della superficialità e della
mediocrità dell’individuo (in una viziosa
competizione al ribasso che induce a ritenere
più attraente, chi più dimostra di non valere).
Per questo motivo reputo assai lodevole
l’impegno pubblico del singolo cittadino (sia
esso politico, sociale, sportivo,
giornalistico,ecc.). Esso interrompe l’ordinato
e sonnolento fluire di quella “modernità
liquida” ove ristagnano l’anonimia e la
solitudine, la paura del confronto, la
diseducazione all’altruismo, l’imbarazzo puerile
dinanzi alle diversità.
Telese non può ritenersi “isola felice”, non può
rilassarsi nel pensare al Mondo e alla realtà
quotidiana come qualcosa di remoto, irrilevante,
intangibile (esattamente quella sensazione di
distacco alla quale l’immagine televisiva ci ha
abituati). Credo che Telese –chiaramente parlo
dei suoi cittadini, non dell’insegna stradale
che ci saluta al nostro ingresso- abbia oltre
che il dovere morale, anche la necessità di
emergere, di scoprire il gusto discreto della
parola (attraverso le mille forme della sua
veicolazione; a tal proposito, penso
all’importante e nobile lavoro di “Vivitelese”),
di immaginare e costruire spazi reali di
confronto, che non siano le –pur giuste ed
apprezzabili- ricorrenze istituzionali.
In
questo percorso credo che la scuola e –più in
particolare- gli studenti debbano avanzare da
protagonisti instancabili: gli orizzonti di
ricerca sono davvero tanti. Non credo che gli
scontri generazionali, la millenaria tenzone
allievo/maestro, debbano essere banditi dalla
realtà. Se tutto fosse quieto, tutto già
acquisito, la monotonia dell’accadere ripetitivo
impedirebbe all’intelletto di crescere,
all’amore di dispiegarsi, imprevisto. Dunque,
cari studenti, cari presidi, cari
professori…proseguite –arrabbiati!- nella
discussione: nefasto sarebbe il silenzio.
Non ho consigli da recare, né complimenti da
porgere agli studenti: hanno dimostrato e
continuano a dimostrare la loro autonomia e la
loro pervicacia. Ho qualcosa da dire ai
professori (che qualche anno fa ho avuto la
fortuna di conoscere)e –più in generale- a tutti
coloro che, ogni giorno, offrono i loro saperi,
la loro esperienza di vita, la loro pazienza per
costruire l’istituzione più importante che possa
avere uno stato. A loro dico con affetto: non
rassegnatevi all’avanzata del tempo, non
rinchiudetevi nella turris eburnea dei
ricordi sbiaditi, non presentate il passato come
qualcosa di grandioso che non più tornerà.
Altrimenti riempite la scuola di malinconia e
contribuite –involontariamente e indirettamente-
ad allontanare i giovani dallo studio, dal
desiderio di partecipazione. Chiaramente non
parlerò delle cause che inducono i docenti e gli
operatori scolastici alla demotivazione (nei
sarei capace assai limitatamente per essere
convincente).
Tutto ciò non vuol dire, però, sostituire i
contenuti tradizionali, gli exempla, i
topoi , le radici culturali nostre, con i
confettini deliziosi e scintillanti della
produzione culturale commerciale;non vuol dire
sostituire la dedizione e il sacrificio dello
studio, la lucidità della riflessione, la
rapidità consapevole dell’elaborazione, con il
“mordi e fuggi” del nozionismo standard e
preconfezionato. Benedetto Croce soleva dire,
con rigore icastico, che la storia è sempre
storia contemporanea. Altro è identificare il
passato con il vetusto; altro è identificarlo
con l’essenza stessa del presente. Platone,
Socrate, Aristotele (cito loro solo per
esempio), le loro idee, le loro categorie non
saranno mai vecchie, mai totalmente
inutilizzabili. Non condivido, caro Del Deo, il
concetto che ha voluto esprimere con l’immagine
della chiave vecchia che non apre i portoni
moderni.
Credo che l’immensa produzione
culturale del passato, ma anche le mirabili
gesta degli uomini del tempo che fu –oggi,
nell’era delle sfide globali- siano un
indispensabile e delizioso
passe-partout.
Le
ragioni del rock, seppur di grande momento, le
conservo per le ore di svago!
Con stima
Alessandro Liverini
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