La
vicenda del polo scolastico che sul finire
dell’anno aveva alimentato polemiche e propositi
da realizzarsi, è tornata con modalità diverse e
ha contribuito ad accentuare il clima teso tra
una parte della componente studentesca e la
dirigenza. L’ultimo episodio è di martedì 27
febbraio. Prima del suono della campanella
alcuni,rappresentanti degli studenti e non,
chiedevano ai ragazzi di spostarsi nella
piazzetta antistante per discutere di
problematiche sollevate, lamentando
l’indisponibilità della dirigente a dare la
mensile assemblea d’istituto.
I
cinque minuti, in cui sarebbero dovute essere
comunicate le novità circa le fatidiche dieci
stanze nelle quali trasferire classi del liceo
per alleviare l’attuale disagio, si sono
protratti fino alla fine della prima ora. Alcuni
di essi con permessi sono entrati,altri, i più
indugianti, hanno trovato i cancelli chiusi.
Ecco allora partire la sommossa dei rifiutati,
pagine e pagine di quotidiani informatici
locali, sulle quali esprimere il proprio
dissenso. Questo sarebbe normale se alle
critiche si apponessero prove e ci si assumesse
la responsabilità di ciò che si dice. Ma su un
quotidiano è comparso qualcosa di ben più grave.
Nel numero di mercoledì 28 febbraio del Sannio,
veniva riportato un documento di un fantomatico
comitato studentesco, in cui nettamente veniva
criticato l’operato della dirigenza.
Su quest’ultima non sta a me esprimere giudizi,
ma sul comunicato sento di dire alcune cose. Un
comitato studentesco è un organo collegiale
chiamato a rappresentare le istanze e le
esigenze annesse al fine di migliorare la vita
scolastica. È tenuto quindi ad essere portavoce
degli studenti, da esso devono partire proposte,
suggerimenti, iniziative non individualistiche o
settariche. Tutto ciò non è riscontrabile nel
liceo in cui studiamo. Ma all’arbitrarietà del
documento va aggiunta l’assenza di firme che
sottoscrivessero quanto detto sopra.
Voltaire ci insegna quanto sia bello dire la
propria opinione, anche a costo della vita, in
questa situazione non solo ci si è arrogato il
diritto di parlare a nome di una comunità, ma è
venuta meno una componente necessaria in ogni
tipo di relazione, la trasparenza per non dire
l’illegalità. Ora a questi colleghi chiedo di
essere meno precipitosi, di pensarci non una ma
dieci volte prima di mettere nero su bianco,ma
soprattutto di intraprendere nella scuola una
maggiore concertazione con dirigenza e studenti,
e che comitati e gruppi siano espressione della
scuola e lo siano nella maniera più visibile e
non come rifugio di pochi, la cui esistenza è
sconosciuta ai più.
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