 |
Chi è al di là della scrivania o chi
ricopre cariche elettive è sempre più
sottoposto al vaglio del cittadino che
giustamente non gli riconosce più alcuna
supremazia speciale. D’altra parte una
magistratura sempre più attenta, e meno
arroccata nelle sale d’ermellino, ha
contribuito a smitizzare la stanza dei
bottoni, luogo simbolo del potere ma con
le pareti sempre meno blindate. |
Riappropriatosi dei propri diritti, il cittadino
pretende sempre più che i rappresentanti della
cosa pubblica – dal parlamentare all’usciere –
vivano la loro funzione come servizio e non come
privilegio di una casta.
Questo processo, partito lentamente dagli anni
’80, ci ha fatto assistere al passaggio epocale
di uno Stato che perde sempre più le sue
caratteristiche autoritative - utili solo a
penalizzare il cittadino – per passare ad una
fase di trasparenza che l’avvicina al cittadino.
Prima i diritti naufragavano nel mare misterioso
di leggi fatte da uno Stato-padrone pronto a
riaffermare la sua incondizionata supremazia.
Ora, grazie a norme innovative (es.le Bassanini,
la legge 241/90, l’autocertificazione, etc.), il
cittadino è sempre più protagonista e può
rimettere in discussione anche la consolidata
posizione di chi lo rappresenta o amministra.
Dagli anni ’90, poi, tanti italiani hanno
imparato a conoscere non solo l’esistenza ma
anche la concreta applicabilità delle sanzioni
previste per i delitti contro la P.A.(Pubblica
Amministrazione), intendendosi per tali quei
fatti, atti e comportamenti attribuibili a
pubblici ufficiali o incaricati di pubblico
servizio, che impediscono il regolare
svolgimento dell’attività
amministrativa,legislativa e giudiziaria dello
Stato,delle Regioni, dei Comuni, degli enti
pubblici,etc.
Esaminiamo i principali, con i limiti dettati
dalla necessità di essere brevi e chiari.
PECULATO
Con questa norma lo Stato si tutela contro la
condotta disonesta di quei dipendenti che si
appropriano di denaro o di beni della P.A., di
cui hanno il possesso o la disponibilità per
motivi di servizio. Per possesso deve intendersi
la possibilità di disporre del denaro o del bene
per ragioni connesse al servizio svolto.
Appropriarsi significa utilizzare il denaro o il
bene per un uso proprio, personale, diverso da
quello per il quale lo Stato lo ha destinato e
comunque diverso dai motivi per i quali se ne ha
la disponibilità. Si ha appropriazione, quindi,
quando il denaro è tenuto per sé o il bene è
portato a casa, venduto, regalato.
 |
Il reato si perfeziona nel momento in
cui avviene l’appropriazione e non è
necessario che la P.A. abbia ricevuto un
danno, perchè la consumazione del reato
è di per se stessa un danno, in quanto
segno della disonestà del suo dipendente
(reclusione da tre a 10 anni). Es. Uso
del denaro di cassa per spese proprie,
sottrazione di denaro da parte di
impiegati incaricati di riscuotere somme
di denaro per marche da bolli, ticket,
tasse, contravvenzioni, etc. |
Ipotesi più
lieve è il peculato d’uso. Il
pubblico ufficiale fa un uso temporaneo, per
motivi personali, della cosa di cui abbia il
possesso, pronto a restituirla all’ufficio
appena terminata la sua necessità. Es. uso per
fini personali del telefono d’ufficio, del
cellulare di servizio, dell’auto di servizio,
della fotocopiatrice o altri oggetti e beni
della P.A. di cui si ha la disponibilità per
motivi di servizio (reclusione da sei mesi a tre
anni).
ABUSO D’UFFICIO
Ricorre tale ipotesi quando il pubblico ufficiale
o l’incaricato di un pubblico servizio,in
violazione di norme di legge e regolamenti,
ovvero omettendo di astenersi in presenza di un
interesse proprio o di un prossimo congiunto o
negli altri casi prescritti, intenzionalmente
procura a se o ad altri un ingiusto vantaggio
patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno
ingiusto.
La norma
serve a tutelare la P.A. ed i privati da quei
comportamenti abnormi dei dipendenti e dei
rappresentanti dello Stato che, abusando del
grado e delle funzioni ricoperte, eccedono dalle
loro competenze, utilizzando il potere per fini
e motivi diversi da quelli per i quali gli è
stato conferito. Per esserci abuso è necessario
quindi aver posto in essere un atto illegittimo
(ed è tale perché contrario alla legge o perché
eccede dalle funzioni ricoperte) con la
consapevolezza di averlo posto in essere
sfruttando la propria posizione pubblica al fine
di raggiungere un vantaggio per sé o per
danneggiare ingiustamente altri (reclusione da
sei mesi a tre anni aumentati in caso di
particolare gravità). Es. licenza edilizia
concessa in deroga al piano urbanistico.
RIFIUTO ed OMISSIONE DI ATTI D’UFFICIO
La norma tende a tutelare il regolare svolgimento
dell’azione della P.A. ed a punire il dipendente
che, con scarso scrupolo, rifiuta senza
giustificazione di adempiere ad un atto del suo
ufficio, atto che andava eseguito con
tempestività per garantire esigenze di
giustizia, di sicurezza, ordine pubblico, igiene
e sanità (reclusione da sei mesi a due anni).
 |
Es. L’ufficiale di polizia giudiziaria
che, incaricato di svolgere un’indagine
dall’Autorità Giudiziaria, si rifiuti di
adempiervi rallentando l’attività
investigativa e provocando
ripercussioni dannose per l’inchiesta
penale. L’addetto alla Sala Operativa
che, ricevuta la segnalazione di
allarme, si rifiuti di inviare una
pattuglia sul posto. Il vigile sanitario
che omette di segnalare all’A.G. le
risultanze negative di una verifica
igienico sanitaria fatta in una
pasticceria. |
Di
particolare interesse, per il cittadino, è la
seconda parte dell’articolo che prevede:
“il
pubblico ufficiale o l’incaricato di un
pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla
richiesta di chi vi abbia interesse, non compie
l’atto del suo ufficio e non risponde per
esporre le ragioni del ritardo, è punito con la
reclusione fino ad un anno o con la multa fino
ad euro 1.032. Tale richiesta deve essere
redatta in forma scritta ed il termine di trenta
giorni decorre dalla ricezione della richiesta
stessa”
Si punisce
così l’inerzia del funzionario responsabile del
procedimento che, pur invitato da chi vi abbia
interesse ad emanare l’atto, omette di
adempiervi entro 30 giorni, senza fornire
giustificazioni sul ritardo. Il termine dei 30
giorni va subordinato agli altri termini
previsti dalla L.241/1990 (trasparenza e diritto
di accesso agli atti amministrativi) e dai
regolamenti delle singole amministrazioni. Nel
silenzio della legge, i termini sono quelli di
30 giorni previsti dal presente articolo.
Secondo alcune sentenze, si ha ritardo
sanzionabile anche quando il funzionario
fornisce risposte volutamente pretestuose ed
interlocutorie.
 |
MALVERSAZIONE A DANNO
DELLO STATO
E’
l’ipotesi tipica di privati che
ottengono dallo Stato finanziamenti per
realizzare opere pubbliche e invece li
dirottano per potenziare altre loro
imprese o ancora l’ipotesi di chi
presenta progetti da finanziarsi con i
Fondi Comunitari (Fondi Sociali Europei)
e poi realizza solo in parte il progetto
appropriandosi della somma risparmiata
(reclusione da sei mesi a quattro anni) |
Diversamente
dalla truffa ai danni dello Stato, in questo
caso la somma non è stata ottenuta con artifici
e raggiri, ma legittimamente, solo che è stata
poi utilizzata per fini diversi o distorti.
CONCUSSIONE
Si
ha quando con il suo comportamento il pubblico
ufficiale utilizza in maniera illegittima la
sua carica e il suo ruolo, per chiedere a terze
persone, che vengono in contatto con lui per
motivi di servizio, denaro o altre utilità -
che non gli spettano - per aderire
direttamente, o per interposta persona, alla
richiesta fatta dal privato. Il cittadino
privato deve essere indotto a ritenere che se
non paga o se non accetta la proposta, non potrà
ottenere quanto da lui richiesto (che deve
essere comunque un suo diritto). Il reato
sussiste anche quando il pubblico dipendente,
con tali forme di proposte illegittime, si
propone quale intermediario con altri colleghi,
uffici o Enti pubblici (reclusione da quattro a
dodici anni)
Es. Chiedere
somme di denaro per rilasciare autorizzazioni
amministrative, per assegnare o far assegnare
appalti, per rilasciare N.O. al pagamento di
somme dovute per stati di avanzamento di lavori
pubblici, per far ottenere finanziamenti dallo
Stato.
Sussiste il
reato anche nel caso del poliziotto che,
minacciando di arresto il cittadino che ha
commesso un reato, gli chiede denaro o altri
beni per tacitare la cosa.
CORRUZIONE La corruzione prevede diverse
ipotesi
e consiste nell’accordo tra il privato ed il
pubblico dipendente che: a) riceve,per sé o
per un terzo un compenso che non gli è dovuto
per adempiere ad un atto del proprio ufficio;
b) riceve tale compenso dopo avervi già
adempiuto; c) ancora peggio, per emettere un
atto contrario ai doveri di ufficio.
 |
E’ necessario che la
“retribuzione” ricevuta sia
proporzionata al favore fatto, essendo
evidente che non costituisce corruzione
la modesta mancia data all’usciere o i
modesti regali di cortesia, di
trascurabile entità, in uso per le
festività natalizie. Per retribuzione
deve essere intesa qualsiasi vantaggio
materiale o morale, patrimoniale o non
patrimoniale che abbia un valore per il
pubblico dipendente, sia che lo abbia
ricevuto sia che ne abbia accettato la
promessa. |
La legge
punisce il privato corruttore ed il dipendente
corrotto allo stesso modo.
Se la
corruzione è avvenuta per compiere un atto da
lui dovuto per dovere d’ufficio, l’impiegato è
punito con la reclusione da sei mesi a tre
anni. Se riceve il compenso per un atto di
ufficio da lui già compiuto, la pena è della
reclusione fino ad un anno.
Es. Il
funzionario che accetta denaro o doni di valore
per rilasciare un autorizzazione, comunque
dovuta. Il poliziotto che accetta denaro per non
elevare una contravvenzione commessa dal
camionista.
Se la
corruzione è avvenuta per omettere o ritardare
un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o
aver compiuto un atto contrario ai doveri di
ufficio, è punito con la reclusione da due a
cinque anni.
Es:Il
commissario di esami in pubblico concorso che,
in cambio di denaro o di regali di rilevante
valore economico, fa vincere un candidato non
meritevole. Il funzionario che, in cambio di
denaro o altra utilità, fa avere la pensione ad
un cittadino privo di tutti i requisiti di
legge.
RIVELAZIONE ED UTILIZZAZIONE DEL SEGRETO D’UFFICIO
 |
La legge
punisce il dipendente che rivela notizie
di ufficio a persone non autorizzate a
conoscerle, il dipendente che ne
facilita la conoscenza a terzi
(reclusione da sei mesi a tre anni) il
dipendente che divulga ed utilizza la
notizia di ufficio per conseguire un
ingiusto profitto o per danneggiare
altri tramite la divulgazione della
notizia (reclusione da due a cinque
anni) |
Notizie di
ufficio di cui è proibita la divulgazione sono
tutte quelle di cui si è venuti a conoscenza
nell’ambiente di lavoro e non assume rilevanza
le modalità con cui si sono apprese. Il divieto
di divulgazione deriva dallo statuto degli
impiegati civili dello Stato, dai contratti,
regolamenti, ordini di servizio, circolari,
altre norme di legge.
Es.
L’impiegato che comunica ad un giornalista,
perché lo pubblichi, l’avvio di un procedimento
disciplinare a carico di un collega o l’avvio di
un’inchiesta amministrativa a carico del proprio
Capo Ufficio. Il cancelliere che rivela l’avvio
di una inchiesta penale a carico di un uomo
politico per danneggiarne la credibilità in
prossimità delle elezioni. Il funzionario che
lascia in evidenza sulla scrivania le
informazioni negative su un dipendente, così da
agevolarne la lettura alla donna delle pulizie o
ad altri impiegati. Il Vice Direttore che
rivela in pubblico fatti ed atti di cui è
venuto a conoscenza anche per sminuire
l’autorevolezza del proprio Direttore, di cui
ambisce prendere il posto.
INTERESSE PRIVATO IN ATTI DI UFFICIO
Articolo abrogato dalla Legge 26.4.1990 n. 86.
|