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Diventa sempre più difficile contemperare le esigenze dei
gestori dei locali pubblici con il diritto alla quiete pubblica del rione dove i locali sono situati o, ancor peggio, con l’analogo diritto a vivere in pace di chi abita nelle immediate vicinanze
degli esercizi pubblici. |
Si pensi a zone dove sorgono pub, discoteche, bar, circoli, etc. Interessante, in materia di inquinamento acustico, l’ultima sentenza
del TAR di Bologna, la n.53 del 17
gennaio 2008, che ha trattato un argomento comune a tante situazioni locali dove bar,pub e discoteche imperano e si contrappongono a
residenti sempre più esasperati dalla musica fino a tarda ora e desiderosi solo di un po’ di silenzio nelle ore di riposo. Chissà che qualche amministratore non voglia prendere spunto per analoghi interventi.
Bologna tra l’altro è una città dove il regolamento di Polizia Urbana già prevedeva la chiusura del locale in caso di disturbo, a qualsiasi ipotesi
riconducibile e anche se non imputabile al gestore. E’ noto che il quadro notturno di questa città, specialmente in alcune vie e piazze
del centro, è diventato particolarmente critico, e le proteste e le segnalazioni di disturbo alla quiete da parte dei cittadini hanno raggiunto livelli da ordine pubblico. Nelle ore notturne alcune zone sono impraticabili
perché davanti ai bar e ai pub si crea un affollamento di gente di tutti i tipi con risse,intralci al traffico, ubriachi che disturbano i passanti o lasciano sui muri il segno del loro passaggio. La mattina a terra c’è un mare
di bottiglie e di bicchieri rotti mentre per molti clienti i servizi igienici durante la notte sono stati un optional a considerare lo stato dei muri e degli androni.

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Il Comune è intervenuto stabilendo le
fasce d’apertura dei locali dalle 5 all’1 del giorno successivo e ribadendo il divieto di asporto di alcolici,lattine e contenitori di vetro dalle 22 alle 6. E’ stata prevista una deroga
dell’orario di chiusura fino alle 3 solo se l’esercente sottoscrive un accordo con il Comune con il quale si impegna a svolgere attività di informazione e prevenzione |
sugli effetti dell’alcool anche mediante cartelli e distribuzione di materiale informativo e ad adottare misure
idonee a garantire che l’afflusso dei clienti o soci con costituisca ostacolo al passaggio dei pedoni e al traffico veicolare. L’esercente
si deve poi impegnare a vigilare affinché i clienti non consumino bevande all’esterno dei locali ed evitino comportamenti pregiudizievoli alla quiete pubblica e privata, all’igiene e alla pubblica decenza. Un ulteriore impegno
prevede l’installazione di servizi igienici aggiuntivi e l’esibizione, a richiesta, dei documenti di regolarizzazione contrattuale dei dipendenti per evitare il lavoro in nero di manodopera estemporanea.
La Confesercenti e 42 gestori di attività di
somministrazione di bibite hanno presentato ricorso al Tar per l’annullamento di tale ordinanza asserendo che il Sindaco può fissare fasce d’apertura solo in ragione delle diverse esigenze e caratteristiche delle zone in base
agli indirizzi espressi dal Consiglio comunale. Gli esercenti sostanzialmente hanno contestato al Sindaco l’emanazione di un’ordinanza che aveva esteso a tutto il territorio comunale orari e limitazioni che,a loro avviso,
poteva trovare giustificazione solo limitatamente al centro storico della città così come hanno contestato l’obbligo di sottoscrivere l’Accordo con il Comune – ove avessero voluto chiudere alle 3 – penalizzati però da tutti
gli oneri di cui abbiamo accennato.

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Il Tar, esaminate le varie posizioni, ha
ritenuto che il contemperamento delle esigenze commerciali con quelle attinenti alla salute e alla quiete pubblica è previsto in generale dall’art. 50, comma 7, del D. Lgs. 267/2000 (orario di apertura disposto dai sindaci) e dagli artt. 11 e 12 del D. Lgs 114/98 per il
commercio (orario di apertura determinato dagli esercenti in una fascia oraria massima) e discende dalla necessità che il libero svolgimento delle attività imprenditoriali (art. 41 cost.) trovi un
limite nella tutela dei diritti che sono anch’essi costituzionalmente garantiti, come appunto il diritto alla salute dei residenti nelle vicinanze dei pubblici esercizi. |
“Ne segue che l’ordinanza impugnata costituisce ordinario esercizio di tale potere”.
Che il Comune abbia fatto sottoscrivere agli esercenti che chiedevano una deroga sulla chiusura notturna dall’1 alle 3 un Accordo che li vincola a particolari adempimenti (sensibilizzazione sugli effetti dall’alcool, esibizione e conservazione di documenti
di lavoro dei dipendenti, controllo degli assembramenti, dotazione di servizi igienici supplementari) rientra non solo nell’obbligo di collaborazione degli esercenti ma anche nella necessaria compensazione tra il particolare vantaggio
accordato al privato (prolungamento di orario) e l’obbligo di collaborare alla prevenzione degli inconvenienti che ne possono derivare per l’interesse pubblico.
Gli obblighi, alla cui assunzione è subordinata la deroga all’orario di chiusura, sono pienamente attinenti ai più volte
denunciati problemi di disturbo alla quiete pubblica in ore notturne, di intralcio al passaggio pedonale e veicolare e di abbandono di rifiuti.
Il Tar ha evidenziato poi come l’ordinanza sia stata prima discussa con gli esercenti in numerosi incontri con le associazioni di categorie. D’altra
parte la sottoscrizione dell’Accordo garantisce trasparenza ed imparzialità nelle autorizzazioni rilasciate in deroga degli orari mentre il potere sindacale di revoca delle autorizzazioni trova fondamento nella L.R.14/03.
Per queste e per altre considerazioni di carattere tecnico, che è inutile riportare, il Tar ha respinto il ricorso della confesercenti e dei 42
gestori di locali pubblici della città. Va ricordato, per completezza di
informazione, che anche il codice penale, con l’art.659, punisce con l’arresto fine a tre mesi o con l’ammenda fino ad euro 309 chiunque disturba le occupazioni o il riposo delle persone “ mediante schiamazzi o rumori ovvero
abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche”. |