La
legge, che è stata fortemente voluta anche per
rimediare in parte alle conseguenze della
“Basaglia”
- la famosa legge 180 del 1978
che
chiuse i manicomi imponendo nuove vie per la
cura dei malati di mente - si applica quando non
ricorrono gli estremi per ricorrere alla
inabilitazione ed alla interdizione del
soggetto.
L’art.404 del codice civile – così come
riscritto dalla legge in esame – stabilisce che
“La persona che, per effetto di una infermità
fisica o psichica, si trova nella impossibilità
anche parziale o temporanea di provvedere ai
propri interessi, può essere assistita da un
amministratore di sostegno, nominato dal giudice
tutelare del luogo in cui questa ha la residenza
o il domicilio”.
La
legge, diversamente dall’interdizione (che è
applicabile alle persone inferme di mente
incapaci di provvedere ai propri interessi) e
dalla inabilitazione ( applicabile a persone
affette da parziale infermità di mente, a quelle
che per prodigalità sperperano il proprio
denaro, a quanti per uso di alcool o di droghe
arrecano danni a loro ed alla famiglia)
crea una
sinergia tra l’amministratore di sostegno ed il
soggetto “debole” da seguire e da curare, tra
questi e la sua famiglia - quando ne ha una -
lasciandogli
un margine di autonomia, di capacità di agire,
di fare scelte
di vita giornaliere, tanto che i poteri
conferiti all’amministratore di sostegno non
sono assoluti ma sono modulati sulle capacità di
autonomia residua del soggetto affidatogli.
La
richiesta di nomina al giudice
può
essere fatta dallo stesso interessato (anche se
minore), dal coniuge, da chi stabilmente convive
con lui, dai parenti entro il 4° grado
(es.figli, nipoti,genitori,nonni,cugini,etc.),
dagli affini entro il 2° grado, dal tutore,
curatore, dal pubblico ministero e dai
responsabili dei servizi socio-sanitari che
seguono il soggetto.
Nella
richiesta – che non comporta alcuna spesa per
chi la propone -
devono essere contenute tutte le
indicazioni possibili e utili al giudice
tutelare per inquadrare il problema e quindi la
descrizione della menomazione o della malattia,
le capacità residue, la situazione familiare,
sociale e lavorativa, la giustificazione dei
motivi per i quali si richiede l’amministratore
e, se viene proposta una persona, i motivi di
tale scelta, le esigenze dell’interessato e gli
atti per i quali si chiede la compresenza
dell’amministratore,etc. Sarà poi il giudice,
nei successivi 60 giorni che ha a disposizione
per fare il decreto di nomina, ad effettuare
altri accertamenti, sentendo l’interessato, i
parenti, i servizi socio sanitari.
La
scelta del giudice avviene in genere
scegliendo una persona tra i parenti
sopraindicati ma egli può anche, ove lo ritenga,
nominare una persona estranea alla famiglia se
ritiene che tale scelta garantisca maggiormente
gli interessi della persona da seguire.
Dopo
la nomina del suo amministratore il soggetto
“debole” conserva la capacità di compiere tutti
quegli atti della vita quotidiana e quelli che
il giudice non ha lasciato alla competenza
esclusiva dell’amministratore o alla compresenza
dell’interessato e dell’amministratore. Nel
decreto di nomina, infatti
il
giudice dovrà indicare quali sono i compiti
dell’amministratore, quali atti giuridici
possono essere compiuti solo se è presente
l’interessato e l’amministratore, quali atti
deve fare l’amministratore in sostituzione della
persona che assiste, quanti soldi al mese deve
consentirgli di spendere ove abbia una pensione,
uno stipendio o un conto corrente bancario,
quali sono gli obblighi reciproci tenendo
presente che l’amministratore
può in qualunque momento essere convocato
dal giudice o chiedere di essere da lui sentito
per prospettargli le problematiche che gli si
presentano, fermo restando l’obbligo di
presentare a fine anno una relazione e una
rendicontazione contabile delle entrate e delle
uscite.
E’
chiaro che se il soggetto ha bisogno di una
“badante” perché non ha nessuno che lo accudisce
materialmente e ci sono le condizioni
finanziarie per pagarla, l’amministratore
l’assumerà, la pagherà e a fine anno presenterà
il rendiconto al giudice.
L’incarico, inutile a dirsi, è assolutamente
gratis, perché non è prevista alcuna
retribuzione fatto salvo in casi eccezionali – a
fronte di un grosso impegno e ove le condizioni
economiche dell’interessato lo consentano – un
rimborso spese nell’ammontare stabilito dal
giudice.
L’interessato, l’amministratore di sostegno, il
pubblico ministero ed i soggetti della famiglia
già sopra indicati, se ritengono che sono venuti
meno i presupposti per la presenza
dell’amministratore di sostegno, rivolgono
istanza motivata al giudice che provvede con
decreto motivato, dopo aver assunto tutte le
informazioni e dopo aver sentito, separatamente
e/o congiuntamente, l’interessato e
l’amministratore.
Nell’esercizio del suo mandato l’amministratore
deve seguire rigorosamente non solo i compiti
affidatigli dal giudice ma anche tutta la
normativa prevista dal codice
in regime di tutela, per la parte
compatibile con questa nuova figura, che prevede
in caso di violazioni anche
l’annullamento
degli atti compiuti, su istanza dei parenti,
eredi o dello stesso interessato.
Come
abbiamo visto, quella dell’amministratore è una
figura delicatissima che protegge il soggetto
senza togliergli
parte dei suoi diritti e ciò avviene
quando ciò è assolutamente indispensabile per
evitare
che l’atto da lui compiuto possa
risultare dannoso per se stesso.
E’ una
figura che si affianca al soggetto, quasi a
prenderlo per mano per aiutarlo a camminare e a
dribblare gli ostacoli di questo nostro mondo,
sostenendolo e lasciandolo partecipe della
maggioranza delle sue decisioni,nell’ambito di
un programma concordato e condiviso, finalizzato
non solo a curare gli aspetti economici del
soggetto ma anche a salvaguardare e sviluppare
la sua personalità consentendogli una vita
quotidiana meno alienante.
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