
“ …stanare
i farabutti e gli approfittatori” . Questo il
nuovo motto di Brunetta, già fustigatore dei
fannulloni di Stato, che – con il braccio
“armato” dell’INPS - ha lanciato la nuova
campagna contro gli statali che fruiscono della
legge 104, quella che dal 1992 detta i principi
in materia di diritti, integrazione sociale e
assistenza della persona.
La nuova sfida è partita forse dalla
constatazione che nel 2007 i giorni di permesso
fruiti da questi dipendenti-familiari sono stati
4.313.388, pari al 6% di tutte le assenze nel
pubblico impiego e, benché i disabili siano ben
presenti al nord come al sud, nel meridione la
fruizione dei permessi è stata doppia rispetto
alle altre zone d’Italia.
Materia del
contendere è l’art.33 della legge 104/1992 nella
parte in cui prevede che, oltre ai genitori,
anche i parenti ed affini entro il terzo grado,
conviventi, hanno diritto a tre giorni di
permesso mensile fruibili anche in maniera
continuativa a condizione che la persona con
handicap in situazione di gravità non sia
ricoverata a tempo pieno. Altro importante
beneficio era che il familiare lavoratore, con
rapporto di lavoro pubblico o privato, che
assisteva con continuità un parente o un affine
entro il terzo grado handicappato, aveva diritto
a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro
più vicina al proprio domicilio e non poteva
essere trasferito senza il suo consenso ad altra
sede.
Da anni l’interpretazione di tali norme ha riempito gli scaffali
delle segreterie dei Tar in un infinito
contenzioso tra i dipendenti e la Pubblica
Amministrazione.
Bisogna riconoscere che sono stati rispolverati nonni, zii e
congiunti ignorati da anni, si sono modificate
fittiziamente residenze anagrafiche per istruire
pratiche finalizzate soprattutto ad ottenere
trasferimenti di sede o per restare comodamente
nella propria sede di servizio anche quando
all’avanzamento di grado e/o carriera era
correlato per tutti gli altri colleghi il
trasferimento di sede.
Brunetta ha saputo, ha sondato ed è partito contro i furbi della
legge 104.
Il disegno di legge 1167 prevede che il beneficio dei tre giorni di
permesso mensile compete qualora i genitori o il
coniuge della persona con handicap in
situazione di gravità abbiano compiuto i
sessantacinque anni di età oppure siano anche
essi affetti da patologie invalidanti o siano
deceduti o mancanti. Il predetto diritto non può
essere riconosciuto a più di un lavoratore
dipendente per l’assistenza alla stessa persona
con handicap in situazione
di gravità.
Per i trasferimenti di sede, invece, il genitore
o il familiare lavoratore, con rapporto di
lavoro pubblico o privato, che assista con
continuità un parente o un affine entro il terzo
grado handicappato ha diritto a scegliere, ove
possibile, la sede di lavoro più vicina al
domicilio della persona da assistere (prima era
al domicilio del dipendente) e non può essere
trasferito senza il suo consenso ad altra sede
Ferma restando la verifica dei presupposti per
l’accertamento della responsabilità
disciplinare, il lavoratore decade dai diritti
qualora il datore di lavoro, avvalendosi dei
competenti organi della pubblica
amministrazione, accerti l’insussistenza o il
venir meno delle condizioni richieste per la
legittima fruizione dei medesimi diritti.
Ma Brunetta sa che alla base di queste richieste
ci deve essere il riconoscimento, per il
familiare infermo, dello status di handicap in
forma di particolare gravità.
Ed allora è andato alla fonte e, probabilmente
senza nutrire una eccessiva fiducia per i medici
delle Commissioni ASL, ha inserito nel decreto
legge 26.6.2009 l’art.20, chiamandolo appunto,
senza tanti scrupoli, “Contrasto alle frodi in
materia di invalidità civile”. Con esso ha
stabilito che:
1) A decorrere dall’1.1.2010, le commissioni di
accertamento presso le Asl saranno integrate da
un medico dell’INPS quale componente effettivo;
2) L’accertamento definitivo dell’invalidità
civile e dell’handicap sarà effettuato
dall’INPS. Il decreto non ne parla ma è’ da
ritenere che dopo la visita alla ASL bisognerà
essere risottoposti ad una nuova visita davanti
ad una Commissione Medica INPS;
3) Spetterà alla commissione Inps il compito di
accertare la permanenza dei requisiti sanitari
nei confronti dei soggetti riconosciuti invalidi
civili e portatori di handicap; in caso di
comprovata insussistenza dei prescritti
requisiti sanitari, verranno revocati i
correlati benefici;
4)Dall’1.1.2010, le domande per il
riconoscimento dell’invalidità civile (sordità,
cecità, handicap e disabilità) non si
presenteranno più alle Asl ma all’Inps che le
trasmetterà per via telematica alle Asl.
All’istanza sarà allegata la certificazione
medica completa attestante l’invalidità, le cui
tabelle percentuali saranno comunque riviste (e
certamente ridotte).
Ultimo passaggio interessante è che anche nei
procedimenti giurisdizionali civili relativi a
prestazioni sanitarie previdenziali, nel caso il
giudice nomini un consulente tecnico d’ufficio,
all’indagine dovrà assistere un medico legale
dell’INPS, su richiesta, a pena di nullità, del
consulente nominato dal giudice. Il medico INPS
potrà assistere alle udienze, compiere
indagini, chiedere chiarimenti alle parti,
assumere informazioni da terzi.
Questi medici dell’INPS di certo saranno molto
rigorosi visto che se il Ministero
dell’Economia e delle Finanze da solo, o in
solido con l’INPS, viene condannato, è l’INPS
che dovrà pagare le spese legali, di consulenza
tecnica o del beneficio assistenziale (Art.20/ 5
D.L.26.6.2009).
E visto che era in vena di potenziamento dei
poteri dell’INPS, il nostro Ministro ha
previsto, con l’art.19 dello stesso decreto, che
al fine di assicurare un quadro completo delle
assenze per malattia nei settori pubblico e
privato, nonché un efficace sistema di controllo
delle stesse in tutti i casi di assenza per
malattia, la certificazione medica sarà inviata
per via telematica, direttamente dal medico o
dalla struttura sanitaria che la rilascia,
all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale
e dal predetto Istituto sarà immediatamente
inoltrata, con le medesime modalità,
all’amministrazione o al datore di lavoro
privato interessati (chissà quanto tempo
aspetterà il capo ufficio prima di sapere perché
il Sig.Fantozzi non è presente in ufficio….)
Ritornando alla 104, certo è che l’INPS dovrà di certo rivedere
alcune sue posizioni. Con la circolare n.90 del
23.5.2007, destinata a rappresentare una svolta
storica nella gestione della materia, aveva
impartito alle sedi periferiche il seguente
indirizzo :
“….. Per la concessione dei benefici in parola non ha rilevanza il
fatto che nell’ambito del nucleo familiare della
persona da assistere si trovino conviventi
familiari idonei a fornire l’aiuto necessario,
né è indispensabile che l’assistenza sia
quotidiana se sussistano i caratteri della
sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle
concrete esigenze del caso. I benefici (…)
debbono essere riconosciuti anche a quei
lavoratori che, pur risiedendo o lavorando in
luoghi anche distanti dalla persona disabile,
offrono al medesimo disabile un’assistenza
sistematica ed adeguata” . Addirittura il
requisito dell’esclusività dell’assistenza -
diceva l’INPS - è compatibile anche ove sia
presente e concomitante il ricorso alle
strutture pubbliche e addirittura al ricorso di
assistenza con personale “badante”, mentre resta
escluso solo in caso di ricovero a tempo pieno
per le intere 24 ore.
Solo qualche anno prima la stessa INPS, con circolare 128 del 2003,
aveva preso atto che sono da riconoscere come
validi i motivi di indisponibilità
all’assistenza a carico di quei parenti che
hanno in famiglia più di tre minorenni o un
bambino di età inferiore a 6 anni.
Anche la magistratura dovrà rivedere posizioni spesso consolidate.
Il Tribunale di Roma, con sentenza sez.IV Lavoro
del 6.4.2004,ad esempio, aveva ammesso che:” in
base alla normativa in materia è condizione
necessaria e sufficiente per aver diritto al
beneficio che il lavoratore richiedente sia di
fatto l'unico ad assistere il parente o affine,
essendo del tutto irrilevanti i motivi (fisici,
lavorativi o in ipotesi anche solo egoistici),
per cui altri non lo sostituiscano o lo
coadiuvino”.
Il Tar di Napoli, sez.VII, 10.5.2007 aveva ritenuto che “ la
finalità della norma non è infatti volta solo al
riavvicinamento del soggetto al nucleo
familiare, ma è diretta ad evitare che il
portatore di handicap si trovi senza assistenza
a causa della lontananza della sede di servizio
della persona che se ne occupa in modo
continuativo” ed aveva aggiunto : “ il legame
che la norma intende tutelare…. è diretto in
modo specifico verso quel soggetto su cui
ricadono il maggior sforzo e la maggiore
responsabilità nell’assistenza al portatore di
handicap tanto da potersi qualificare, solo per
tale persona, come continua ed esclusiva,
circostanza che richiede, al riguardo, una
esplicita dichiarazione e documentazione da
parte di chi aspiri al beneficio”.
Ora si cambia. Tutto azzerato, tutto da rivedere. Brunetta ordina,
l’INPS esegue, i furbi tremano.
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