Ordine pubblico, per il diritto penale, è il
regolare andamento della vita sociale, è
l’armonica e pacifica coesistenza dei cittadini
sotto la sovranità dello Stato e, in questo
senso, è sinonimo di pace pubblica. Ad esso
corrisponde nei cittadini il senso della
tranquillità e della sicurezza
(cfr. Antolisei, Manuale di diritto penale).
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L’ordine pubblico, però, è turbato
giornalmente dai reati che creano
allarme sociale e il legislatore ha
voluto attribuire particolare valenza a
quelli che lo turbano in maniera
diretta, lo menomano nella sua stessa
essenza. Uno di questi è l’associazione
a delinquere (art.416) che il codice
penale inserisce in quelli contro
l’ordine pubblico. Si configura tale
reato quando tre o più persone si
associano allo scopo di commettere più
delitti.
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E’ punito con una pena da uno a cinque anni il
solo fatto di partecipare all'associazione. Chi
promuove, costituisce o organizza l'associazione
è punito, per ciò solo, con la reclusione da tre
a sette anni.
“Promuove” è chi assume il ruolo di
iniziatore. “Costituisce” è chi concorre a
determinarne la nascita e “Organizzatore” è chi
coordina l’attività dei singoli partecipanti
dell’associazione per garantirne il
funzionamento. I “capi” sono quelli che in
posizione di superiorità, regolano tutta
l’attività. Per tutte queste figure di maggior
rilievo, come abbiamo visto, la pena passa da
tre a sette anni.
Perché via sia “associazione” non basta un
semplice “accordo” ma è necessaria una
organizzazione, sia pur minima, a carattere
stabile, finalizzata a raggiungere gli
obiettivi.
La Cassazione ha stabilito che per la
configurazione del reato occorre l’affectio
societatis scelerum, cioè la
consapevolezza del soggetto partecipante di
avere assunto un vincolo associativo criminale,
la consapevolezza di inserirsi in
un'associazione criminosa, di innestare la
propria condotta nell'assetto organizzativo del
sodalizio, al di là degli accordi particolari
relativi alla realizzazione dei singoli episodi.
Il reato si perfeziona non appena è stata
costituita l’associazione, indipendentemente dal
fatto che i reati siano poi più o meno commessi.
Ci deve essere la consapevolezza e la volontà
di entrarne a far parte allo scopo di commettere
delitti e sapendo che già ci sono almeno altre
due persone che hanno lo stesso scopo.
Elementi costitutivi del reato di associazione a
delinquere sono, quindi :
a)
la formazione e la permanenza di un
vincolo associativo continuativo tra almeno tre
persone;
b)
lo scopo di commettere una serie
indeterminata di delitti (delitti, in senso
tecnico, sono i fatti illeciti perseguibili
come reato, ad esclusione quindi dei
comportamenti contravvenzionali);
c)
la predisposizione dei mezzi occorrenti
per la realizzazione del programma
delinquenziale;
d)
la permanente consapevolezza di ciascun
associato di far parte dell’illecito sodalizio e
di essere disponibile ad operare per
l’attuazione del comune programma criminoso.
Sempre la Cassazione ha stabilito che "non è
necessaria la conoscenza reciproca di tutti gli
associati, poiché quel che conta è la
consapevolezza e volontà di partecipare, assieme
ad almeno altre due persone aventi la stessa
consapevolezza e volontà, ad una società
criminosa
strutturata”
Tra il sodalizio previsto dall’art.416 codice penale (associazione a
delinquere) e quello del 416 bis (associazione
di tipo mafioso) vi è non poca differenza. In
quella prevista dal 416 bis
l’associazione mira a realizzare scopo
eterogenei, cioè ha un programma criminale più
esteso e diversificato, ma soprattutto i suoi
componenti si avvalgono della forza di
intimidazione del vincolo associativo per il
conseguimento dei loro fini.
“…L'associazione è di tipo mafioso quando coloro
che ne fanno parte si avvalgono della forza di
intimidazione del vincolo associativo e della
condizione di assoggettamento e di omertà che ne
deriva per commettere delitti, per acquisire in
modo diretto o indiretto la gestione o comunque
il controllo di attività economiche, di
concessioni, di autorizzazioni, appalti e
servizi pubblici o per realizzare profitti o
vantaggi ingiusti per sé o per altri”
La forza di intimidazione del vincolo associativo è un elemento
strumentale e non deve essere utilizzata
necessariamente dai singoli associati né
estrinsecarsi di volta in volta in atti di
violenza fisica e morale per il raggiungimento
dei loro fini criminali. L’intimidazione, e il
consequenziale stato di assoggettamento delle
vittime, deriva dalla consapevolezza che alle
spalle del singolo appartenente c’è una
associazione criminale. Ciò che caratterizza
questo reato (416 bis c.p.), quindi, è
la condizione di assoggettamento e di omertà che
ne deriva per il comune cittadino quale
conseguenza diretta della forza intimidatrice
dell’associazione criminale che mira al
controllo del territorio.
La situazione di soggezione può insorgere nei terzi e nelle vittime
"anche soltanto dalla conoscenza della
pericolosità di tale sodalizio" (Cass. Sez. I
sent. n. 3223 del 1992).
La partecipazione ad associazione mafiosa è punita con la reclusione
da 7 A 12 anni che passano da 9 a 14 anni per
chi la promuove, dirige o organizza.
Per la rilevante pericolosità sociale, i
detenuti per l’art.416 bis codice penale
sono esclusi da quasi tutti i benefici previsti
dall’ordinamento penitenziario (art.4 bis
L.26.7.1975 n.354), vivono in carceri con
sezioni detentive autonome definite di “Alta
Sicurezza” e molti di loro sono destinatari del
“regime carcerario duro” previsto dal famoso
art.41 bis.
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