Intervento riferito a: Ezio Esposito, soliloquio dopo l'operazione Telesia

 

 

2 novembre 2009
LEX, Appunti sull’ Associazione a delinquere
Aldo Maturo

 

 

 

 

Ordine pubblico, per il diritto penale, è il regolare andamento della vita sociale, è l’armonica e pacifica coesistenza dei cittadini sotto la sovranità dello Stato e, in questo senso, è sinonimo di pace pubblica. Ad esso corrisponde nei cittadini il senso della tranquillità e della sicurezza (cfr. Antolisei, Manuale di diritto penale).

 

L’ordine pubblico, però, è turbato giornalmente dai reati che creano allarme sociale e il legislatore ha voluto attribuire particolare valenza a quelli che lo turbano in maniera diretta,  lo menomano nella sua stessa essenza. Uno di questi è l’associazione a  delinquere (art.416)  che il codice penale inserisce in quelli contro l’ordine pubblico. Si configura tale reato quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti.  

E’ punito con una pena da uno a cinque anni  il solo fatto di partecipare all'associazione. Chi promuove, costituisce o organizza l'associazione è punito, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni.

 “Promuove” è chi assume il ruolo di iniziatore.  “Costituisce” è chi concorre a determinarne la nascita e  “Organizzatore” è chi coordina l’attività dei singoli partecipanti dell’associazione per garantirne il funzionamento. I “capi” sono quelli che in posizione di superiorità, regolano tutta l’attività. Per tutte queste figure di maggior rilievo, come abbiamo visto, la pena passa da tre a sette anni.
Perché via sia “associazione” non basta un semplice “accordo” ma è necessaria una organizzazione, sia pur minima, a carattere stabile, finalizzata a raggiungere gli obiettivi.

La Cassazione ha stabilito che per la configurazione del reato  occorre l’affectio societatis scelerum, cioè la consapevolezza del soggetto partecipante di avere assunto un vincolo associativo criminale, la consapevolezza  di inserirsi in un'associazione criminosa, di innestare la propria condotta nell'assetto organizzativo del sodalizio, al di là degli accordi particolari relativi alla realizzazione dei singoli episodi.

Il reato si perfeziona non appena è stata  costituita l’associazione, indipendentemente dal fatto che i reati siano poi più o meno commessi. Ci deve essere la consapevolezza  e la volontà di entrarne a far parte allo scopo di commettere delitti e sapendo che già ci sono almeno altre due persone che hanno lo stesso scopo.

Elementi costitutivi del reato di associazione a delinquere sono, quindi :

a)    la formazione e la permanenza di un vincolo associativo continuativo tra almeno tre persone;

b)    lo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti (delitti, in senso tecnico, sono i fatti illeciti  perseguibili come reato, ad esclusione quindi dei comportamenti contravvenzionali);

c)     la predisposizione  dei mezzi occorrenti per la realizzazione del programma delinquenziale;

d)     la permanente consapevolezza di ciascun associato di far parte dell’illecito sodalizio e di essere disponibile ad operare per l’attuazione del comune programma criminoso.

Sempre la Cassazione ha stabilito che "non è necessaria la conoscenza reciproca di tutti gli associati, poiché quel che conta è la consapevolezza e volontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad una società criminosa strutturata”                                                                                                      

Tra il sodalizio previsto dall’art.416 codice penale (associazione a delinquere) e quello del 416 bis (associazione di tipo mafioso) vi è non poca differenza. In quella prevista dal 416 bis l’associazione mira a realizzare scopo  eterogenei, cioè ha un programma criminale più esteso e diversificato, ma soprattutto i suoi componenti si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo per il conseguimento dei loro fini.

“…L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri”

La forza di intimidazione del vincolo associativo è un elemento strumentale e non deve essere utilizzata necessariamente dai singoli associati né estrinsecarsi di volta in volta in atti di violenza fisica e morale per il raggiungimento dei loro fini criminali. L’intimidazione, e il consequenziale stato di assoggettamento delle vittime, deriva dalla consapevolezza che alle spalle del singolo appartenente c’è una associazione criminale. Ciò che caratterizza questo reato (416 bis c.p.), quindi,  è la condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per il comune cittadino quale conseguenza diretta della forza intimidatrice dell’associazione criminale che mira al controllo del territorio.

La situazione di soggezione può insorgere nei terzi e nelle vittime "anche soltanto dalla conoscenza della pericolosità di tale sodalizio" (Cass. Sez. I sent. n. 3223 del 1992).

La partecipazione ad associazione mafiosa è punita con la reclusione da 7 A 12 anni che passano da 9 a 14 anni per chi la promuove, dirige o organizza.

Per la rilevante pericolosità sociale, i detenuti per l’art.416 bis codice penale sono esclusi da quasi tutti i benefici previsti dall’ordinamento penitenziario (art.4 bis L.26.7.1975 n.354), vivono in carceri con sezioni detentive autonome definite di “Alta Sicurezza” e molti di loro sono destinatari del “regime carcerario duro” previsto dal famoso art.41 bis.

 

     

  LEX di Aldo Maturo