Guardia Sanframondi
UNA QUESTIONE POLITICA DI FONDO
L’azione della Amministrazione è pigra. Non sono ancora risolti in maniera definitiva gli assetti politici e ancor meno le metodologie che dovrebbero caratterizzarne lo svolgersi.
Un vizio di origine è costituito dall’artificiale smembramento
delle deleghe che nella ricomposizione scontano una evidente disomogeneità, generando una sovrapposizione che non consente di delimitare, sia pure all’ingrosso, il campo di lavoro di ciascun assessore. Un caso eclatante è
quello dei lavori pubblici che non esiste come delega a sé ed è spalmata su almeno quattro assessorati con conseguenze paradossali, specialmente per quel che riguarda la condotta uniforme di un insieme di procedure che si
differenziano nettamente da tutte le altre.
Sarebbe, tuttavia, superabile tale limite se si seguisse un metodo che consentisse di fissare obiettivi di breve, medio e lungo termine in piena condivisione e partecipazione. Questo è ciò che
fondamentalmente manca. Vero è che c’è un programma elettorale che dovrebbe essere unificante, ma esso è rivolto alle grandi opzioni; è, per così dire, una grande rete all’interno della quale si deve, poi, definire la pratica
amministrativa. E qui le lacune sono grandi.
Una buona pratica amministrativa dovrebbe, a parere mio, seguire una procedura lineare.
I dodici consiglieri di maggioranza rappresentano, per libera
scelta e per scelta dei cittadini, il primo livello di proposta politica. E’ all’interno dei gruppi di
maggioranza che si stabilisce, in prima approssimazione, il programma da svolgere. E’ questa una sede fondamentale perché garantisce circa la partecipazione, la condivisione e la possibilità di proposta. Un assessore che opera
in assenza di questa copertura politica, finisce fatalmente per essere delegittimato e quel che manca oggi è la legittimazione della decisione: all’interno del gruppo di maggioranza non si decide. Un assessore, perciò, può
seguire tre strade: agire, per essere sconfessato un attimo dopo, chiedere che per le sue deleghe il gruppo definisca le scelte, aspettare che le scelte vengano fatte. In mancanza di tutto questo, interviene la supplenza del
Sindaco che, certo, in tale contesto non può essere interpretata come risolutrice di un problema, quanto come certificazione della irrilevanza degli assessorati.
E per quel che riguarda la definizione di un programma, non
basterebbe certo il gruppo di maggioranza. Bisognerebbe condividerlo con molti altri soggetti: associazioni, forze sociali, cittadini, e a quando?, minoranza consiliare e tutto il bla bla che in queste circostanze si aggiunge
per fare “democratico e partecipativo”. Il fatto è che bisognerebbe farlo davvero e non a chiacchiere.
Fino ad ora si è andati avanti scontando questa supplenza su ogni problema, qualche rara volta subita dal Sindaco suo malgrado, ma quasi sempre esercitata volutamente.
Il problema è stato posto, e più volte da me, in forma ora
confidenziale,ora riservata,ora scherzosa, ora in gruppo di maggioranza, ora in gruppo politico. Alle assicurazioni sono seguite puntualmente, alle 24 ore, le decisioni solitarie. “La situazione dell’Amministrazione non è
buona” canterebbe l’Adriano.
E’ una pratica voluta oppure è perdita della memoria breve?
Raffaele Garofano |