Da
molti anni, per la rapida evoluzione della
tecnologia che ha portato ad una enorme
diffusione di elettrodomestici, telefonini,
antenne, ripetitori ecc., vi è un acceso
dibattito sui campi elettromagnetici e sul loro
impatto sulla vita quotidiana, e molti
ricercatori conducono studi per individuarne gli
effetti. Naturalmente, gli autori di questo
nuovo tipo di inquinamento tecnologico, i
gestori di telefonia mobile, sminuiscono
l’allarme sui rischi da esposizione ai campi
elettromagnetici e, con i loro miliardi,
riescono a controllare giornali e TV, e
importanti studi con i loro finanziamenti ( un
esempio per tutti, lo studio avviato dall’OMS
finanziato dall’Omnitel ), e soprattutto i
governi ( vedi il Decreto Gasparri che ha
liberalizzato l’installazione delle antenne ).
Di qui l’attacco contro l’opposizione dei
cittadini, definita inutile allarmismo e
pregiudiziale rifiuto del progresso,
dell’industria e della tecnologia. Quale
migliore garante della salute pubblica e del
controllo delle emissioni elettromagnetiche di
chi le produce?
Noi non ci fidiamo di ricercatori
finanziati da chi ha tutto l’interesse a
nascondere la nocività dei propri prodotti, e se
i ricercatori sono divisi, ci richiamiamo al
principio di precauzione. La nostra salute ci
interessa di più dei profitti delle
multinazionali, e non vogliamo ripetere
l’esperienza di altre “ evoluzioni tecnologiche
“ poi rivelatesi nocive per gli esseri umani
come l’amianto, gli elettrodotti, il DDT. La
nostra domanda è sempre la stessa:
Nel dubbio, è corretto esporre i
cittadini ad un pericolo ignoto?
E’
vero che gli interessi economici sono oggi
prevalenti e tutti si affannano a ripeterci che
nulla si può contro di essi, anche se ledono il
diritto alla salute ed alla qualità
dell’ambiente. Crediamo, però, che ci siano
leggi e procedure, regole e controlli che si
possono applicare per difendere i cittadini. Ed
il primo organo a ciò preposto è il Comune,
perché ente più vicino ai cittadini e
maggiormente a conoscenza dei problemi e delle
criticità dei territori. Dobbiamo, purtroppo,
constatare che molti comuni sono ostaggi delle
società di telefonia, che decidono persino i
siti dove collocare le loro stazioni, senza
ovviamente puntare alla minimizzazione dei
rischi ed alla precauzione, ma solo ai loro
interessi.
Con il ricatto di procedimenti penali e di
risarcimenti imposti ai comuni che ostacolano
l’installazione di antenne, le società
convincono gli amministratori che eventuali
danni biologici sono solo i soliti costi
sociali della tecnologia.
A
noi risulta che i comuni possono ricorrere anche
contro impianti da loro stessi autorizzati per
tutelare il diritto alla salute dei cittadini
proprio per l’incertezza scientifica che
suggerisce l’adozione del principio di cautela.
Ma per poterlo fare il Comune dovrebbe avere
un piano per gli impianti di telefonia
mobile, redatto a partire da un censimento delle
antenne già presenti, delle loro carenze dal
punto di vista urbanistico e sanitario, e dalla
misurazione del livello di inquinamento
elettromagnetico già presente. E dovrebbe
predisporre ed adottare un regolamento che
preveda obiettivi di qualità, come garantire,
nelle aree residenziali, in cui la popolazione
risiede, lavora o studia per più di quattro ore,
che il campo elettromagnetico rimanga il più
vicino possibile ai valori di fondo; che la
potenza degli impianti sia bassa; che le
distanze minime previste siano realmente di
sicurezza. Un modo facile per tutelare la
salute dall’inquinamento elettromagnetico è
l’utilizzo di strumenti urbanistici al fine di
allontanare la sorgente di campi magnetici dai
luoghi in cui i cittadini soggiornano, chiedendo
ai gestori di adeguarsi e di limitare le
installazioni alle zone indicate dal comune; o
perlomeno prevedere una variante al Piano
regolatore con una nuova norma tecnica per
la localizzazione delle antenne, e fissare le
distanze dalle abitazioni.
Questa la situazione a livello
nazionale. Vediamo cosa
accade a Guardia Sanframondi.
Dopo il tentativo di installazione di un
antenna sull’edificio Del Vecchio, impedita
dalla protesta dei cittadini, ecco che si scopre
che si sta lavorando nei pressi del cimitero per
localizzare l’antenna in quel luogo, su terreno,
pare, acquistato ad hoc dal Comune. Una notizia
che molti cittadini hanno appreso solo da pochi
giorni. L’amministrazione precedente aveva
promesso uno studio sull’inquinamento
elettromagnetico, una diversa localizzazione
delle antenne già presenti in luoghi non idonei,
e l’installazione di strumenti avanzati di
rilevazione dei valori di inquinamento
elettromagnetico. E’ stato fatto? Se sì, come
mai i cittadini non ne sanno nulla? Se no,
perché non si è aspettato ad autorizzare
l’installazione dell’antenna?
Il
comune di Guardia Sanframondi si è dotato di un
regolamento per gestire la localizzazione delle
antenne? O ha semplicemente seguito le richieste
della società?
E
perché le notizie ai cittadini arrivano sempre
per caso e all’ultimo momento? I residenti
dell’area non avevano il diritto di essere
informati e di avere la possibilità di esprimere
le proprie obiezioni?
Una buona amministrazione governa il territorio
per garantire il benessere dei propri cittadini
e con la loro collaborazione. Non decide nel
chiuso dei propri uffici senza nemmeno
consultarli. Visto che la nostra amministrazione
non brilla per dinamismo e attivismo, ci
meravigliamo che, per tali decisioni trovi il
tempo di agire, mentre, per la necessaria
condivisione con la cittadinanza, non trovi
neanche il tempo di indire un incontro per
informarla. A proposito, nell’interesse di chi è
necessaria quest’ennesima antenna? Degli
abitanti di Guardia o della Telecom?
Invito tutti i cittadini, soprattutto quelli
interessati dagli effetti della nuova
localizzazione, a chiedere spiegazioni ed
attivarsi per contrastare una scelta che non
consideriamo un esempio di buon governo del
territorio, volto alla tutela della salute dei
cittadini e dei loro interessi. Né può essere
una giustificazione l’introito economico a
favore del Comune, rispetto al rischio che
corrono i cittadini ed alla privazione della
loro serenità. Ed invito tutti i politici
locali, soprattutto quelli che pure esprimono
disagio per una gestione della cosa pubblica che
non condividono, di ascoltare di più le vere
esigenze della cittadinanza e di cambiare uno
stato di cose che nuoce a tutti e, soprattutto,
ad una vera democrazia partecipata.
Maria Mucci
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