21 gennaio 2009
Biomasse, Aceto risponde a Visalli
Gianluca Aceto

 

 

Egregio arch. Visalli,

ho sempre letto i suoi interventi sulla ormai famosa questione biomasse. Ero incuriosito dal tentativo di argomentare e sostenere le motivazioni a favore dell’impianto Vocem. Tentativo assolutamente legittimo, portato avanti anche in occasione di incontri pubblici.

Per la prima volta, e mi riferisco allo scritto del 23 dicembre, è apparsa chiara la motivazione di fondo di tale attivismo, fino ad allora seminascosta dietro l’apodittico velo della tecnica e dell’economia. La neutralità della scienza è un mito sufficientemente corroso da vari filoni di pensiero dell’Ottocento e del Novecento. Ridotto all’osso, il discorso è molto semplice: il progresso è il risultato della lotta tra interessi contrapposti, e, visto che l’esito di questa lotta non è mai preordinato, il cammino della storia non è mai un percorso del tutto lineare e unidirezionale. Esistono balzi, arresti, accelerazioni, rallentamenti e, finanche, inversioni di marcia.

Nella piccola storia della centrale a biomasse, caro architetto, abbiamo interessi decisamente contrapposti ed inconciliabili. I suoi sono di tipo economico e professionale, i miei sono politici, territoriali e, oggi, anche istituzionali. Entrambi legittimi, purché si dichiarino in trasparenza.

Del resto, lei che è stato così attento alle mie parole ricorderà cosa ho detto sulla convergenza di interessi tra politici e professionisti: tutta questa differenza tra gli uni e gli altri io non sempre la vedo. A partire dalla vicenda Vocem.

Nel merito, credo che l’intervento di Francesco Pascale bene evidenzi l’infondatezza dei suoi rilievi, tutti tesi a rappresentare un intero territorio, il Sannio, affetto da sindrome Nimby. È una rappresentazione farsesca e quindi ingiusta, che suona come un insulto buttato in faccia a tanta gente perbene. La informo, per fare un altro esempio, che sono decine i comuni che si sono candidati ad ospitare varie tipologie di impianti per il trattamento dei rifiuti, solo nel nostro Sannio. Ma sicuramente lei saprà anche di questo, essendo assiduo frequentatore dell’Assessorato regionale all’ambiente.

Personalmente, inoltre, mi permetto di farle notare che le mie battaglie ambientaliste le ho cominciate tanti anni fa, senza aspettare che la Vocem mi entrasse nel giardino. Sa, sono uno di quelli che (ancora) ritiene impossibile e inutile curare il proprio orticello mentre il mondo va a rotoli.

Proprio per rimanere al merito, riporto dei passi della delibera di Consiglio provinciale del 19 dicembre 2008, nella quale si contestano diversi contenuti del progetto Vocem. Ad esempio, lo studio di impatto ambientale (SIA) afferma che il sito di San Salvatore Telesino «1. è in area disponibile ad iniziative industriali anche ‘nocive’; 2. è facilmente raggiungibile da strade di rango primario; 3. è in area a bassa densità e abbastanza  lontano dai principali centri abitati della Provincia; 4. è in una zona in cui insistono attività agricole ma di medio pregio; 5. è ad una distanza da aree protette di circa 5 Km; 6. è ad una distanza sufficiente dalla aree turistiche della zona, Telese Terme, ad esempio; 7. ha buone caratteristiche meteo climatiche; 8. è in area sismica media». Analogamente, nel verbale del IV tavolo tecnico della commissione VIA (seduta del 25/07/2008, in assenza dell’unico esperto di tematiche agricole, zootecniche ed ambientali), si afferma: “Il quadro ambientale è trattato con particolare approfondimento di indagine, di conoscenza dei siti, delle eventuali conseguenze dovute alla ricaduta degli effetti dell’opera sul territorio sia in fase di realizzazione e cantierizzazione che in fase di esercizio, fornendo le conseguenti risposte di mitigazione degli effetti”.

Ebbene, la delibera del Consiglio di venerdì 19 dicembre, così come quella di Giunta che l’ha preceduta, contestano nel merito queste affermazioni. Vogliamo discuterne in pubblico contraddittorio? O vogliamo parlare delle decine di allegati progettuali, considerati indispensabili dalla consolidata giurisprudenza, che ancora oggi la Commissione VIA non ha agli atti, pur avendo dato parere positivo al progetto? O vogliamo parlare dei problemi tecnici ufficialmente rappresentati dal Comune di San Salvatore, ai quali la medesima Commissione non ha neppure dato riscontro?

 

Sulle questioni programmatiche, la Provincia di Benevento ha esplicitato un indirizzo energetico ed ambientale  inequivoco. Se qualcuno, negli anni precedenti, ha fatto credere qualcosa di diverso, è oggi chiaro a tutti che si trattava di posizioni personali e non rappresentative del territorio. L’ente provincia ha determinate prerogative, riconosciute da norme nazionali e regionali. Tra queste rientrano gli indirizzi di programmazione territoriale, energetica e ambientale. Questa Provincia prova ad esercitarle in pieno.

Nelle sue argomentazioni emergono alcune imprecisioni. Rammento a me stesso, infatti, che nel luglio del 2008 la Giunta regionale, in occasione dell’aggiornamento del PASER, ha approvato le linee di indirizzo per la pianificazione energetica e ambientale (PEAR 2008). Nell’incrocio di tali argomenti si attua la consumazione delle prerogative delle Province e la contraddizione logico-politica fra tali enti territoriali e la Regione Campania.

Schematicamente:

a)    le linee guida del PEAR (Piano Energetico e Ambientale Regionale) danno gli indirizzi per la redazione dei piani energetici e ambientali delle Province, da formulare attraverso il confronto con i Comuni;

b)    il PTR (Piano Territoriale Regionale) chiama le Province ad adeguare i propri PTCP (Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale) entro maggio 2009: qui si apre la riflessione anche sulla parte paesaggistica;

c)    la legge 244/2007 (Finanziaria 2008) prevede la delega alle sole Province per l’autorizzazione degli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili (modificando in tal senso l’art. 3, comma 12, del decreto legislativo 387/2003).

 

Si può intuire che una qualche ratio, nei provvedimenti che chiamano le Province ad esercitare un ruolo programmatorio e pianificatorio, dovrà pure esserci; non fosse altro che per definire il fabbisogno energetico, la localizzazione degli impianti, la disponibilità effettiva delle fonti di approvvigionamento. Inoltre è in via di attuazione la delega alle Province per le autorizzazioni degli impianti fino ad 1 megawatt annuo, cosa che inficia il cuore delle sue argomentazioni sull’incompetenza procedurale delle stesse Province. Nel frattempo, in ogni caso, la Regione Campania, con l’Assessorato alle Attività produttive, continua a rilasciare le autorizzazioni per gli impianti di cui trattasi. Alle Province è attribuito un rilevante ruolo in Conferenza dei servizi, mentre l’Assessorato regionale all’Ambiente esercita una funzione importante con la Commissione per la valutazione di impatto ambientale (VIA), che analizza il singolo intervento. È in questo luogo che i tecnici dovrebbero limitarsi a fare i tecnici.

Uno degli aspetti più rilevanti riguarda le numerose autorizzazioni per le centrali a biomasse, senz’altro esorbitanti rispetto alle varie tipologie di combustibili disponibili in regione. È opinione degli Assessori all’ambiente delle Province campane che dietro tali richieste ci possa essere il tentativo di costruire impianti in grado di bruciare anche i rifiuti (CDR), cosa che minerebbe, in un colpo solo, il processo di provincializzazione del ciclo integrato, la programmazione energetica provinciale (PEAP) e la pianificazione territoriale (PTCP).

A tal proposito giova ricordare ciò che il PEAR 2008 afferma testualmente: «Il reale serbatoio di materia prima utilizzabile per la produzione di bioenergia non è facilmente quantificabile». Tale premessa, tuttavia, non impedisce di pianificare, dal 2008 al 2013, un incremento di energia da biomasse pari a 170 MW, di cui 120 da olii vegetali,      30 MW da biomasse ligno-cellulosiche e 20 MW da biogas. Tali previsioni, non suffragate da analisi tecniche e scientifiche, portano ad alcune valutazioni:

a) molta parte dell’incremento sarebbe ottenuto mediante importazione di materia prima, anche dall’estero;

b) in un territorio a rischio desertificazione, si dà preponderanza all’incenerimento delle biomasse piuttosto che al risparmio energetico e territoriale;

c) su 30 MW annui da biomasse ligno-cellulosiche, ben 24 sono autorizzate o in corso di autorizzazione in provincia di Benevento (San Salvatore Telesino e Reino).

 

Nel PEAR viene poi ricordata la previsione della Finanziaria 2008, che parla esplicitamente della filiera corta (70 km) per l’approvvigionamento della materia prima. Ed infine (pag. 43) si evidenzia il ruolo degli enti locali nel partenariato nella costruzione di efficaci modelli di governo locale.

Non è pertanto casuale la previsione della legge regionale n. 1/2008 (art. 20, comma 6): «E’ istituito, nell’ambito dell’Area generale di coordinamento Sviluppo attività settore secondario della Giunta regionale, lo Sportello regionale per l’energia, che svolge compiti di supporto agli enti pubblici, ai cittadini e alle imprese e di diffusione e promozione della cultura del risparmio energetico, dell’uso razionale dell’energia, delle fonti rinnovabili e del contenimento delle emissioni climalteranti in atmosfera…».

Infine, il medesimo PEAR 2008 riporta a pag. 45: «Verrà condotto un Piano di comunicazione finalizzato a rendere trasparenti i processi che governano lo sviluppo delle filiere energetiche e agro energetiche in Campania, rendendo partecipi non solo gli attori della filiera ma l’intera filiera istituzionale e le comunità locali. A tale scopo, sarà rilanciato e potenziato il ruolo e le attività del Forum Energia e Ambiente istituito dalla Regione Campania nel 2002».

Tutto questo sproloquio per farle capire che anche noi siamo abituati a leggere le carte, e a ragionarci su. Gli interessi generali, come avrà modo di appurare in futuro, sono attribuiti pertanto al Comune in cui è previsto un determinato impianto e pure alla Provincia di riferimento (non ho con me i riferimenti delle sentenze che lo confermano, ma posso dargliene copia nei prossimi giorni). Sicuramente fondamentale è il parere di chi convoca la conferenza dei servizi, vale a dire l’Assessorato regionale all’Ambiente, che si è pubblicamente espresso in merito.

 

Dopo le imprecisioni, voglio tuttavia evidenziare il dato prevalente del suo argomentare. Non è un dato tecnico, né scientifico, tantomeno normativo o giuridico: è un dato politico, nel senso che ha dentro una filosofia complessiva, è, in altri termini, un modo di guardare e leggere il mondo. Non bisogna lasciarsi ingannare dall’apparente burocraticismo delle sue righe, che sembrano richiamare una sorta di neoformalismo giuridico fortificato,  secondo il quale un impianto giuridico, per il fatto stesso di essere legge, cioè norma formalmente codificata, sarebbe sottratto ad ogni contestabilità. Dietro queste argomentazioni c’è una chiara impostazione conservatrice, neoliberale: nella filigrana della norma, di solito, si possono leggere i rapporti di forza che reggono ed orientano un’organizzazione sociale, e che l’ordine costituito (chi sta sdraiato sui gradini più alti della gerarchia sociale) ha interesse a cristallizzare. Per fare un esempio concreto: io che sono un europeista convinto non accetto per nulla un’impostazione comunitaria tecnocratica ed economicistica, che secondo me fa torto alla straordinaria e spesso drammatica storia del nostro continente. Posso dirlo o devo stare zitto per non dar dispiacere a quelli che la pensano come lei? Marcuse avrebbe parlato di «chiusura dell’universo di discorso», ma lui scriveva nel 1964, contribuendo all’esplosione culturale che avrebbe cambiato un po’ di mondo occidentale solo quattro anni dopo. Noi parliamo della VOzza CEMenti.

Ricordi, caro architetto, che anche Kelsen, girando dietro l’angolo della norma fondamentale, picchiò la fronte contro il fatto storico, irriducibile negli angusti spazi del codice e finanche nella più ariosa costituzione. È per questo che non mi appassiona la sua dotta elucubrazione su cittadini e istituzioni locali, demos regionale e comunità locale, consiglio regionale e provinciale: non svegliano i miei sentimenti né il mio limitato intelletto i sentieri, per altri versi rassicuranti, della sterilità fine a se stessa.

Mi lasci infine difendere la mia persona e la mia storia politica dall’accusa di localismo. Accusa infamante per chi, per usare una vetusta espressione, vorrebbe poter dire di avere per patria il mondo intero.

Le dovevo una risposta, perché ho rispetto per chi esprime civilmente posizioni che non condivido; ma difficilmente mi ripeterò nell’esercizio. Di altri scribacchini telematici, che abbaiano alla luna e incancreniscono nel loro livore disinformato e fuorviato, non mi curo e passo oltre.

Gianluca Aceto


16-12-2008 - Delibera Provincia BN su questione biomasse

19-12-2008 - Delibera Provincia BN su questione biomasse

 

 

     

 Valle Telesina


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