Egregio arch. Visalli,
ho sempre letto i suoi
interventi sulla ormai famosa questione
biomasse. Ero incuriosito dal tentativo di
argomentare e sostenere le motivazioni a favore
dell’impianto Vocem. Tentativo assolutamente
legittimo, portato avanti anche in occasione di
incontri pubblici.
Per la prima volta, e mi
riferisco allo scritto del 23 dicembre, è
apparsa chiara la motivazione di fondo di tale
attivismo, fino ad allora seminascosta dietro
l’apodittico velo della tecnica e dell’economia.
La neutralità della scienza è un mito
sufficientemente corroso da vari filoni di
pensiero dell’Ottocento e del Novecento. Ridotto
all’osso, il discorso è molto semplice: il
progresso è il risultato della lotta tra
interessi contrapposti, e, visto che l’esito di
questa lotta non è mai preordinato, il cammino
della storia non è mai un percorso del tutto
lineare e unidirezionale. Esistono balzi,
arresti, accelerazioni, rallentamenti e,
finanche, inversioni di marcia.
Nella piccola storia della
centrale a biomasse, caro architetto, abbiamo
interessi decisamente contrapposti ed
inconciliabili. I suoi sono di tipo economico e
professionale, i miei sono politici,
territoriali e, oggi, anche istituzionali.
Entrambi legittimi, purché si dichiarino in
trasparenza.
Del resto, lei che è stato
così attento alle mie parole ricorderà cosa ho
detto sulla convergenza di interessi tra
politici e professionisti: tutta questa
differenza tra gli uni e gli altri io non sempre
la vedo. A partire dalla vicenda Vocem.
Nel merito, credo che
l’intervento di Francesco Pascale bene evidenzi
l’infondatezza dei suoi rilievi, tutti tesi a
rappresentare un intero territorio, il Sannio,
affetto da sindrome Nimby. È una
rappresentazione farsesca e quindi ingiusta, che
suona come un insulto buttato in faccia a tanta
gente perbene. La informo, per fare un altro
esempio, che sono decine i comuni che si sono
candidati ad ospitare varie tipologie di
impianti per il trattamento dei rifiuti, solo
nel nostro Sannio. Ma sicuramente lei saprà
anche di questo, essendo assiduo frequentatore
dell’Assessorato regionale all’ambiente.
Personalmente, inoltre, mi
permetto di farle notare che le mie battaglie
ambientaliste le ho cominciate tanti anni fa,
senza aspettare che la Vocem mi entrasse nel
giardino. Sa, sono uno di quelli che (ancora)
ritiene impossibile e inutile curare il proprio
orticello mentre il mondo va a rotoli.
Proprio per rimanere al merito, riporto dei
passi della delibera di Consiglio provinciale
del 19 dicembre 2008, nella quale si contestano
diversi contenuti del progetto Vocem. Ad
esempio, lo studio di impatto ambientale (SIA)
afferma che il sito di San Salvatore Telesino «1.
è in area disponibile ad iniziative industriali
anche ‘nocive’; 2. è facilmente raggiungibile da
strade di rango primario; 3. è in area a bassa
densità e abbastanza
lontano dai
principali centri abitati della Provincia; 4. è
in una zona in cui insistono attività agricole
ma di medio pregio; 5. è ad una distanza da aree
protette di circa 5 Km; 6. è ad una distanza
sufficiente dalla aree turistiche della zona,
Telese Terme, ad esempio; 7. ha buone caratteristiche
meteo climatiche; 8. è in area sismica media».
Analogamente, nel verbale del IV tavolo tecnico
della commissione VIA (seduta del 25/07/2008, in
assenza dell’unico esperto di tematiche
agricole, zootecniche ed ambientali), si
afferma: “Il
quadro ambientale è trattato con particolare
approfondimento di indagine, di conoscenza dei
siti, delle eventuali conseguenze dovute alla
ricaduta degli effetti dell’opera sul territorio
sia in fase di realizzazione e cantierizzazione
che in fase di esercizio, fornendo le
conseguenti risposte di mitigazione degli
effetti”.
Ebbene, la delibera del Consiglio di venerdì 19
dicembre, così come quella di Giunta che l’ha
preceduta, contestano nel merito queste
affermazioni.
Vogliamo discuterne in pubblico contraddittorio?
O vogliamo parlare delle decine di allegati
progettuali, considerati indispensabili dalla
consolidata giurisprudenza, che ancora oggi la
Commissione VIA non ha agli atti, pur avendo
dato parere positivo al progetto? O vogliamo
parlare dei problemi tecnici ufficialmente
rappresentati dal Comune di San Salvatore, ai
quali la medesima Commissione non ha neppure
dato riscontro?
Sulle questioni programmatiche, la Provincia di
Benevento ha esplicitato un indirizzo energetico
ed ambientale
inequivoco. Se
qualcuno, negli anni precedenti, ha fatto
credere qualcosa di diverso, è oggi chiaro a
tutti che si trattava di posizioni personali e
non rappresentative del territorio. L’ente
provincia ha determinate prerogative,
riconosciute da norme nazionali e regionali. Tra
queste rientrano gli indirizzi di programmazione
territoriale, energetica e ambientale. Questa
Provincia prova ad esercitarle in pieno.
Nelle sue argomentazioni emergono alcune
imprecisioni. Rammento a me stesso, infatti, che
nel luglio del 2008 la Giunta regionale, in
occasione dell’aggiornamento
del PASER,
ha approvato le linee di indirizzo
per la pianificazione
energetica e ambientale (PEAR 2008).
Nell’incrocio di tali argomenti si attua la
consumazione delle prerogative delle Province e
la contraddizione logico-politica fra tali enti
territoriali e
la Regione Campania.
Schematicamente:
a)
le linee guida del PEAR (Piano Energetico e Ambientale Regionale) danno
gli indirizzi per la redazione dei piani
energetici e ambientali delle Province, da
formulare attraverso il confronto con i Comuni;
b)
il PTR (Piano Territoriale Regionale) chiama le Province ad adeguare i
propri PTCP (Piani Territoriali di Coordinamento
Provinciale) entro maggio 2009: qui si apre la
riflessione anche sulla parte paesaggistica;
c)
la legge 244/2007 (Finanziaria 2008) prevede la delega alle sole
Province per l’autorizzazione degli impianti di
produzione energetica da fonti rinnovabili
(modificando in tal senso l’art. 3, comma 12,
del decreto legislativo 387/2003).
Si può intuire che una
qualche
ratio, nei provvedimenti che chiamano le
Province ad esercitare un ruolo programmatorio e
pianificatorio, dovrà pure esserci; non fosse
altro che per definire il fabbisogno energetico,
la localizzazione degli impianti, la
disponibilità effettiva delle fonti di
approvvigionamento. Inoltre è in via di
attuazione la delega alle Province per le
autorizzazioni degli impianti fino ad 1 megawatt
annuo, cosa che inficia il cuore delle sue
argomentazioni sull’incompetenza procedurale
delle stesse Province. Nel frattempo, in ogni
caso, la Regione Campania,
con l’Assessorato alle Attività produttive,
continua a rilasciare le autorizzazioni per gli
impianti di cui trattasi. Alle Province è
attribuito un rilevante ruolo in Conferenza dei
servizi, mentre l’Assessorato regionale
all’Ambiente esercita una funzione importante
con la Commissione per la valutazione di impatto
ambientale (VIA), che analizza il singolo
intervento. È in questo luogo che i tecnici
dovrebbero limitarsi a fare i tecnici.
Uno degli aspetti più
rilevanti riguarda le numerose autorizzazioni
per le
centrali a biomasse, senz’altro esorbitanti
rispetto alle varie tipologie di combustibili
disponibili in regione. È opinione degli
Assessori all’ambiente delle Province campane
che dietro tali richieste ci possa essere il
tentativo di costruire impianti in grado di
bruciare anche i rifiuti (CDR), cosa che
minerebbe, in un colpo solo, il processo di
provincializzazione del ciclo integrato, la
programmazione energetica provinciale (PEAP) e
la pianificazione territoriale (PTCP).
A tal proposito giova
ricordare ciò che
il PEAR
2008 afferma testualmente: «Il
reale serbatoio di materia prima utilizzabile
per la produzione di bioenergia non è facilmente
quantificabile». Tale premessa,
tuttavia, non impedisce di pianificare, dal 2008
al 2013, un incremento di energia da biomasse
pari a 170 MW, di cui 120 da olii vegetali,
30 MW da biomasse
ligno-cellulosiche e 20 MW da biogas. Tali
previsioni, non suffragate da analisi tecniche e
scientifiche, portano ad alcune valutazioni:
a) molta parte dell’incremento sarebbe ottenuto
mediante importazione di materia prima, anche
dall’estero;
b) in un territorio a rischio desertificazione,
si dà preponderanza all’incenerimento delle
biomasse piuttosto che al risparmio energetico e
territoriale;
c) su 30 MW annui da biomasse
ligno-cellulosiche, ben 24 sono autorizzate o in
corso di autorizzazione in provincia di
Benevento (San Salvatore Telesino e Reino).
Nel PEAR viene poi
ricordata la previsione della Finanziaria 2008,
che parla esplicitamente della
filiera corta (70 km)
per l’approvvigionamento della materia prima. Ed
infine (pag. 43) si evidenzia il ruolo degli
enti locali nel partenariato nella costruzione
di efficaci modelli di governo locale.
Non è pertanto casuale la
previsione della
legge
regionale n. 1/2008 (art. 20, comma 6): «E’ istituito, nell’ambito dell’Area generale di
coordinamento Sviluppo attività settore
secondario della Giunta regionale, lo
Sportello regionale per l’energia, che svolge compiti di
supporto
agli enti pubblici, ai cittadini e alle
imprese e di
diffusione e promozione della cultura del
risparmio energetico, dell’uso razionale
dell’energia, delle fonti rinnovabili e del
contenimento delle emissioni climalteranti in
atmosfera…».
Infine, il medesimo PEAR
2008 riporta a pag. 45: «Verrà
condotto un Piano di comunicazione finalizzato a
rendere trasparenti i processi che governano lo
sviluppo delle filiere energetiche e agro
energetiche in Campania, rendendo partecipi non
solo gli attori della filiera ma l’intera
filiera istituzionale e le comunità locali. A
tale scopo, sarà rilanciato e potenziato il
ruolo e le attività del Forum Energia e Ambiente
istituito dalla Regione Campania nel 2002».
Tutto questo sproloquio per farle capire che
anche noi siamo abituati a leggere le carte, e a
ragionarci su. Gli interessi generali, come avrà
modo di appurare in futuro, sono attribuiti
pertanto al Comune in cui è previsto un
determinato impianto e pure alla Provincia di
riferimento (non ho con me i riferimenti delle
sentenze che lo confermano, ma posso dargliene
copia nei prossimi giorni). Sicuramente
fondamentale è il parere di chi convoca la
conferenza dei servizi, vale a dire
l’Assessorato regionale all’Ambiente, che si è
pubblicamente espresso in merito.
Dopo le imprecisioni,
voglio tuttavia evidenziare il dato prevalente
del suo argomentare. Non è un dato tecnico, né
scientifico, tantomeno normativo o giuridico: è
un dato politico, nel senso che ha dentro una
filosofia complessiva, è, in altri termini, un
modo di guardare e leggere il mondo. Non bisogna
lasciarsi ingannare dall’apparente
burocraticismo delle sue righe, che sembrano
richiamare una sorta di neoformalismo giuridico
fortificato,
secondo
il quale un impianto giuridico, per il fatto
stesso di essere legge, cioè norma formalmente
codificata, sarebbe sottratto ad ogni
contestabilità. Dietro queste argomentazioni c’è
una chiara impostazione conservatrice,
neoliberale: nella filigrana della norma, di
solito, si possono leggere i rapporti di forza
che reggono ed orientano un’organizzazione
sociale, e che l’ordine costituito (chi sta
sdraiato sui gradini più alti della gerarchia
sociale) ha interesse a cristallizzare. Per fare
un esempio concreto: io che sono un europeista
convinto non accetto per nulla un’impostazione
comunitaria tecnocratica ed economicistica, che
secondo me fa torto alla straordinaria e spesso
drammatica storia del nostro continente. Posso
dirlo o devo stare zitto per non dar dispiacere
a quelli che la pensano come lei? Marcuse
avrebbe parlato di «chiusura dell’universo di discorso», ma lui scriveva nel 1964,
contribuendo all’esplosione culturale che
avrebbe cambiato un po’ di mondo occidentale
solo quattro anni dopo. Noi parliamo della VOzza
CEMenti.
Ricordi, caro architetto, che anche Kelsen,
girando dietro l’angolo della norma
fondamentale, picchiò la fronte contro il fatto
storico, irriducibile negli angusti spazi del
codice e finanche nella più ariosa costituzione.
È per questo che non mi appassiona la sua dotta
elucubrazione su cittadini e istituzioni locali,
demos regionale e comunità locale, consiglio
regionale e provinciale: non svegliano i miei
sentimenti né il mio limitato intelletto i
sentieri, per altri versi rassicuranti, della
sterilità fine a se stessa.
Mi lasci infine difendere la mia persona e la
mia storia politica dall’accusa di localismo.
Accusa infamante per chi, per usare una vetusta
espressione, vorrebbe poter dire di avere per
patria il mondo intero.
Le dovevo una risposta, perché ho rispetto per
chi esprime civilmente posizioni che non
condivido; ma difficilmente mi ripeterò
nell’esercizio. Di altri scribacchini
telematici, che abbaiano alla luna e
incancreniscono nel loro livore disinformato e
fuorviato, non mi curo e passo oltre.
Gianluca Aceto
16-12-2008
- Delibera Provincia BN su questione biomasse
19-12-2008
- Delibera Provincia BN su questione biomasse
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