9 gennaio 2009
Inceneritore inutile, inquinante e distraente
Alessandro Visalli

 

 

Su l’inutile, l’inquinante e il distraente (le biomasse) impianto di San Salvatore.

Alessandro Visalli

 

Rispondo, dopo qualche giorno all’intervento del dott. Pascale che consente il grande piacere di  entrare in questioni di merito (come dice l’assessore Aceto).

Nel suo articolo obietta sostanzialmente:

·    L’inutilità (ovvero l’essere in eccesso, superfluo, sovrabbondante) della produzione elettrica (ca. 75 GWh/anno) garantita dall’impianto a biomasse di San Salvatore Telesino (sono disponibile a chiamarlo “inceneritore”, ma non dimentichiamo che non ritira rifiuti urbani);

·    L’autosufficienza della provincia rispetto alla produzione da fonti fossili altrove localizzata (a proposito, quando parlo di Teverola mi riferisco ad una centrale a turbogas non ad un inceneritore; quello è ad Acerra)

·    La volontà di “inquinare producendo energia”, attribuita a me;

·    L’allusione a complicità con politici (brutta parola, dott. Pascale, chiedo all’arbitro un’ammonizione);

·    L’assimilazione delle biomasse ritirate (se sarà autorizzato) dall’impianto alle famigerate (e poco conosciute “fonti assimilate” ex CIP 6;

·    La vicina (ma diversa) condanna della qualifica di rinnovabili attribuita (dalla UE) ai rifiuti;

·    Il contrasto (in parte reale) con gli usi alternativi degli stessi in termini di riuso e riciclo (naturalmente previa riduzione);

·    Il contrasto con l’economia del vino e l’economia diffusa e distribuita;

·    La condanna alla “desolazione” che il progetto porterebbe.

Una bella serie di obiezioni, meritevoli di attenta valutazione e rispetto; partiamo a ragionare insieme dalla questione della autosufficienza provinciale e quindi della inutilità:

·         Dai dati in mio possesso (TERNA S.p.a.) risulta un consumo totale della Provincia di Benevento di 842 GWh/anno, dei quali 314 dall’industria (ad es. 25 per l’acqua), 248 dal terziario (30 dalla pubblica illuminazione), 254 dal domestico (e solo 24 dall’agricoltura);

·         La Regione Campania, a fronte di 17.387 GWh di consumi, produce 4.823 GWh di energia (di cui 2.438 da termoelettrico e 2.385 da fonti rinnovabili);

·         E’ particolarmente difficile verificare la produzione locale di energia della Provincia, ma in effetti nel Fortore c’è uno dei più grandi parchi eolici d’Italia (oltre seicento torri) e uno dei più grandi conflitti ambientali contro tale esagerazione (con le altre seicento in arrivo); può provare a chiedere al suo conterraneo Colasanto; ciò considerato la Provincia di Benevento produce più energia rinnovabile di quella che consuma;

·         Ciò significa che i “miseri” 75 GWh di Vocem sono inutili? Qui il discorso prenderebbe una piega troppo tecnica per il mezzo usato, ma bisogna considerare la differenza tra “fonti programmabili” (che danno energia continua) e “fonti non programmabili” (come l’eolico, che la danno quando gli piace). Se si verifica la letteratura di settore si scopre che le prime sono indispensabili e devono costituire “il fondo” in grado di dare stabilità alla rete elettrica, ciò almeno fino a quando la tecnologia dell’idrogeno non ci avrà reso in grado di stoccare efficientemente l’energia (ma avremo necessità di depositi e rigassificatori). Una provincia che si alimenta solo con eolico (e solare) e non prende energia dall’esterno (cioè dalle turbogas in Campania e nel Lazio) dovrebbe subire continui e prolungati black out;

Veniamo alla questione della volontà di inquinare. In effetti io non penso che l’impianto di San Salvatore Telesino inquini; con me lo pensa anche la Regione Campania. Per essere più precisi, non penso emetta in atmosfera sostanze potenzialmente inquinanti in quantità e concentrazione tali da essere lesive della qualità ambientale.

Penso anche che i vostri camini le emettano in quantità e soprattutto concentrazione più vicina ad essere lesiva. Infatti il ricettore (noi) è molto più vicino all’emissione e quest’ultima non è filtrata da nulla; inoltre la combustione è molto più inefficiente, quindi a maggiore quantità di emissioni relativa.

Penso, inoltre, che il tema “inquinamento” vada guardato su scala globale e non locale. (cfr, per esempio, il convegno Inquinamento dell’aria da polveri sottili: la situazione, l’evoluzione, le cause, valutazione delle misure adottate, linee di indirizzo per gli interventi futuri" 18 Giugno 2007 - Sala delle Carte Geografiche Roma, Via Napoli 36, pubblicato sul sito dell’ISSI, www.issi.it). L’inquinamento delle grandi centrali a turbogas del nord arriva fino a noi (insieme a quello della Cina che va a carbone).

Lascio perdere la complicità con i politici (per quello c’è la Procura della Repubblica, se vuole le fornisco l’indirizzo dott. Pascale).

Sulla questione, invece, delle assimilabili conviene introdurre un elemento di chiarezza. Le fonti “assimilate” di cui al famigerato Decreto (del CIPE) “CIP 6”, sono i sottoprodotti petroliferi derivanti dalla raffinazione del petrolio e del carbone; quindi anche i rifiuti non biodegradabili (cioè il CDR e in particolare le plastiche in esso contenute).

L’impianto di San Salvatore Telesino non ha nessun “CIP 6”; utilizza, invece, i “certificati verdi” che sono la forma ordinaria di incentivazione delle fonti rinnovabili. Ora, detto che senza incentivazione non esisterebbero fonti rinnovabili (neppure l’amato eolico né, soprattutto, l’ambitissimo fotovoltaico) e dovremmo continuare con il petrolio, gas e carbone, bisogna sottolineare che la qualifica di fonte rinnovabile ai rifiuti biodegradabili è normativa UE. Resta confermata fino al recentissimo “Pacchetto Clima-Energia”. Le ragioni sono diverse, non ultima la circostanza che la biodegradazione in discarica della frazione organica emette in atmosfera  un gas oltre venti volte più climalterante della CO2; il metano.

È evidente che la stessa materia può andare incontro ad usi alternativi. Tra gli altri il compostaggio, la discarica e la rilavorazione (ad es. da Novolegno). Il primo è il migliore: spero che non ci saranno molti comitati (ma alcuni si vedono) quando, però, un impianto di compostaggio che deve prendere anche rifiuti ”di altri” verrà vicino alla casa di qualcuno, danneggiandone il valore patrimoniale.

Il peggiore è la discarica, quindi su questo non insisto.

La rilavorazione si può dare in alcuni casi.

L’ideale sarebbe se i flussi fossero diretti alla migliore destinazione in termini di capacità di ricevere ed efficienza di lavorazione. Infatti gli scarti si possono presentare anche in modalità tali che, per tipologia e quantità, risultino difficilmente lavorabili dagli impianti di compostaggio che hanno una tecnologia molto semplice ma estremamente delicata. Ancora di più il discorso vale per gli impianti di rilavorazione. I sistemi termici hanno il vantaggio di poter ricevere il combustibile, entro certi limiti, con minori limitazioni e quindi di poter ritirare anche materiali non utilmente valorizzabili dagli altri sistemi.

In ogni caso la centrale è progettata per un uso ibrido. Quindi se gli scarti fossero carenti bisognerà aumentare la parte “vergine” per la quale saranno fatte idonee convezioni con il territorio e pagato il giusto prezzo.

Veniamo alla questione del contrasto con l’economia del vino e la corrispondente economia diffusa e distribuita. Appare evidente da quanto ho scritto che non credo nella realtà di tale contrasto. L’impianto emette quantità talmente risibili di potenziali inquinanti in atmosfera e le ricadute attese sono talmente basse, in concentrazione, da essere centinaia di volte inferiori ai limiti di legge. Comunque su questo tema, realmente centrale, non si può correre alcun rischio. Per tale motivo sono sicuro che la ditta farà tutta la sua parte aprendo il controllo dell’impianto stesso al territorio, mettendo centraline in luoghi pubblici, affidando i controlli a società terze (nominate dai comuni e non dalla ditta stessa), oltre ai controlli da parte di ARPAC imposti di legge.

Colgo l’occasione per correggere l’assessore Aceto su un piccolo punto: l’impianto comporterà investimenti per ca. 50 ml € (e non trenta) e il finanziamento pubblico (peraltro allo stato perso, “grazie” al tantissimo tempo che la pubblica amministrazione, che dovrebbe essere chiamata a rispondere con efficienza, ha impiegato a produrre una decisione che allo stato ancora manca a quarantuno mesi dall’inizio del procedimento) è di ca. 12 ml € (e non 18, i sei sono per Reino). Peraltro apprezzo l’equilibrio, e la correttezza istituzionale, della sua intervista televisiva. Come da lui detto anche se “in trasparenza”, l’interesse generale sarà definito in sede di Conferenza di Servizi (il cui scopo è, precisamente, definire l’interesse generale prevalente).

Tutto ciò considerato, io credo che il progetto non porterà alcuna “desolazione”. Porterà, invece, un piccolo tassello di sviluppo buono e sostenibile, tra cui lavoro per oltre 30 famiglie (direttamente impiegate nell’impianto) beneventane ed altrettante per l’indotto, senza contare la manodopera in fase di realizzazione, i controlli all’impianto, ecc. ecc..

 

 

 

 

     

 Valle Telesina


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