15 marzo 2007
Telese, Liceo: l’assemblea negata
Pasquale Biondi

 

 

Sull’assemblea negata

 

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando furono pubblicati i decreti delegati del ’74.

Essi costituivano la risposta legislativa alle contestazioni studentesche culminate nel 1968 ed al movimento di opinione pubblica che ne era scaturito.

Una società profondamente mutata reclamava una scuola diversa, orientativa, promozionale e partecipativa al posto di quella autoritaria e selettiva e classista, contestata a gran voce dagli studenti in tutte le piazze d’Italia.

La scuola, almeno sulla carta, abbandonava un modello strettamente verticistico per abbracciare un modello più orizzontale, in cui l’organizzazione ed il funzionamento, sul piano amministrativo e sul piano didattico ed educativo, venivano condivisi con organi a carattere collegiale e democratico (consigli di classe, consigli d’istituto ecc.) che, nel rispetto delle competenze di ciascuno, dovevano assicurare la partecipazione di tutta la comunità scolastica (docenti, professori, genitori, studenti, personale non docente) alla vita della scuola.

Per la prima volta gli studenti non venivano visti più soltanto come soggetti passivi, ma era riconosciuta loro una soggettività, dei rappresentanti ufficiali (di classe e d’istituto), era loro riconosciuta la possibilità di interloquire con il Preside, con il Professore, ed anche dissentire in da essi.

 

Questo processo di emancipazione e di emersione dei diritti degli studenti, che è proseguito nel corso degli anni, sospinto dalle varie riforme derivanti dall’evoluzione società e dal graduale svecchiamento del corpo dirigenziale e docente, ha segnato un momento importante con la riforma del ’97, che ha sancito l’autonomia organizzativa, didattica e finanziaria degli istituti scolastici.

Si tratta della famosa riforma dell’Autonomia scolastica, con la quale viene solennemente sancito che ogni soggetto facente parte della comunità educativa ha il diritto di partecipazione attiva ai processi di autogoverno degli Istituti scolastici, e che i docenti, gli studenti, i dirigenti scolastici e tutto il personale hanno un dovere di cooperazione partecipativa, naturalmente nel rispetto dei reciproci ruoli.

In particolare, il pieno coinvolgimento degli studenti nella vita democratica della comunità scolastica è considerato un elemento non soltanto auspicabile, ma necessario per il corretto funzionamento della scuola  e per una piena realizzazione del diritto all'apprendimento e al conseguimento di risultati formativi da parte dei giovani.

La partecipazione attiva degli studenti alla vita della scuola è riconosciuto come  uno dei tasselli fondamentali di una scuola moderna, capace di mettere al centro dei suoi obiettivi la valorizzazione delle inclinazioni personali di ciascuno studente e di creare le migliori condizioni per un apprendimento efficace.

Si riconosce alla partecipazione studentesca, inoltre, una forte valenza educativa per la formazione di una cittadinanza consapevole.

Partecipare, infatti, vuol dire apprendere a praticare gradualmente l’esercizio della democrazia; vuol dire abituarsi al confronto, imparare le regole fondamentali del vivere sociale.

 

L’ultima tappa di questa evoluzione è segnata dal D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, con il quale viene recepito nel nostro ordinamento lo Statuto degli Studenti, la carta fondamentale dei diritti e dei doveri degli studenti italiani.

Non si tratta di un elenco di buone intenzioni, ma di veri e propri principi aventi forza di legge, la cui importanza è dimostrata dal fatto che l'art. 6 comma 2 del predetto DPR impone la consegna di una copia dello Statuto a ciascuno studente all'atto di iscrizione alla scuola (cosa che raramente accade nella realtà).

Anche il regolamento d'istituto non è più un atto autoritativo imposto dalla dirigenza scolastica senza possibilità di discussone o interlocuzione alcuna, ma va elaborato e condiviso da tutta la comunità scolastica, ivi compresa la componente degli studenti, modulandolo sul rispetto delle normative vigenti in materia di partecipazione studentesca, con particolare riferimento al T.U. del 16 febbraio 1994, n. 297, al D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249 e al D.P.R. 567/96 e successive modifiche.

Si aggiunga a ciò che numerose circolari ministeriali, negli ultimi anni, hanno sollecitato i Dirigenti Scolastici, al di là di quanto imposto strettamente dalla legge, a porre in essere iniziative volte ad incoraggiare e favorire occasioni di partecipazione responsabile degli studenti alla vita della comunità scolastica, con l'obiettivo di contribuire a rafforzare il senso di identità e di appartenenza , la solidarietà, la maturazione civica degli studenti.

 


 

 

Alla luce di quanto detto, non mi sembra che sia possibile, alla dirigenza scolastica, né sul piano pedagogico né su quello giuridico, negare agli studenti un’assemblea, se questa venga richiesta formalmente, con un congruo anticipo e nel rispetto del regolamento d’istituto.

 

Dai fatti raccontati emerge che tali condizioni sono state rispettate dagli studenti e che la dirigenza scolastica non ha deciso di rinviare l’assemblea per comprovate ragioni didattiche od organizzative.

Senza fornire alcuna motivazione, l’assemblea è stata semplicemente negata.

 

Ora, di fronte alla negazione di un diritto fondamentale previsto dalla legge, gli studenti, a cui, come abbiamo visto, è riconosciuta una soggettività giuridica nell’ambito della comunità  scolastica, hanno tutto il diritto di esercitare forme di “agitazione”.

L’importante è che queste siano motivate e non pretestuose, proporzionate al diritto che si intende leso, esercitate con modalità rispettose della dirigenza scolastica e delle altre soggettività presenti nella comunità scolastica.

Del resto, riconoscere una serie di diritti agli studenti senza ammettere nel contempo la possibilità per essi di rivendicarne democraticamente l’applicazione, in caso di violazione, sarebbe un controsenso logico e giuridico.

Tutto questo emerge, a mio avviso, inconfutabilmente, dall’esame complessivo dell’ordinamento scolastico oggi vigente.

 

 

Nel caso che ha suscitato la discussione, gli studenti del Liceo hanno  chiesto un’assemblea per  discutere delle novità emerse dal bando della Provincia per il reperimento di nuove aule nel territorio di Telese, e cioè dell’argomento più importante che investe l’intera comunità scolastica. E di fronte all’immotivato diniego, non hanno colto l’occasione per fare un “filone” di massa, né hanno indetto un improbabile “sciopero”, ma hanno semplicemente deciso di affermare il loro diritto, di svolgere cioè la loro assemblea, durata peraltro meno di un’ora.

 

Hanno scelto cioè una forma di dissenso motivato, non pretestuoso, proporzionato e rispettoso.

L’atteggiamento della dirigenza scolastica di vietare l’accesso dei ragazzi, al termine dell’assemblea, sembra dettato, invece, esclusivamente da ragioni ritorsive con il malcelato intento di mettere i genitori contro i propri figli e di scoraggiare la partecipazione ed il dibattito tra gli studenti sul principale problema che riguarda la loro scuola.

 

 

 

 

La giustifica dei genitori per il ritardato ingresso in aula, al termine dell’assemblea, appare del tutto fuori luogo.

 

Tale giustifica è senz’altro  necessaria per evitare che figli troppo dormiglioni arrivino in classe in ritardo, semmai all’insaputa dai parenti che sono fuori per lavoro. E’ altresì necessaria, per esempio, al fine di evitare che i ragazzi saltino la prima ora di corso, semmai per sfuggire ad un professore un po’ più severo, sempre all’insaputa dei rispettivi padri.

 

Nel caso di specie, invece, i ragazzi hanno ritardato l’inizio delle elezioni intendendo esercitare il diritto di assemblea.

Orbene, per esercitare un diritto ad essi riconosciuto si può mai sostenere che gli studenti abbiano bisogno della giustifica dei genitori?

Che cosa avrebbero dovuto giustificare?

Quanto alle modalità dell’assemblea, è evidente che essi si sono riuniti  fuori dalle mura scolastiche esclusivamente a causa dell’impossibilità di svolgere l’assemblea nella scuola per via del diniego ricevuto.

 

Vorrei concludere con un’ultima considerazione.

 

Leggendo le cronache degli ultimi mesi, nelle quali si parla spesso, anche nella nostra Provincia, di studenti teppisti che allagano le scuole, svuotano estintori, danneggiano infissi e attrezzature, penso che ancora una volta gli studenti del Liceo di Telese hanno dimostrato una coscienza dei propri diritti e una maturità che dovrebbero rendere orgogliosi i loro genitori e .... nonostante tutto .... per una eterogenesi dei fini .... anche la dirigenza scolastica.

 

Pasquale Biondi

(Segretario dei Democratici di Sinistra di Telese Terme)

 

 

     

 Valle Telesina


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