Il libro di Loretta M. D'Orsogna sul quartiere di New York. La sua
storia, le sue leggende, i
suoi immaginari e le sue
contraddizioni. Dove
comincia il mito e finisce
la realtà?
http://sociologia.tesionline.it/sociologia/libro.jsp?id=1846
Sulla scia dei tradizionali studi etnografici della scuola di
Chicago e del contributo
classico di Lewis Mumford,
Loretta M. D’Orsogna scrive
la storia e l’esperienza di
un quartiere, il Bronx, che
le leggende metropolitane e
la comunicazione dei media
hanno sempre consegnato
all’immaginario popolare
come un quartiere, anzi il
quartiere, malfamato,
pericoloso, “dove nemmeno la
polizia oserebbe entrarci”.
L’autrice è
un’urbanista: di formazione
europea, ha studiato
architettura a Parigi e
Venezia, occupandosi in
seguito della storia delle
città e dei quartieri più
noti. Affrontando lo
spazio metropolitano come un
luogo di avventura e
passione, dove ricavare
“indizi dai quali ricevere
ciò che a un primo sguardo
sfugge”, Loretta D’Orsogna,
si rifà proprio alla
fenomenologia di Mumford per
vedere nelle metropoli un
oggetto di studio vivo, da
esplorare partendo dai
quartieri alti fino ai suoi
bassifondi, mescolandosi
nella folla e “sporcandosi i
pantaloni”, come suggeriva a
inizio secolo Robert E.
Park.
Lo studio della
città, allora, è una ricerca
empirica, un viaggio
attraverso gli scenari
urbani con gli strumenti
dell’esploratore o del
detective. Un’inchiesta che
non scarta nessun indizio o
elemento, che si getta nella
sua complessità capace di
riflettere proprio
quell’intricata complessità
del reale. Il libro di
Loretta D’Orsogna, "Il
Bronx. Storia di un
quartiere malfamato" si
inserisce in questo
approccio, studiando il
Bronx in tutte le sue forme
e caratteristiche,
esplorando il suo
immaginario e le sue strade.
Un libro che non solo ha il
merito di applicare
un'importante tradizione,
spesso trascurata dagli
studi urbanistici
contemporanei, ad un
quartiere altrettanto spesso
dimenticato; ma che nel
farlo adotta uno sguardo
multidisciplinare,
raccogliendo e
posizionandosi in differenti
prospettive.
Dopo una
breve introduzione di Franco
La Cecla sullo sviluppo
della disciplina
urbanistica, il libro entra
nel vivo. Composto da cinque
capitoli, nel primo si
analizza come si sia andata
formandosi per il Bronx
l’immagine del quartiere
“inferno”. Cercando di
comprendere dove finisce la
realtà e comincia il mito,
l’autrice si domanda come
mai il quartiere di New York
sia divenuto il paradigma
dei posti più pericolosi e
invivibili del mondo.
Nel secondo capitolo e
nel terzo, il libro ci
presenta una storia
dell’urbanistica e
dell’architettura del
quartiere. Quali sono stati
gli interventi edilizi, come
hanno trasformato la vita
all’interno dello spazio,
quali comunità di migranti
si sono stabilite e come
hanno convissuto con i
vecchi abitanti. Nei due
capitoli centrali, in altre
parole, sono esplorate
l’ecologia urbana del
quartiere, le sue dinamiche
e i suoi processi, le sue
trasformazioni e gli effetti
sulla vita della sua
popolazione e delle sue
povertà.
Successivamente, il tema
iniziale viene ripreso, con
un lavoro di ricerca delle
immagini del Bronx costruite
attraverso i film, la
letteratura, le chat line
degli abitanti e le opere
degli artisti. Questa è
certamente una delle parti
del libro più interessanti e
curiose, dove l'oggetto di
studio sono gli immaginari
consolidatisi negli anni e
le loro contraddizioni.
Attraverso la decostruzione,
l’autrice cerca di capire
quanto essi corrispondano
davvero alla realtà, per
donarci così una visione del
Bronx affatto stereotipata.
Al termine del libro,
infatti, si rimane con la
sensazione del Bronx come un
posto complesso, fatto di
contraddizioni e tolleranza,
dove la gente “agisce”
nonostante le difficoltà e i
pregiudizi. Un posto dove
“vale ancora la pena di
vivere”, perché, come dice
Loretta M. D’Orsogna, “è
necessario tenere presente
come il Bronx sia
un’esperienza oltre la
parola, oltre molte parole,
oltre molto idee, oltre
molte immagini…” Pure oltre
un libro che vale la pena
leggere per avvicinarsi e
andare, appunto, oltre lo
stereotipo abituale.
Manuel Antonini
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