E’
con una chiara e lapidaria scritta posta a
margine dell’articolo, subito dopo data e firma,
che si sta pian piano andando verso la morte
della rassegna stampa online. Da alcune
settimane e mesi, diverse testate giornalistiche
presenti anche sul Web con i loro siti di
informazione stanno appunto aggiungendo, quasi
come marchio di fabbrica, la scritta
‘RIPRODUZIONE RISERVATA’ in fondo agli articoli
di maggior interesse che possono vantare il
merito di offrire al grande pubblico. La scritta
è accompagnata da un simbolo altrettanto chiaro,
quello della protezione sotto Copyright. E’
l’inizio di una nuova epoca o la fine della
vecchia?
A
ben guardare ci si trova senza dubbio al limite
tra il passato ed i possibili sbocchi del
presente nel futuro prossimo, per quanto
riguarda, naturalmente, il settore
dell’informazione, sia cartacea che online. Il
nocciolo della questione sta tutto in questo:
l’informazione cartacea beneficia di due entrate
in cassa provenienti dai privati, ossia le
pubblicità e il costo di ogni singolo giornale;
per l’informazione online le entrate si riducono
ad una soltanto, ossia le pubblicità. Pubblicità
che sono come scommesse per chi le offre,
infatti il loro effettivo valore si può
calcolare solo guardando alle visite che ogni
pagina Web di un determinato sito Internet
riceve in un dato tempo. Ragion per cui i siti
di informazione devono fare vera battaglia per
accrescere le visite giornaliere e guadagnarsi
così il loro budget pubblicitario in entrata. Ed
è a questo punto che il cerchio si chiude
ritornando in pieno su quella scritta lapidaria
che campeggia ormai su sempre maggiori siti di
informazione online. Con il Copyright sugli
articoli l’accrescimento delle visite è
assicurato.
Mentre si cerca di aumentare vertiginosamente la
pratica della ‘condivisione’ sui social network
e sui vari altri luoghi del Web in cui più
persone possono interagire, dall’altra parte si
cerca di evitare tassativamente che un proprio
articolo possa essere letto su altri siti, che
lo abbiano riportato sottoforma della così detta
‘rassegna stampa’. Il paradosso è presto
spiegato: con i social network si possono
condividere soltanto degli estratti, i link alla
pagina originale in cui si trova l’articolo, il
titolo del pezzo medesimo. Niente di più, il
tutto è solo uno stimolo alla curiosità degli
internauti. La condivisione fa quindi aumentare
le visite ai siti di informazione piuttosto che
farle diminuire, e la stessa cosa accade se si
impedisce ad un libero blogger, al proprietario
di un altro sito di informazione, a chiunque
abbia uno spazio Web dedicato alle notizie, di
riportare in modo parziale o integrale il
contenuto di un articolo. In altre parole, la
Rete, nata forse anche per superare le barriere
dei costi e mettere in stretto collegamento le
persone al di là di distanze e limiti, si sta
sempre più organizzando in modo fedele alla
realtà esterna, alzando di nuovo le stesse
barriere e stabilendo di nuovo gli stessi
limiti.
Il
prossimo passo sarà probabilmente quello di
aggiungere altri mattoni al muro del Copyright:
stabilire, cioè, un costo (fisso o variabile che
sia) per ogni visitatore che voglia visitare un
sito Internet o una serie di pagine Web. A quel
punto possiamo star certi che l’informazione non
avrà più alcun problema a trasferirsi
completamente online, abbandonando il cartaceo
pur riuscendo ad ottenere buoni guadagni dalle
visite dei lettori/internauti. E chissà che, con
gli interessi economici innescati, non si giunga
a rendere a pagamento anche i social network,
che potenziano le visite per i siti di
informazione con strumenti alla portata di ogni
utente. Ma tornando alla realtà attuale, quello
che resta per un blogger che si diletta nella
rassegna stampa è riportare le notizie di
agenzia, che sono per forza di cose
trascrivibili anche integralmente. E magari
affidarsi a qualche intraprendente libero
blogger che lascia i propri articoli a completa
e gratuita disposizione di qualsiasi utente di
Internet, coprendoli al massimo con una libera
licenza che non consiste in un Copyright. E
così, di blog in blog, la libertà di nuotare fra
mille contenuti diversi, scegliendo quello che
meglio ci rappresenta e potendo decidere quale
fonte sia la più attendibile, potrà rimanere
salva. Almeno finché il cambiamento d’epoca non
sarà ufficializzato.
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