Per
il Papa, le vite che contano più di ogni
altra sono gli ovuli umani appena fecondati
e i corpi vuoti costretti a vegetare dai
macchinari infernali cui sono collegati.
Tale follia è conseguenza di
un'interpretazione estremistica e priva di
umanità dell'idea secondo cui vanno difesi i
più deboli.
Non
me ne farei un problema, se il fanatismo del
Vaticano non condizionasse mezzo mondo. Cosa
che invece fa.
Infatti, molti Stati tutt'oggi sono
costretti a legiferare sotto l'occhio vigile
del potere ecclesiastico, sempre pronto a
condizionare scelte e a costringere i
governi a continui compromessi con la
"morale cattolica".
L'influenza di tale "morale", in Italia si
traduce spesso in leggi che consentono ad
alcuni cittadini di derogare ai propri
doveri, in nome di un non ben definito
diritto religioso.
Un
esempio fra tutti, è il diritto di obiezione
di coscienza del medico che non vuole
eseguire aborti o che non vuole fornire
farmaci abortivi.
Ognuno ha diritto alle proprie idee e alle
proprie credenze, nessuno lo nega, ma una
legge degna di tale nome non dovrebbe
consentire a nessun cittadino il diritto
all'omissione di servizio!
In
conseguenza di tale "diritto", nel nostro
Paese si consumano tragedie che poi vengono
sbattute in cronaca nera con cinismo e
superficialità, senza alcun tentativo di
analisi, ma solo per essere date in pasto
alla voracità del pubblico.
Su
queste tragedie, dovremmo invece fermarci un
attimo a riflettere.
Laddove l'informazione sulla contraccezione
non esiste perché osteggiata dalla suddetta
"morale cattolica", accade che una ragazzina
può restare incinta al primo rapporto
sessuale. Ovviamente quella ragazzina vivrà
l'accaduto con gli infiniti sensi di colpa
imposti sempre dalla stessa "morale
cattolica". Così si sentirà sola e
abbandonata, peccatrice nonostante l'amore
del suo ragazzo. Ragazzo al quale, il più
delle volte, non dirà nulla.
Un'amica (o internet) potrebbe consigliarle
la pillola del giorno dopo, o l'aborto.
Una
mattina, insieme a quest'amica (o da sola),
raccontando una bugia a casa, andrà alla
ricerca della giusta soluzione, con un
autobus che l'allontani a sufficienza dalla
sua zona, per ragioni di privacy.
Ma, a causa del diritto
all'obiezione (imposto sempre da quella
stessa "morale cattolica" nella Legge 194),
non troverà in nessuno degli
squallidi e sudici ospedali della zona un
medico degno di tale nome che le prescriva
la pillola del giorno dopo, tanto meno uno
disposto a praticarle l'aborto.
Quello che in altre regioni è un diritto,
qui da lei è ancora un peccato, quando non
sei abbastanza adulto e ricco.
Finirà che la gravidanza verrà portata
avanti come un tumore che non può essere
operato. E passeranno diversi mesi, cercando
solo di non pensarci. Finché l'evidenza non
darà inizio al secondo atto della tragedia,
quello che sfocerà nel matrimonio.
Matrimonio che
costringerà i due malcapitati a lasciare gli
studi e gli amici, per costringersi a
invecchiare anzitempo.
Dopo
alcuni mesi il bambino nascerà, figlio di
due ragazzini impreparati. A questo punto si
consumerà l'atto finale della tragedia,
quello in cui scorrerà il sangue, di uno,
due o di tutti e tre gli attori.
E il
Vaticano, da vero assassino professionista
che non si sporca mai le mani, saprà di aver
fatto bene il suo lavoro, perché ha salvato
quell'ovulo fecondato da sicura morte.
Pensare che a volte basterebbe una pillola!
Ecco un paio di articoli della legge 194.
Con
l'articolo 4 si mette bene in chiaro che
l'aborto non è un diritto per tutte le
donne, ma solo per chi riesce a convincere
coloro cui spetta la decisione finale che la
sua condizione è tale da poterne avere
diritto.
L'articolo 9 invece sancisce il diritto
all'omissione di servizio agli operatori
sanitari "cattolici".
Per
l'interruzione volontaria della gravidanza
entro i primi novanta giorni, la donna che
accusi circostanze per le quali la
prosecuzione della gravidanza, il parto o la
maternità comporterebbero un serio pericolo
per la sua salute fisica o psichica, in
relazione o al suo stato di salute, o alle
sue condizioni economiche, o sociali o
familiari, o alle circostanze in cui è
avvenuto il concepimento, o a previsioni di
anomalie o malformazioni del concepito, si
rivolge ad un consultorio pubblico istituito
ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della
legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una
struttura socio-sanitaria a ciò abilitata
dalla regione, o a un medico di sua fiducia.
Il personale sanitario
ed esercente le attività ausiliarie non è
tenuto a prendere parte alle procedure di
cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi
per l'interruzione della gravidanza quando
sollevi obiezione di coscienza, con
preventiva dichiarazione. La dichiarazione
dell'obiettore deve essere comunicata al
medico provinciale e, nel caso di personale
dipendente dello ospedale o dalla casa di
cura, anche al direttore sanitario, entro un
mese dall'entrata in vigore della presente
legge o dal conseguimento della abilitazione
o dall'assunzione presso un ente tenuto a
fornire prestazioni dirette alla
interruzione della gravidanza o dalla
stipulazione di una convenzione con enti
previdenziali che comporti l'esecuzione di
tali prestazioni.
L'obiezione può sempre essere revocata o
venire proposta anche al di fuori dei
termini di cui al precedente comma, ma in
tale caso la dichiarazione produce effetto
dopo un mese dalla sua presentazione al
medico provinciale.
L'obiezione di
coscienza esonera il personale sanitario ed
esercente le attività ausiliarie dal
compimento delle procedure e delle attività
specificamente e necessariamente dirette a
determinare l'interruzione della gravidanza,
e non dall'assistenza antecedente e
conseguente all'intervento.
Gli enti ospedalieri e
le case di cura autorizzate sono tenuti in
ogni caso ad assicurare lo espletamento
delle procedure previste dall'articolo 7 e
l'effettuazione degli interventi di
interruzione della gravidanza richiesti
secondo le modalità previste dagli articoli
5, 7 e 8. La regione ne controlla e
garantisce l'attuazione anche attraverso la
mobilità del personale.
L'obiezione di
coscienza non può essere invocata dal
personale sanitario, ed esercente le
attività ausiliarie quando, data la
particolarità delle circostanze, il loro
personale intervento è indispensabile per
salvare la vita della donna in imminente
pericolo.
L'obiezione di coscienza si intende
revocata, con effetto, immediato, se chi
l'ha sollevata prende parte a procedure o a
interventi per l'interruzione della
gravidanza previsti dalla presente legge, al
di fuori dei casi di cui al comma
precedente.