Si
chiama piccola impresa l’unica strada che
conduce allo sviluppo
Gli anni della
grande azione governativa per
l’industrializzazione (che brutto termine!) del
Mezzogiorno sono trascorsi lasciandoci macerie e
disoccupazione. Tanti debiti e fallimenti,
all’ombra di immeritate carriere politiche e
tanti sogni infranti su di un muro fatto di
licenziamenti, prepensionamenti, mobilità, cassa
integrazione e miserevoli bonus. I grandi
boiardi di stato con un seguito di politicanti
senza scrupoli hanno di fatto, svenduto il
territorio e danneggiato intere generazioni. La
classe politica dirigente, cresciuta con questi
presupposti, è quindi completamente inadeguata e
delegittimata. Scarsa credibilità, che, unita al
metodo attuale di selezione dei parlamentari,
fanno aumentare ancor di più il distacco dei
cittadini dalla politica. Ma ritornando al mondo
produttivo, come si fa a giustificare la
moltiplicazione di immensi capannoni e
l’inaugurazione di aziende che hanno prodotto
soltanto per pochi mesi?
Com’è possibile
immaginare ancora grossi insediamenti
industriali ed aree urbanizzate sostenendo costi
di milioni e milioni di euro, sapendo che nessun
imprenditore serio verrà a produrre in certe
zone dove c’è una forte conflittualità ed una
carenza di infrastrutture e servizi che rendono
il prodotto fuori mercato?
I responsabili
dei disastri sono sulla bocca di tutti,
ovviamente sono invece più numerosi e occultati
coloro che ci hanno lucrato. Anche oggi c’è
magari chi continua ad arricchirsi, speculando
tra le tante emergenze sulle spalle dei poveri
malcapitati.
Un vero
imprenditore, quello con la “I maiuscola”, non
lascia la “SUA AZIENDA”, anzi, come un
comandante di una nave è l’ultimo ad
abbandonarla, prima che questa affondi! Parliamo
ovviamente degli imprenditori legati al
territorio, di quelli che sono fieri di stare
nel reparto produzione, che fanno a meno,
all’occorrenza, di segretarie e lussuosi uffici
direzionali, che aprono la “saracinesca” ogni
mattina. Quelli che non licenziano, quelli che
non chiedono niente allo Stato. Anzi chiedono
allo Stato soltanto di garantire la sicurezza,
le infrastrutture, i servizi.
I veri
imprenditori pagano le tasse e accompagnano i
dipendenti volenterosi verso la creazione di
nuove aziende, sono quindi un vero e proprio
volano di sviluppo per il territorio,
diventandone una attrattiva.
I veri
imprenditori pagano i fornitori e puntualmente i
dipendenti, ma poi soffrono se, a causa
dell’inefficienza della giustizia civile, devono
attendere dieci anni per una sentenza.
Ed allora per
innescare lo sviluppo, quello vero, sarebbe il
caso che i politici facessero una buona volta i
politici e, specialmente chi si trova alla guida
di istituzioni ed enti locali, la smettesse di
inventarsi imprenditore (con i soldi pubblici).
C’è invece tanto,
tantissimo da fare per far funzionare e rendere
efficienti le amministrazioni locali, eliminare
la burocrazia, rendere più rapidi e certi i
pagamenti, eliminare gli sprechi e far
funzionare la cosiddetta “macchina
amministrativa”.
Nel mentre si fa
questo, ecco che, naturalmente, riappariranno
le vere imprese, quelle piccole, quelle che
nonostante tutto continuano a produrre e magari
ad assumere. Senza bisogno di finanziamenti a
fondo perduto e senza bisogno di sponsor
politici.
Benvento, 13
aprile 2009
ing. Pietro Di Lorenzo -
imprenditore

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