Ma un giorno (non
troppo lontano), saranno alfine abolite le
province?
Da
quattro mesi c’è una proposta di legge per la
soppressione delle province: si risparmierebbero
16 miliardi di euro all’anno (quelli che servono
per la ricostruzione in Abruzzo)
E’ la proposta di Legge Costituzionale n° 2010
del 12 dicembre 2008, presentata in Parlamento
dall’on. Versace (primo firmatario) e altri 48
deputati di svariati gruppi politici, quasi a
dimostrare che il tema interessa tutti, al di là
delle ideologie e dei partiti. Sono però passati
già quattro mesi e la proposta di Legge, che si
compone di dieci articoli, resta ferma in
Parlamento. Eppure la pubblica opinione è
fortemente motivata dall’argomento. Ci sono
stati sondaggi e addirittura un’iniziativa di
Libero, il quotidiano diretto da Vittorio
Feltri, dove ancora oggi si può firmare online
per chiedere al Presidente del Consiglio di
mantenere l’impegno, assunto in campagna
elettorale, di eliminare le province.
Negli anni settanta, con la nascita delle
regioni si dichiarò da più parti che la
soppressione delle province era ormai prossima,
anzi imminente. Invece nonostante le tante
battaglie portate avanti anche da illustri
personaggi politici, come Ugo La Malfa ed altri,
ci ritroviamo ancora con questa incredibile
fonte di spreco di soldi pubblici. Pensate che
le spese per le province ammontano a circa 16
miliardi di euro ogni anno, corrispondente all’1
per cento del prodotto interno lordo (PIL)
italiano. La spesa per mantenere le province è
pari al 3 per cento della spesa totale.
Sopprimere le province significa ottenere
immediatamente un risparmio di denaro dei
contribuenti, mantenendo il livello dei servizi
integrati attualmente offerti e che potranno
essere resi dagli altri enti territoriali con
maggiore efficacia. Non si dovrebbero più
retribuire migliaia di politici, mentre per
quanto riguarda il personale delle soppresse
province, esso troverebbe collocazione negli
altri livelli amministrativi locali, secondo le
regole dettate dalla legge ordinaria che dovrà
dare attuazione alla presente proposta di legge
costituzionale.
È
evidente che, se si tiene distinto il momento
politico da quello amministrativo, mentre per il
primo non vi sarà alcuna difficoltà a
trasferirlo alle regioni che sono nate proprio
come il luogo della difesa della sovranità
popolare (articolo 1 della Costituzione) e della
promozione dell’autonomia locale (articolo 5
della Costituzione), per il secondo occorrerà
provvedere con un articolato provvedimento
legislativo che, specificando le funzioni
burocratico-esecutive, provveda a riordinare gli
organici degli enti territoriali che avranno in
carico le nuove deleghe.
In
questo quadro i comuni che avvertissero
l’esigenza di gestire un determinato servizio in
una dimensione sovracomunale dovrebbero essere
autorizzati a farlo, con il proprio personale e
con le proprie strutture, attraverso forme di
consorzi tra comuni interessati in grado di
abbattere i costi del servizio. Si potranno
prevedere in quella sede nuove forme di accordi
funzionali di diritto pubblico, in cui i
contraenti definirebbero scopi e durata del
coordinamento funzionale, con il distacco del
personale tecnico burocratico necessario.
Questo schema consentirebbe ai comuni di gestire
in maniera economicamente conveniente gli stessi
servizi con personale proprio, in esso
comprendendo anche il personale attualmente
impiegato presso le province e che verrà
attribuito ai singoli comuni, ma senza la
creazione di sedi o di organi politici con
relativa spesa, poiché il personale rimarrebbe a
tutti gli effetti nelle strutture comunali.
Occorre poi tenere conto del fatto che la
soppressione delle province è stato uno dei
punti dei programmi sia dell’attuale coalizione
di Governo che dei più importanti partiti di
opposizione. E, d’altronde, come già rilevato,
la soppressione delle province risponde a
un’esigenza largamente avvertita dalla
stragrande maggioranza dell’opinione pubblica,
che vede nell’eliminazione di questo grado
intermedio di rappresentanza un eccezionale
fattore di riduzione della spesa pubblica nella
sua parte meno produttiva e, quindi, meno
compresa dagli stessi cittadini.
Benevento 26 aprile 2009
ing. Pietro Di Lorenzo -
imprenditore

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