Oggi ricorre l’anniversario della morte
del Prof. Marco Biagi; a maggio, sarà la
volta di Massimo D’Antona, entrambi
vittime sacrificali della disattenzione
e della superficialità collettiva, non
solo politica.
Assisteremo al consueto spettacolo di
circostanza, pregno di retorica ed
ipocrisia. Si renderà omaggio alla
memoria degli ennesimi caduti sotto il
fuoco delle Brigate Rosse, la cui mano è
stata armata dalla nostra indifferenza.
Due stimati personaggi della vita
sociale, economica e politica nazionale,
padri di famiglia oltremodo esposti in
un periodo di rigurgito della
conflittualità sindacale. Eroi del
nostro tempo. Soli!
Professionisti, con alti incarichi di
consulenza, che si sono occupati di
provvedimenti importanti,destinati a
suscitare alterne opinioni e
contrasti:la riforma del mercato del
lavoro e della Legge 300, del 1970!!Cose
serie, delicate….
Indifesi, dunque, senza alcuna tutela da
parte di quello Stato cui avevano deciso
di offrire il proprio contributo,
passione ed onestà intellettuale,
pagando con la vita il proprio impegno.
Roma,20 maggio 1999,via Salaria, ore
8,23. Il professor Massimo D'Antona,51
anni,consulente del Ministero del Lavoro
esce dalla sua abitazione. Scende le
scale,chiude il portone e si dirige a
piedi verso lo studio di via Bergamo.
Sette minuti dopo l’agguato. Muore alle
9,30. Era solo!!
Biagi offeso pubblicamente da un
Ministro della Repubblica, il
“rompicoglioni”, così fu etichettato un
servitore dello Stato che aveva la sola
colpa di aver sollecitato il ripristino
della propria scorta a fronte di
inconfutabili esigenze.
"Non
vorrei che foste costretti ad
intitolarmi una sala, come a Massimo
D'Antona...".
Con questa "battuta" Marco Biagi, 52
anni, si rivolgeva al Ministro del
Welfare Roberto Maroni e al suo
Sottosegretario Maurizio Sacconi. Pochi
giorni dopo, il 19 marzo 2002 viene
ucciso dalle Brigate Rosse a Bologna. Lo
freddano sotto casa,di ritorno
dall'Università dove insegnava Diritto
del Lavoro. Si apprestava ad aprire il
portone e raggiungere la moglie e i due
figli.
Anche lui, solo!Di blu
aveva (forse….) solo la bicicletta.
La scorta gli fu revocata
dai Comitati provinciali per l'ordine e
la sicurezza pubblica di Roma, Milano,
Bologna e Modena avendo questi
"ritenuto cessate le esigenze di tutela"
anche in seguito alla direttiva del
ministro dell'Interno Scajola del 15
settembre, che disponeva una riduzione
delle scorte pari al 30% stante le nuove
esigenze di forze, causa gli attentati
terroristici avvenuti l'11 settembre
negli U.S.A”.
Da notare che tale riduzione ha
interessato sostanzialmente una
categoria indispensabile in uno stato di
diritto ma che taluni considerano ormai
fastidiosa se non pericolosa:i
magistrati.
Il 28 giugno "Repubblica" pubblica 5
lettere (e-mail) risalenti al
luglio-settembre 2001, arrivate in un
floppy alla rivista bolognese "Zero in
condotta", con cui Biagi chiede a
varie personalità del mondo politico ed
economico il ripristino della sua
scorta.
Questi sono i fatti, tutto il resto è
fantasia.
L’arresto di presunti brigatisti,
l’“attenzione” che questi avevano
riservato ad illustri personaggi del
mondo accademico – Ichino, sopra tutti –
credo ci debbano indurre a riflettere
attentamente ed a concentrare gli sforzi
su quelli che potrebbero essere,
davvero, gli obiettivi sensibili e
maggiormente esposti.
Considerazioni doverose,
attuali,soprattutto in virtù del fatto
che in questa nostra italietta, scorte
ed auto di rappresentanza costituiscono
ormai uno status symbol, più che una
concreta, reale esigenza di tutela.
A fronte di concrete e documentate
emergenze, si continua invece a
dispensare privilegi agli amici, degli
amici, degli amici.
La ricorrenza delle morti di Biagi e D’Antona,le
circostanze che le hanno determinate,
impongono alcune riflessioni
sull’attribuzione (o meno) di alcuni
privilegi che dimostrano quanta
incoerenza ci sia in questo nostro
Paese!!
Da contribuente, mi chiedo perché dovrei
(anzi, devo!!) pagare un “servizio” a
chi appartiene a quella categoria – gli
imprenditori, in primis – che, da sempre
e quasi per definizione, hanno
privatizzato i profitti e socializzato
le perdite, in questo caso i costi????
Non è forse giunto il momento di
destinare - non solo a parole- risorse
ed uomini anche alla nostra sicurezza di
cittadini, ormai impossibilitati, in
alcune realtà, anche a passeggiare con
il cane?
Tuteliamo anche coloro i quali,anonimi,
ogni giorno e nell’indifferenza più
totale sono vittime dell’estorsione, del
pizzo, dell’usura, della criminalità in
tutte le sue forme, organizzate e non,
della prostituzione.
Coloro che hanno paura perché per loro
lo Stato non c’è e forse non c’è mai
stato e che di loro serba la memoria
solo quando c’è da “fare cassa”!
Offriamo garanzie anche gli addetti alla
sicurezza, con stipendi da fame,
costretti a volte anche a scambiarsi i
giubbotti antiproiettile o a fare la
colletta per la benzina dell’auto di
servizio!Ma d’altronde, si sa, siamo
italiani, la patria del Gattopardo.
Già vedo le facce di molti….Nella
società dell’apparire più che
dell’essere, c’è ancora chi rivendica
principi di coerenza e solidarietà
sociale, con la solita dietrologia, il
solito romanticismo proletario,la
desolante idolatria del martire di
turno.
No, niente di tutto questo ma solo
l’auspicio che i casi D’Antona, Biagi,
Siani, Impastato, Grasso,Tarantelli,
Tobagi, Pecorelli (e l’elenco sarebbe
fin troppo lungo….) non si ripetano mai
più. Che si assicuri protezione a chi è
realmente esposto ma anche ai deboli
senza nome oltre che all’imprenditore o
al politico di turno!!
Lascio a voi le riflessioni del caso…….A
me resta solo il ricordo del Prof.Biagi,
che ho avuto modo di conoscere
personalmente e di apprezzare per la sua
umanità, un rigurgito di indignazione e
tanta, tanta amarezza!
Nuccio Franco