TERREMOTO IN
ABRUZZO: E’ IL MOMENTO DELLA SOLIDARIETA’, MA
ANCHE DI UNA PRIMA RIFLESSIONE
Di fronte
all’ennesima “sciagura naturale” (ma esistono
davvero calamità naturali esenti da qualsiasi
responsabilità di ordine politico-economico e
antropico-culturale?) che ha investito il nostro
popolo e il nostro territorio, già straziato da
lunghi decenni di scempio e devastazione
ambientale, di pessima e dissennata gestione
politica del territorio e delle sue ingenti
risorse, anzitutto sul versante delle
amministrazioni locali e quindi sul piano
nazionale, un’antica storia contrassegnata da
pericolose connivenze e complicità con il
cinismo, la spregiudicatezza e il malaffare
della criminalità economica privata a beneficio
esclusivo di pochi speculatori avidi e arroganti
e totalmente privi di scrupoli, questo è
comunque il momento dei soccorsi e della
solidarietà verso le popolazioni colpite dal
sisma. In seguito verrà anche il tempo delle
polemiche e delle critiche costruttive, ossia
delle proposte.
Pertanto, voglio
esprimere subito tutta la mia vicinanza e la mia
solidarietà morale ed umana a chi sta soffrendo
in queste ore a causa del terremoto in Abruzzo,
anche perché ho direttamente conosciuto il
dramma provocato da una scossa sismica
estremamente distruttiva, avendo vissuto
personalmente la terribile esperienza del 23
novembre 1980 in Irpinia.
Tuttavia, una
prima analisi critica, benché ancora a caldo, si
può e si deve tentare, almeno per provare a
comprendere quanto sta accadendo e cosa si
potrebbe fare in futuro.
Il bilancio delle
vittime, dei feriti, dei senzatetto, dei danni
alle persone e alle abitazioni, è ancora
provvisorio e si va aggiornando in modo lugubre
e agghiacciante ora dopo ora.
Un dato sembra
certo e inoppugnabile: si tratta di uno degli
episodi sismici più violenti e catastrofici
degli ultimi anni, inferiore (per magnitudo
Richter) solo ai terremoti che prostrarono il
Friuli nel 1976, l’Irpinia e la Basilicata nel
1980. Un evento sconvolgente che ho vissuto
direttamente sulla mia pelle. Per questo, e a
maggior ragione, so di cosa parlo.
Alla devastante
potenza si aggiunga anche l’orario notturno in
cui si è manifestato il sisma: a quell’ora assai
inoltrata solo i più incalliti nottambuli erano
ancora svegli e in circolazione.
Non c’è dubbio
che il terremoto che ha sconvolto l’Abruzzo è
stato geograficamente più circoscritto, nonché
più limitato nella sua durata temporale rispetto
a quello che la sera del 23 novembre 1980 rase
al suolo interi paesi dell’Irpinia e della
Lucania, estendendosi in un’area estremamente
vasta e profonda, al punto che la scossa
maggiore (durata all’incirca un minuto) fu
avvertita a centinaia di chilometri di distanza.
Ma l’ultimo evento sismico, per gli effetti di
distruzione provocati, risulta molto più grave e
drammatico di quello che colpì l’Umbria e le
Marche nel 1997 e il Molise nel 2002. Tali
riferimenti alle esperienze pregresse non sono
un puro ed inutile esercizio di contabilità
statistica, ma un modo per cercare di
comprendere chiaramente l’effettiva portata
dell’evento tellurico che ha sconquassato e
stremato le popolazioni dell’Abruzzo. Non a
caso, partendo dal terremoto dell’Irpinia e
dalla Basilicata nel 1980, giungendo a quello
dell’Umbria e delle Marche nel 1997, a quello
del Molise nel 2002, ed infine oggi in Abruzzo,
l’area geografica direttamente interessata e
minacciata dai fenomeni sismici più frequenti e
dannosi, è esattamente quella lunga striscia di
territorio che attraversa la catena
dell’Appennino centro-meridionale. Si tratta di
una delle zone a più alto rischio sismico
dell’intera penisola, probabilmente del mondo. E
questo è un elemento di verità assolutamente
innegabile e incontrovertibile.
Dunque, per
quanto concerne il rischio sismico, l’Italia
centro-meridionale è comparabile al Giappone e
alla California. Invece, per quanto attiene agli
interventi di prevenzione sul territorio, che
richiedono soprattutto un’opera di educazione,
ossia di sensibilizzazione e preparazione
culturale (da affidare non solo alle istituzioni
scolastiche che dovrebbero essere deputate a
tale compito, ma pure ad altre agenzie formative
presenti sui territori), siamo purtroppo
paragonabili ad altri Stati, che noi riteniamo
siano più arretrati e sottosviluppati del nostro
paese, invece ci sarebbe da chiedersi chi è il
vero “Terzo Mondo”…
Si pensi che la
terra d’Abruzzo è stata dichiarata una zona ad
alto livello di pericolosità rispetto al rischio
sismico sin dagli anni ’60, per cui si presume
che la normativa antisismica in materia di
edilizia abitativa fosse stata adottata
(evidentemente solo sulla carta) sin da quegli
anni lontani. Invece, dalle notizie appena
trasmesse veniamo a scoprire che, ancora oggi, a
causare il maggior numero di morti sono stati i
palazzi di quattro piani ed oltre (e c’è chi
legifera, tramite decreti d’urgenza, per
incentivare la cementificazione del territorio e
l’ampliamento dell’edilizia abitativa) costruiti
col cemento (dis)armato, così come è accaduto in
precedenti esperienze. Un dato davvero
inquietante e raccapricciante. Insomma, la
memoria storica che dovrebbe essersi formata
nella coscienza delle persone del nostro paese,
sembra non valere proprio a nulla.
In questi giorni
si viene ad apprendere (per chi non lo sapesse)
che in Italia la normativa antisismica più
stringente e rigorosa è stata varata (e non
parliamo della giusta e doverosa applicazione
della legge) solo dopo il terremoto del Molise
nel 2002, esattamente con l’Ordinanza n. 3274
del 20 Marzo 2003.
Sembra
incredibile ed assurdo, ma è così. Checché ne
dicano i sepolcri imbiancati presenti in maniera
trasversale nella politica nostrana, nonché i
loro servi e padroni.
Comunque, si sa
che in Italia una cosa sono le leggi, ben altra
cosa sono l’osservanza e l’applicazione delle
leggi soprattutto da parte di chi dovrebbe
eseguirle e farle rispettare.
Nonostante la
storia sismica del territorio italiano avrebbe
dovuto insegnarci a costruire le case, gli
ospedali e le scuole, non dico come in Giappone,
ma molto meglio di quanto non avvenga in realtà,
e avrebbe dovuto abituarci ad una politica
educativa e culturale di prevenzione, per
scongiurare simili eventi catastrofici, invece
la realtà raccapricciante dell’ultima tragedia
ci dimostra che le esperienze precedenti non
sono valse proprio a nulla. Si continua a far
finta di nulla, come se l’Italia fosse immune da
ogni rischio sismico e ambientale.
Dunque, un altro
elemento di critica, non polemica o gratuita,
bensì costruttiva, da proporre sin da subito, è
il seguente.
Viene giustamente
da chiedersi come mai in un paese ad elevato
rischio di catastrofi sismiche e ambientali,
quale l’Italia, in cui periodicamente si
verificano “disastri naturali” (terremoti,
alluvioni, frane ecc., possono davvero essere
considerati come semplici “disgrazie” o
“iatture” dovute alla furia della natura, oppure
esistono precise responsabilità storiche da
ascrivere all’uomo, ovvero alla gestione
politica, all’incuria e allo scempio del
territorio?), il governo nazionale ragiona
insieme ai governatori delle regioni su come
incentivare l’edilizia abitativa oppure
sull’ipotesi di costruzione del ponte sullo
stretto di Messina, invece di dedicarsi
seriamente alla progettazione e alla
realizzazione di un piano di risanamento
ambientale e antisismico, da varare ed attuare
finalmente su scala nazionale.
La risposta
sarebbe scontata e banale: gli affari d’oro che
scaturiscono dalle speculazioni edilizie, o di
altro tipo, sono indubbiamente maggiori rispetto
ad un’opera di risanamento antisismico e
ambientale su tutto il territorio nazionale, che
ridurrebbe gli spazi di agibilità e le
possibilità di profitto economico per gli
speculatori e agli affaristi, ed ovviamente per
i loro complici e protettori, vale a dire i
referenti politici e istituzionali. Questa è una
verità storica ormai assodata da tempo, eppure
sembra che venga scoperta per la prima volta.
La mia
riflessione non vuole fornire un facile e comodo
pretesto per una strumentalizzazione di parte a
livello politico, né intende prestarsi ad
interventi di “sciacallaggio politico”, come
potrebbero banalmente obiettare i detrattori più
faziosi e in malafede, ma si propone di offrire
un ragionamento il più possibile onesto e
obiettivo, utile e costruttivo per l’avvenire,
affinché le future generazioni non debbano
subire sulla loro pelle le dolorose esperienze
vissute in passato dalle genti irpine e lucane,
ed oggi dalle popolazioni dell’Abruzzo.
Lucio Garofalo,
di Lioni (in Irpinia)
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