La Lega
Nord, vero e proprio “cane da guardia”
del padrone di Arcore, un partito da sempre
aduso ad oltraggiare e demonizzare i propri
avversari, o chi non fa parte del proprio
elettorato, oppure chi semplicemente non si
piega e non si conforma agli schemi dogmatici
del “pensiero unico”, questa volta
attacca ed insulta i precari della scuola
definendoli addirittura come “disadattati
sociali”.
Si legga, infatti,
il seguente articolo:
http://www.territorioscuola.com/interazioni_2/2009/07/18/2226-180709-italiani-imbecilli-la-lega-attacca-i-precari-della-scuola-disadattati-sociali/
Di fronte alle
scellerate e incessanti offese inflitte alle
istituzioni della Scuola Pubblica e alla
professionalità docente, che spesso ha saputo e
dovuto supplire alle inadempienze e alle
mancanze dello Stato, non si può fare a meno di
reagire con sdegno e decisione. Simili
aggressioni, vigliacche e vergognose,
provenienti da “autorevoli” ambienti
legati alle forze di governo, vanno
immediatamente esecrate e respinte con fermezza.
Nel contempo, credo che a simili attacchi
vandalici si debba replicare facendo ricorso
soprattutto alle "armi", efficacissime in
questi casi, del sarcasmo e dell'ironia.
Pertanto, se mi è
consentito replicare, mi piacerebbe postare un
breve intervento, a sfondo satirico, che scrissi
qualche tempo fa, esattamente all'epoca - non
molto remota - del ministro Mor-Attila. La
quale, col senno di poi, si è rivelata davvero
una dilettante, persino maldestra, rispetto
all'attuale ministro, molto più abile, esperta e
specializzata nel devastare e cancellare quanto
di buono esiste nella scuola italiana. Segue
l'articolo.
L’AZIENDUOLA
Ormai sono
cosciente di lavorare in un’azienda!...
Quando, anni fa,
decisi di fare l’insegnante e fui assunto nella
scuola in quel ruolo, non immaginavo certo di
dover operare in un’azienda. Anzi, ero convinto
che il mondo della scuola fosse totalmente
estraneo ed immune da ogni logica capitalista.
Anche per questo scelsi l’insegnamento, che
reputavo una professione creativa e pensavo
offrisse molto tempo libero, un bene più
prezioso del denaro.
A distanza di
anni dal mio esordio lavorativo, eccomi
catapultato in un ingranaggio di fabbricazione
industriale, con la differenza che nella scuola
non si producono merci di consumo. Del resto,
non mi pare di aver ricevuto una preparazione
idonea ad un’attività manifatturiera - ma si sa,
viviamo nell’era della “flessibilità”…
Ormai sento
sempre più spesso adoperare un lessico
tipicamente imprenditoriale: termini e locuzioni
come “economizzare”, “profitto”,
“utenza”, “competitività”,
“produttività”, “tagliare i rami secchi”
e via dicendo, sono diventati di uso assai
comune, soprattutto tra i cosiddetti
“dirigenti scolastici” che non sono più
esperti di psico-pedagogia e didattica, ma
pretendono di essere considerati
“presidi-manager”. Perlomeno, in tanti si
proclamano e si reputano “manager”, ma
sono in pochi a saper decidere abilmente come e
perché spendere i soldi, laddove ci sono.
Inoltre, anche
nella Scuola Pubblica si sono ormai affermati
tipi di organigramma e metodi di gestione
mutuati dalla struttura manageriale dell’impresa
neocapitalista. All’interno di questo assetto
gerarchico sono presenti vari livelli di comando
e subordinazione.
Si pensi, ad
esempio, al “collaboratore-vicario” che, stando
all’attuale normativa, viene designato
dall’alto, direttamente dal dirigente (prima,
invece, era il Collegio dei docenti che eleggeva
democraticamente, cioè dal basso, i suoi
referenti, a supportare il preside nell’incarico
direttivo). Si pensi alle R.S.U., ossia i
rappresentanti sindacali che sono eletti dal
personale lavorativo, docente e non docente. Si
pensi alle “funzioni strumentali”, ossia
le ex “funzioni-obiettivo”.
In altri termini,
si cerca di emulare, in maniera comunque
maldestra, la mentalità economicistica, i
sistemi ed i rapporti produttivi, i
comportamenti e gli schemi psicologici, la
terminologia e l’apparato gerarchico, di chiara
provenienza industriale, all’interno di un
ambiente come la Scuola Pubblica, cioè nel
contesto di un’istituzione statale che dovrebbe
perseguire come suo fine supremo “la
formazione dell’uomo e del cittadino” così
come detta la nostra Costituzione (altro che
fabbricazione di merci).
E’ evidente a
tutte le persone dotate di buon senso o di
raziocinio, che si tratta di uno scopo
diametralmente opposto a quello che è
l’interesse primario di un’azienda, cioè il
profitto economico privato.
La Mor-Attila
(oggi la Gelmini) e i vari “manager”
della scuola, in buona o in mala fede confondono
tali obiettivi, alterando e snaturando il senso
originario dell’azione educativa, una funzione
che è sempre più affine a quella di un’agenzia
di collocamento o, peggio ancora, a quella di
un’ area di parcheggio per disoccupati
permanenti.
Perché nessuno mi
ha avvertito quando feci il mio ingresso nella
scuola? Probabilmente, qualcuno potrebbe
obiettare: “Ora che lo sai, perché non te ne
vai?”. Ma questa sarebbe un’obiezione
aziendalista e come tale la rigetto!
Lucio Garofalo
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