Minacce per
Berlusconi, Fini e Bossi
La logica cinica
e criminale che regola la "strategia della
tensione", è riassumibile nel famigerato
slogan "destabilizzare per stabilizzare".
E' risaputo che
la "strategia della tensione" fa
miracoli, è il miglior rimedio per un governo in
crisi o in calo di consensi. Come è già accaduto
altre volte nella storia, per riacquistare il
consenso perduto basta qualche bomba, oppure
solo la minaccia di una bomba o di un attentato
terroristico.
Come avvenne nel
caso del regime democristiano, che intorno alla
metà degli anni '70 era travolto dagli scandali
ed era sprofondato in una fase di declino che
sembrava quasi inarrestabile sul piano
ideologico, politico ed elettorale, mentre il
Partito comunista era in netta ascesa, ebbene
nel 1978 il sequestro Moro capitò esattamente
come il cacio sui maccheroni e riuscì a salvare
la Dc e il suo sistema di potere politico,
affaristico e criminale, da un crollo certo e
definitivo.
Ed ecco che la
storia si ripete sempre, la prima volta in
tragedia, la seconda in farsa.
Infatti, è una
commedia palesemente ridicola e surreale, se non
addirittura grottesca, la lettera inviata sabato
17 ottobre al quotidiano "Il Riformista",
contenente minacce, indirette, di morte per
Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e Umberto
Bossi da parte di una sigla, le sedicenti
"Brigate rivoluzionarie per il comunismo
combattente". Una sigla buffa e
farneticante, già adoperata all'inizio di
ottobre per una missiva spedita ai giornali
"Il Messaggero", "Il Foglio" e "Il
Fatto quotidiano", e immediatamente
giudicata dagli investigatori come assolutamente
inattendibile, folle e delirante.
Lucio Garofalo
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