La
paura è antica quanto il genere umano, è un
impulso preesistente ad ogni forma di cultura e
di intelligenza razionale, nasce con la vita
animale e si lega all’istinto primitivo di
auto-conservazione della specie. Essa discende
dalla paura più naturale che è la paura della
morte. Perciò, la paura è una pena che si sconta
e si vince vivendo.
Sin dai primordi l’umanità ha imparato a
convivere con la paura, con lo sgomento
suscitato dalla furia naturale e dalle sue
terribili manifestazioni: fulmini, tuoni,
terremoti, eruzioni vulcaniche e altri
cataclismi. Nel corso dei millenni della
preistoria l’uomo ha provato ad esorcizzare la
paura, spiegando i fenomeni fisici come eventi
soprannaturali di origine divina. In tal modo è
nata la religione mitologica che affonda le sue
radici nelle paure più ancestrali e remote
dell’umanità.
Ancora oggi, in un’era dominata dal razionalismo
e da un delirio di onnipotenza tecnica ed
utilitaristica dell’uomo, la paura è un elemento
costante della nostra esistenza. Essa assume
innumerevoli manifestazioni, si insinua nei
meandri oscuri dell’animo umano, come un virus
subdolo e letale che causa più danni di
qualsiasi epidemia infettiva.
E’
indubbio che la paura sia uno dei tratti tipici
e peculiari della natura animale insita
nell’umanità, ma non può diventare
un’ossessione. Eppure la nostra realtà è sempre
più assillata dalle paure, a cominciare dalla
paura di morire fino alla paura di vivere. Non a
caso il lugubre primato dei suicidi, soprattutto
tra le giovani generazioni, è conteso dalle
nazioni più opulente dell’occidente, il Giappone
in testa. Non a caso le società sono governate
con il ricorso alla paura, gli Stati più
avanzati sul versante tecnologico si servono
delle paure per esercitare un controllo sociale
sempre più esteso e capillare.
Non a caso il “sultano” nazionale ha vinto le
elezioni politiche nel 1994, nel 2001 e nel
2008, giocando la carta dell’idiosincrasia
anticomunista, che costituisce tuttora una delle
inquietudini ossessive della borghesia italiana.
Lo spettro del comunismo, dopo il fallimento del
“comunismo reale”, dopo la caduta del muro di
Berlino e il tracollo dell’URSS, è agitato più
che in passato per conquistare e conservare il
potere.
Anni fa, dall’Estremo Oriente abbiamo importato
una nuova paura incarnata nel virus
dell’Aviaria, meglio nota come “influenza dei
polli”, che ha diffuso timori oltremodo
infondati e irrazionali, prefigurando scenari
apocalittici di stragi pandemiche paragonabili
alle peggiori pestilenze del passato. Invece,
come si è verificato in altre occasioni, il
panico si è rivelato ben più grave e pericoloso
della patologia “ornitologica”. Che polli! Ma i
veri “polli” sono i miseri utenti e spettatori
passivi della disinformazione di massa.
L’aviaria si è dimostrata una bufala.
Già nel 1998/99 numerosi polli perirono a causa
del contagio, ma i mass-media non ne parlarono e
così tutti continuarono a mangiare polli senza
alcun allarme sanitario. Al contrario, lo
spavento provocato dall’aviaria ha messo in
ginocchio un’intera economia, incrementando i
già colossali profitti delle case farmaceutiche.
Tale vicenda conferma l’enorme importanza dei
mass-media, la cui influenza è notevolmente
decisiva. Aveva ragione Goebbels, il ministro
della propaganda nazista, quando affermava: “Una
bugia, ripetuta continuamente, viene accettata
dal popolo come una verità incontestabile”.
Negli anni ’80 il virus HIV seminò una
gigantesca psicosi nel mondo occidentale, ma fu
presto scongiurato, tuttavia rappresenta oggi la
principale malattia infettiva nel Sud del mondo,
in particolare nel continente africano, un morbo
più letale della tubercolosi e della malaria che
pure causano stermini di massa. Mentre in
occidente il virus dell’AIDS è ormai vinto
grazie ai risultati ottenuti nel campo della
ricerca farmacologica, nei paesi del Terzo e
Quarto mondo esso uccide più di ogni malattia a
causa degli esorbitanti costi imposti dalle
multinazionali farmaceutiche, che risultano
potenti quanto le compagnie petrolifere e quelle
legate all’industria bellica, per cui sono i
veri padroni del pianeta.
Nei secoli bui della nostra storia, il terrore
suscitato dalla peste bubbonica causava più
danni del morbo stesso. Ad esempio, nell’Europa
medievale la paura degli untori era molto più
nociva e deleteria della peste che pure
sterminava milioni di vite umane.
Le
vicende relative al nuovo virus pandemico H1N1,
meglio conosciuto come “influenza A”, che
avrebbe dovuto sterminare mezza Europa,
confermano che la paura è più subdola e
pericolosa di qualsiasi morbo epidemico, ma nel
contempo può risultare lucrosa per chi, in modo
cinico e spregiudicato, riesce a trarne
vantaggio. La psicosi collettiva generata dal
nuovo virus, che il viceministro della Sanità
Ferruccio Fazio ha definito come “meno
aggressivo” dell’influenza stagionale, è un
fenomeno di proporzioni massicce. In realtà,
l’allarmismo eccessivo serve a giustificare la
corsa dei paesi dell’Unione Europea all’acquisto
di milioni di dosi di vaccino “a titolo
preventivo e cautelativo”, che sta facendo la
fortuna dei colossi farmaceutici multinazionali.
Lucio Garofalo
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