Per
illustrare in modo chiaro ed efficace il mio
punto di vista critico sull'azione “terapeutica”
esercitata dal ministro Gelmini potrei ricorrere
ad una metafora molto semplice ed eloquente:
penso che la Gelmini stia operando come quel medico che per
"rianimare" un paziente quasi agonizzante decide
di sferrargli il colpo letale.
Oggi
la scuola è un organismo quasi cadaverizzato, ma
non sarà certo la Gelmini, e tanto meno
il super-ministro Tremonti, a farla rinascere,
specialmente con interventi di mera amputazione
chirurgica. Al massimo potranno far risorgere,
dalle ceneri del passato dove è rimasto
sepolto per decenni, la figura (obsoleta) del
"maestro unico".
Un anacronismo storico e
metodologico-educativo che continua a
sopravvivere nell’odierna società, malgrado
l’abrogazione legislativa e il superamento da
parte delle più aggiornate ed avanzate teorie
nel campo psico-pedagogico e didattico.
Il “maestro unico” ha
continuato ad esistere attraverso la
televisione-spazzatura, nell’impero globale
delle merci e dei consumi,
nel pensiero unico dell’ideologia edonistica e
consumistica trasmessa dalla pubblicità
commerciale, nell’omologazione e
nell’appiattimento culturale imposto alle
giovani generazioni degli ultimi anni dal
“Grande Fratello” televisivo, un potere
economico-ideologico asceso stabilmente al
governo della nazione. Un dominio totalitario
che include ed oltrepassa il fenomeno del
berlusconismo, avendolo assimilato ed inglobato
nella propria sfera di influenza.
Il pensiero unico, oggi
dominante, si è dunque diffuso in modo subdolo e
capzioso, come un virus pernicioso ed insidioso,
frutto di un crescente degrado culturale della
società italiana (ed occidentale in genere), un
degrado antropologico di cui il berlusconismo è
solo uno degli effetti (il più evidente e
clamoroso, forse) ma non la causa.
Le radici storiche di tale
degrado affondano in un’epoca relativamente
recente.
Le origini del degrado
vanno ricercate più indietro nel tempo rispetto
all’avvento di Berlusconi e dei suoi network
televisivi privati. Vanno indagate in quella
fase storica di transizione che sono stati gli
anni ’60, gli anni del “boom”
economico-consumistico, gli anni della
scolarizzazione e dell’acculturazione (e
dell’omologazione) di massa.
Anni
intensi e convulsi, segnati da grandi mutamenti
socio-culturali, economici e strutturali, anni
in cui il “Potere occulto” del mercato e dei
falsi bisogni indotti, di cui parlava Pier Paolo
Pasolini nei suoi “Scritti corsari”, si imponeva
in modo profondo
e duraturo, quasi
definitivo, affossando la millenaria cultura
contadina, una cultura statica ed immobile, in
cui era rimasto chiuso ed immerso gran parte del
popolo italiano.
Oggi questo degrado è come
un’affezione tumorale causata da una
contaminazione originaria risalente a diversi
anni addietro, ma che esplode improvvisamente,
degenerando in una metastasi cancerosa
irreversibile e conducendo irrimediabilmente
allo stadio terminale. L’ultimo stadio della
società tardo-capitalista.
Lucio Garofalo
“I care” (dice Veltroni l’americano)
“I precare” (dice un lavoratore precario)
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“L’Italia ha il popolo più analfabeta e la
borghesia
più ignorante d'Europa”
“L’uomo medio è un pericoloso delinquente,
un mostro. Esso è razzista, colonialista,
schiavista, qualunquista”
(PIER PAOLO PASOLINI,
La ricotta,
1963,
Mamma Roma, 1962)
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