“Quando la
notizia non si dà, ma si fa”,
Sbatti il mostro in prima pagina……e se il mostro
fosse totalmente estraneo al reato imputatogli e
assolutamente innocente, come successe a Enzo
Tortora e ad altri 5 milioni di cittadini
innocenti, vittime di errori giudiziari negli
ultimi decenni ?
Sbatti il mostro
in prima pagina è un film del 1972 diretto da
Marco Bellocchio ed interpretato da Gian Maria
Volontà. La trama definisce
la Milano degli anni ’70. Nel
clima teso della contrapposizione politica,
nella redazione del quotidiano fittizio “Il
Giornale” (l'omonimo verrà fondato 2 anni
dopo, nel 1974) il redattore capo, su invito
della proprietà, segue gli sviluppi di un
omicidio a sfondo sessuale per incastrare un
militante della sinistra extraparlamentare e
strumentalizzare il fatto politicamente. La
campagna mediatica sortisce l'effetto sperato,
ed il mostro viene condannato innanzitutto sulle
prime pagine del giornale e la condanna, in
primis morale, aiuta l'area reazionaria a
screditare gli ambienti della sinistra nella
fase elettorale.
Il cinema ha posto
attenzione su un fenomeno diffuso in Italia. Il
tempo passa, le parti si invertono, ma il vizio
non si perde.
Si usa denominare
quarto potere la capacità dei mass media di
influenzare le opinioni e le scelte
dell'elettorato. È questo un uso metaforico del
termine potere, distinguendolo da quello
legislativo, esecutivo e giudiziario.
In Italia ogni
notizia diffusa dalla stampa sembra la lettura
pedissequa della velina passata dalle autorità
giudiziarie o di pubblica sicurezza. Il gergo è
quello dell’accusa.
Nessuno spazio è
dato alla difesa. Nessuna remora a pubblicare
l’immagine e i dati delle persone.
Naturalmente le
fughe di notizie, per fatti sottoposti a segreto
istruttorio, dovrebbero essere perseguite,
incriminando i magistrati che ne sono i custodi.
Invece la punizione è parziale.
Carlo Vulpio, già
inviato del Corriere della Sera, è uno tra
quelli che ha seguito passo passo le inchieste
della procura di Catanzaro portate avanti dal Pm
Luigi De Magistris. Le ha seguite così da vicino
che è stato incriminato assieme al Pm e ad altri
giornalisti per associazione a delinquere
finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa.
Lui, in particolare, per concorso morale. Capi
d’accusa mai ipotizzati da quando esiste
la Repubblica. Non solo è stato
incriminato, ma è stato anche rimosso dal
giornale. Ma torniamo all’oggetto
dell’inchiesta.
Il fenomeno dei
falsi scoop è la dèbacle del giornalismo
italiano.
18 luglio 2009: a
partire dalle 15,30 tutte le Agenzie battono la
notizia di tre suore fermate in autostrada tra
Torino e Aosta perchè correvano a 180 all'ora
per correre dal Papa in ospedale. Il troppo
stroppia: un'altra notizia che mette in cattiva
luce delle religiose? Nella redazione di
“Avvenire” qualcuno ricorda che pochi giorni
prima si parlava di una neo-suora, di cui erano
state pubblicate foto piccanti su Facebook; di
un sacerdote beccato a guidare ubriaco perchè
aveva fatto 4 messe di seguito... E allora parte
il primo controllo, in parallelo -va aggiunto- a
quello dei cronisti de “Il Giornale”. In un
minuto e mezzo “Avvenire” scopre che dietro
queste storie ci sono sempre gli stessi
avvocati. E scopre che alla Polizia non risulta
niente.
“Falsi
giornalistici. Finti scoop e bufale quotidiane”
(Guida editore). Il saggio presenta un
tema scottante, quello dei falsi giornalistici.
Esso mette in luce come, negli ultimi anni,
molti dei quotidiani italiani, che hanno
calamitato l'attenzione dei lettori, risultino
invece falsi del tutto. Tra l'altro i redattori
hanno sempre meno la possibilità di verificare
la credibilità delle notizie, che vengono
diffuse alcune volte con lo scopo di diminuire
la credibilità dei giornali, oppure per
utilizzare gli stessi come strumento per
calunniare o mettere in difficoltà qualcuno. Il
volume è stato adottato nell'Università di
Salerno, Facoltà di Sociologia e Corso di laurea
in Scienze della comunicazione.
Ma allora, viene
da chiedersi, come la mettiamo con i media, che
spesso propongono ai loro lettori, oltretutto
con ambizioni di ufficialità, burle fantasiose
ed inverosimili almeno quanto quelle pubblicate,
con chiaro intento provocatorio e clownesco, dai
siti internet sparsi per il pianeta?
Un esempio
lampante è stato offerto dal celebre quotidiano
francese "Le Monde", che anni fa diede in prima
pagina la notizia della morte di Monica Vitti,
provocando lo sconcerto dell'attrice.
I giornalisti,
senza che vi sia intervento disciplinare da un
ordine elevato a casta, continuano ad attentare
alla reputazione dei cittadini indifesi,
coprendosi dietro il diritto di critica o di
cronaca. D’altro canto, invece, tacciono le
malefatte dei poteri forti, per collusione o per
codardia.
Per fare
sensazione e nocumento si redigono i pezzi,
improntandoli in modo tale da anticipare giudizi
di condanna: giudizi che sono propri di un
procedimento giudiziario in contraddittorio e,
come ben si sa, già di per sé inattendibili con
un “sistema giustizia” allo sfascio.
Neanche, poi, che
i giornalisti venissero dalla luna, senza
macchia e senza peccato. Invece si scopre che le
modalità di accesso alla professione sono
identiche a quelle degli avvocati, magistrati,
professori universitari, ecc..(con inchieste che
ne hanno inficiato la credibilità), o che i
media sono foraggiati dalla politica e
dall’economia. Fatti, questi, che ne minano la
credibilità.
Poi, spesso, si
scopre, anche, che chi vorrebbe imporre a noi la
morale, invece è peggio del mostro sbattuto in
prima pagina. Notorio è quanto è successo al
direttore di “Avvenire”, il cui curriculum
morale è stato pubblicato da Vittorio Feltri su
“Il Giornale.”
Presidente Dr Antonio Giangrande
ASSOCIAZIONE
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