In
risposta ad ALDO MATURO
Caro
Aldo,
approfitto dell’ospitalità di vivitelese
per farti arrivare un saluto ed un
abbraccio caloroso.
Sono contento che attraverso il sito tu
continui a mantenere un forte legame con la
nostra comunità e ad animarne il dibattito
culturale. Altri nostri amici, in primis,
Riccardo Affinito, che ho la fortuna di
vedere più spesso stanno dando un contributo
importante per consolidare la costruzione
della memoria storica di Telese.
La molla che mi ha spinto ad inforcare carta
e penna è scaturita dall’emozione che ho
provato nel leggere
il tuo articolo
sull’immigrazione clandestina.
Ritengo il tuo scritto un monumento al tema,
e sarebbe bello farlo conoscere nelle scuole
per mantenere viva la memoria
sull’immigrazione che ha profondamente
segnato il nostro paese.
Siccome “il sonno della ragione genera
mostri” , il tuo contributo aiuta la
battaglia politica e culturale per evitare
che si consolidi una spinta xenofoba,
sospinta dalla crisi economica e sociale che
attanaglia l’Italia e non solo.
Aggiungo al richiamo che tu opportunamente
fai, alla relazione dell’ispettorato per
l’immigrazione del congresso americano,
e soprattutto al documento
sull’immigrazione svizzera, come era
vista dal Movimento Operaio l’esperienza
migratoria:
“quel giorno che sono andato a settentrione
ho maledetto tanto, moglie mia, peggio però
la disoccupazione, che dalla nostra terra
non va via. La Svizzera ci accoglie a
braccia chiuse, ci mette il pane duro dentro
in bocca, tre anni l’ho inghiottito stò
paese, tre anni carcerato alle baracche.
Alla periferia, in mezzo ai fossi, siamo 40
uomini ed una radio, se vado al centro a
fare quattro passi, le strade sono piene di
odio. Lo sfruttamento è calcolato bene ci
carica fatica ogni minuto, è un orologio di
gran precisione, la Svizzera cammina con il
nostro fiato.
Sono tornato a giungo per il voto, falce e
martello ho messo alle elezioni….
Signori sulla terra ci
volete per fare la fame, per fare un ponte,
ma verrà un giorno che la pagherete e che
non partirà più l’emigrante”
.
Questa era una delle canzoni che molti di
noi, giovani socialisti – PSIUP – cantavamo
alla fine degli anni ’60 per mantenere vivo
il rapporto con tanti nostri coetanei che,
in quegli anni, facevano la valigia per
andare in Svizzera ed in Germania.
Per questo la migliore tradizione cattolico
liberale, che tu continui a far vivere
attraverso l’esperienza concreta, e quella
laico socialista possono, e debbono,
costituire l’antidoto per costruire risposte
giuste ed adeguate, certo non facili, al
tema dell’immigrazione moderna.