
Dopo centinaia di proiezioni in tutta Italia,
dopo riconoscimenti e premi di prestigio
nazionale e internazionale (SalinaDocFest, David
di Donatello, Arcipelago Film Festival, per il
Cinema Italiano, BellariaFilmFestival e molti
atri)
finalmente in onda sulla RAI.
COME UN
UOMO SULLA TERRA
di Andrea Segre, Dagmawi Yimer e Riccardo
Biadene
prodotto da Asinitas Onlus e
ZaLab (52’ – 2008)
9 LUGLIO 2009
ore
23.40 – RAI 3
Per la prima volta in un film, la voce diretta
dei migranti africani sulle brutali modalità con
cui la Libia controlla i flussi migratori, su
richiesta e grazie ai finanziamenti di Italia ed
Europa.
Dal 2003 Italia ed Europa
chiedono alla Libia di fermare i migranti
africani. Da maggio di quest’anno la marina
italiana respinge i migranti in Libia. Ma cosa
fa realmente la polizia libica? Cosa
subiscono migliaia di uomini e donne africane?
E perchè tutti fingono di non saperlo?
“Come un uomo sulla terra” è un viaggio di
dolore e dignità, attraverso il quale Dagmawi
Yimer riesce a dare voce alla memoria quasi
impossibile di sofferenze umane, rispetto alle
quali l’Italia e l’Europa hanno responsabilità
che non possono rimanere ancora a lungo
nascoste.
(Gabriele del Grande, dal sito
http://comeunuomosullaterra.blogspot.com)
:
“Storie di rifugiati che, dopo il deserto e il
mare, hanno smesso di nascondersi, e sono usciti
allo scoperto, per camminare a testa alta, come
un uomo sulla terra. Storie di rifugiati che
accusano senza mezzi termini la polizia libica
di violenze e torture nei campi di
detenzione finanziati dall’Italia. Storie che
ribaltano i ruoli.
E fanno delle migliaia di “clandestini” che
sbarcano sulle nostre coste, altrettanti
testimoni di un durissimo atto d’accusa.
Troppo spesso infatti il dolore viene rimosso
subito dopo l’arrivo a Lampedusa, viene vissuto
come un dramma privato, coperto dall’onta. E
invece non può non essere un dramma collettivo.
Per il numero di persone coinvolte (oltre 50.000
deportati l’anno) e per le chiare
responsabilità dell’Italia.
Se queste storie passeranno sotto silenzio, sarà
come far morire due volte le vittime
dell’emigrazione africana. I loro corpi
giacciono a migliaia sulle piste del Sahara
e nei fondali del Mediterraneo. E chiedono
giustizia.”
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