Come “cittadini
in movimento”, vista
l’assonanza con le tesi che stiamo sostenendo,
riteniamo utile riportare una sintesi della
relazione che Maurizio Pallante (Movimento per
la Decrescita Felice) ha illustrato in occasione
della presentazione delle liste civiche per le
prossime amministrative, disponibile
integralmente in video sul
blog di Beppe Grillo
(il titolo è nostro, così come la sintesi
proposta).
GLI ENTI LOCALI E L’ECONOMIA
La
crisi economica che stiamo vivendo è una crisi
terribile perché somma due aspetti: l’aspetto
economico della sovrapproduzione di merci che
non si riescono a vendere e l’aspetto
ambientale, sia dal punto di vista
dell’esaurimento delle risorse, sia dal punto di
vista delle emissioni inquinanti, con
l’aggravarsi dell’effetto serra.
E’
stata una crisi di sovrapproduzione fin
dall’inizio, anche quando la volevano mascherare
come una crisi di carattere finanziario, quando
cioè le banche americane da un lato prestavano
dei soldi per comprare delle case a persone che
non avrebbero potuto restituirli (pur di
sostenere l’industria dell’edilizia), e
dall’altro consentivano di continuare a produrre
al di là di quello che il mercato era in grado
di assorbire.
Entrambi gli aspetti della crisi, sia quello
economico – finanziario e occupazionale, sia
quello ambientale sono infatti dovuti al
meccanismo della crescita economica, al fatto
che l’economia ha come scopo quello di produrre,
ogni anno, quantità sempre maggiori di merci da
mettere sul mercato, anche se poi non si riesce
a venderle, consumando quantità sempre maggiori
di risorse e producendo quantità sempre maggiori
di rifiuti.
Berlusconi come propone di rilanciare
l’economia? Attraverso l’edilizia, da una parte
incentivando l’edilizia privata per aumentare le
cubature, dall’altra incentivando l’edilizia
pubblica attraverso le grandi opere.
Ma
pensare che si possa uscire dalla crisi
rimettendo in moto l’economia con il rilancio
della domanda e delle produzioni tradizionali,
in particolare l’edilizia e l’automobile è una
pericolosa illusione. Ciò per due ragioni:
1)
perché i mercati dell’automobile e dell’edilizia
sono più che saturi: abbiamo moltissime case
vuote, abbiamo delle automobili che non sappiamo
più dove mettere e il traffico nelle città è un
traffico ormai impossibile;
2)
perché sono prodotti estremamente energivori:
siamo abituati a pensare che l’automobile sia
energivora perché consuma benzina, ma anche gli
edifici sono energivori, e anzi lo sono più
delle automobili (soltanto per il riscaldamento,
in 5 mesi, il nostro patrimonio edilizio consuma
tanta energia quanto ne consuma tutto il parco
delle automobili e dei camion nel corso di un
anno).
Al
contrario, la recessione che stiamo vivendo può
essere un’opportunità, perché pone un freno alla
crisi ambientale: ci costringe a rimettere in
discussione i 50 anni di follia in cui siamo
vissuti, a partire dal fatto che c’era una
sovrabbondanza di petrolio a prezzo molto basso,
il che ci ha fatto perdere ogni buonsenso
nell’affrontare le cose, a rapportarci con il
mondo, e tra di noi.
L’alternativa alla visione berlusconiana è
rimettere in moto il ciclo economico e
rilanciare la produzione e l’occupazione con
misure politiche finalizzate a ridurre le cause
dei due aspetti della crisi. Dobbiamo sviluppare
delle tecnologie che riducono il consumo di
risorse e l’impatto ambientale: queste
tecnologie hanno un enorme spazio di mercato e
ci consentono di ridare senso al lavoro con
attività umana.
Dunque le liste che si presenteranno alle
prossime elezioni amministrative dovranno porre
al centro del loro programma lo sviluppato di
iniziative, di misure che consentono di
sviluppare le tecnologie per la riduzione del
consumo di risorse, e finalizzate quindi a
ridurre l’impatto ambientale: gli enti locali
possono fare molto da questo punto di vista.
Per esempio, dobbiamo porci l’obiettivo di
ridurre i consumi energetici almeno del 50%
(abbiamo degli sprechi che arrivano al 70,
all’80% dell’energia, non ha nessun senso che
una civiltà si chiami tecnologicamente avanzata
con queste performance così negative!).
Come possono gli enti locali ridurre i consumi
di energia? Il primo passo è fare una diagnosi
energetica degli edifici pubblici e metterli a
posto. Già ci sono degli amministratori pubblici
che hanno fatto la diagnosi energetica di tutti
i loro edifici, sono in grado di sapere quanto
consumano e quanto sprecano e sono in grado di
intervenire per metterli a posto.
Se
devono eseguire un intervento di manutenzione
straordinaria, con una limitata integrazione di
costi, possono realizzare i lavori in modo da
ridurre anche i consumi energetici. Basta
semplicemente l’extracosto in più del materiale
maggiormente efficiente, e con piccolissimi
investimenti la manutenzione straordinaria può
diventare una grande occasione di occupazione e
di riduzione dell’impatto ambientale.
Il
secondo punto sono i regolamenti edilizi: ogni
ente pubblico deve fare un allegato energetico
al regolamento edilizio, in cui dice: nel mio
territorio comunale non si possono più costruire
case o non si possono più ristrutturare le case
esistenti se consumano più di 7 litri al metro
quadrato di gasolio all’anno, che è la misura
massima consentita in Alto Adige, in Germania e
in altri paesi europei.
Sempre per rilanciare l’occupazione e la
produzione di queste tecnologie, gli enti locali
devono favorire lo sviluppo di società che si
chiamano Energy Service Company (E.S.Co.),
società che fanno le ristrutturazioni
energetiche a loro spese e che si ripagano
incassando, per un certo numero di anni, il
risparmio energetico che riescono ad ottenere.
Inoltre bisogna dire: no a ogni tipo di
centrale, in più che venga proposta nel nostro
territorio!
Invece, dopo la riduzione dei consumi, si deve
dare impulso allo sviluppo delle fonti
rinnovabili. Devono essere installati piccoli
impianti per autoconsumo degli edifici: non
abbiamo bisogno di grandi centrali, ma abbiamo
bisogno di tanti cittadini che si autoproducono
la loro energia e che mettono in rete le
eccedenze.
Si
tratta di mettere in moto un gigantesco
trasferimento di denaro, di soldi che oggi
spendiamo per comprare petrolio all’estero, per
pagare salari e stipendi alle persone che ci
consentono di ridurre i costi per l’acquisto di
petrolio dall’estero. Questa è la maniera di
rilanciare l’economia e di autofinanziare questo
tipo di progetti, proprio come intende fare il
Presidente degli Stati Uniti. Si tratta di
trasformare i risparmi in salari e stipendi per
un sacco di persone che hanno delle competenze,
e che sono a spasso in una maniera che è
inaccettabile da un punto di vista civile!
Infine si parla molto di biocombustibili, di
un’agricoltura finalizzata a produrre dei
biocarburanti. Nessuno parla invece del fatto
che alcune forme di agricoltura possano essere
utilizzate per produrre dei materiali che
consentono di ridurre i consumi di energia senza
implementare l’offerta di energia: per esempio
si può usare la canapa per fare la coibentazione
delle case. Inoltre si può usare per lo stesso
scopo la lana delle pecore, che non è
particolarmente raffinata, che viene considerata
rifiuto speciale e viene portata in discarica a
dei prezzi molto alti. Con questa lana si
possono fare dei cappotti nelle intercapedine
delle case per diminuire i consumi, e
contemporaneamente ridurre i rifiuti, i consumi
di energia, l’impatto ambientale; e si creano
dei posti di lavoro.
Altro punto su cui devono intervenire gli enti
locali è l’uso del territorio, bisogna dare uno
stop all’espansione dei piani regolatori, non si
deve più costruire neanche un centimetro
quadrato di terreno agricolo!
Diversamente da quanto sostiene l’industria del
cemento, in questa maniera non si blocca
l’occupazione, non si blocca l’edilizia, ma si
indirizza l’edilizia a ristrutturare
l’esistente: abbiamo costruito 50 anni in una
maniera vergognosa, abbiamo da mettere a posto
disastri fatti da 50 anni, c’è un mare di lavoro
da fare. Una misura di questo genere costringe
tutti coloro che lavorano nell’edilizia a
implementare la loro professionalità per
rimettere a posto guasti che si sono fatti, e
per costruire in una maniera più rispettosa
dell’ambiente!
Non si deve costruire del nuovo ma rimettere a
posto l’esistete, lavorare alla riqualificazione
del patrimonio edilizio più obsoleto, abbattere
se è necessario e ricostruire in maniera più
decente.
Anche la riqualificazione del verde urbano ha
un’importanza che noi spesso sottovalutiamo: va
riequilibrato il rapporto tra organico e
inorganico nelle città, perché se noi
sviluppiamo il verde in maniera significativa e
non soltanto per abbellimento, abbiamo 3
risultati fondamentali:
1)
le aree verdi assorbono l'acqua e consentono di
riempire le falde freatiche (le aree
impermeabilizzate fanno disperdere l’acqua, noi
aumentiamo i consumi di acqua e diminuiamo
contemporaneamente attraverso l’asfaltatura e la
cementificazione la capacità delle falde
freatiche di riempirsi);
2)
perché il verde urbano abbassa la temperatura
dei microclimi delle città che sono di 3 o 4
gradi superiori ai microclimi delle zone
circostanti;
3)
perché una forestazione urbana consente di
assorbire la Co2 e quindi di ridurre anche
l’effetto serra e di ridurre anche
l’innalzamento climatico!
Altro punto fondamentale è quello dei rifiuti:
il problema dei rifiuti deve essere affrontato
da un punto di vista economico, perché è l’unica
maniera di risolverlo anche da un punto di vista
ecologico.
Se
diminuiscono i rifiuti, se si recuperano le
materie prime secondarie che contengono, si ha
un risparmio sui costi di conferimento allo
smaltimento: se non porto un chilo in discarica
perché non l’ho prodotto, o perché l’ho
riciclato ho un risparmio del costo in discarica
o dell’incenerimento, o addirittura lo posso
vendere a qualcuno che ne fa una materia prima
secondaria.
Per cui la raccolta differenziata, la riduzione
di rifiuti devono consentire agli enti pubblici
di ridurre i costi che oggi sostengono le
popolazioni, e addirittura di farli trasformare
in un introito per accrescere i proventi del
loro bilancio, cosa necessaria per sostituire la
tendenza suicida a riempire il bilancio
svendendo il territorio come stanno facendo in
questo periodo.
Ancora i comuni devono gestire in maniera seria
i rifiuti organici delle mense scolastiche: ci
sono degli sprechi che gridano vendetta al
cospetto di Dio, ci sono delle quantità di cibo
impressionanti che vengono buttate, vengono
buttati interi plateau di materiale non toccato
per chissà quale motivo sanitario che viene
accampato, quando questo cibo potrebbe nutrire
moltissime persone che hanno bisogno!
Quello che non può essere utilizzato per questo
scopo, deve essere utilizzato per fare del
compostaggio per arricchire di sostanza organica
i suoli.
Bisogna valorizzare al massimo le popolazioni
contadine, i piccoli contadini di prossimità e
favorire il fatto che possano vendere i loro
prodotti nelle città, superando tutti gli
obblighi burocratici, partite Iva etc.
I
comuni devono entrare come protagonisti nella
politica economico – occupazionale, per esempio
favorendo il ciclo delle filiere corte: Bisogna
valorizzare i prodotti del territorio.
Non è più concepibile che si facciano fare tutti
questi chilometri ai prodotti creando impatto
ambientale, aumentando l’effetto serra e
togliendo occupazione, perché sfruttano i
lavoratori di popoli anche lontani, che non
vengono pagati il giusto e che ci consentono di
avere questi materiali che non fanno bene e non
fanno tanto bene quanto costano poco!
Questo fenomeno dei mercati contadini, delle
filiere corte è un fenomeno che sta avendo un
grande sviluppo dappertutto, in tutti i paesi
industriali avanzati: bisogna che anche le
nostre amministrazioni locali favoriscano questo
tipo di processo.
Bisogna aumentare gli acquisti verdi da parte
dei comuni, di prodotti realizzati in modo
ecocompatibile.
Infine il discorso dell’acqua, sul fatto che
l’acqua deve essere pubblica penso che non
dobbiamo neanche più discutere, perché è una
cosa talmente evidente e giusta che non dovremo
più spenderci parole.
Ma
non basta questo, perché dobbiamo impegnarci
molto per la riparazione degli acquedotti:
abbiamo gli acquedotti che perdono fino al 40%
di acqua, pompiamo l’acqua e la perdiamo,
dobbiamo fare in maniera di non disperdere
questa acqua.
Delle aziende che lavorino in una logica tipo
delle Esco (Energy Service Company) potrebbero
supportare i comuni in questo tipo di
iniziativa, mettere a posto gli acquedotti e
guadagnare sul risparmio idrico conseguente al
loro intervento.
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