5 maggio 2009
Castelvenere, il San Barbato “dimenticato”
Pasquale Carlo

 

 

Nella basilica di San Giovanni in Laterano un affresco che ritrae il vescovo sannita  

 

 Il San Barbato “dimenticato”

 

La figura dell’Apostolo del Sannio, di origini castelveneresi, domina l’opera del Costanzi nella Cappella Orsini

 

 

Nella basilica papale di San Giovanni in Laterano in Roma, adiacente alla Porta Santa c’è la cappella della famiglia Orsini. Sull’altare una pala affrescata nella prima metà del Settecento. L’affresco, come oggi viene presentato anche nelle dettagliate guide riferite agli itinerari religiosi della Città Santa, è chiamato ‘La Concezione’.

 

Lo stupore che colpisce l’occhio dell’osservatore all’immagine complessa ed allo stesso tempo ben definita della composizione è di quelli che meraviglia per la perfezione e suggestione e, nel nostro caso, anche per il forte legame devozionale. La limpidezza della luce e la trasparenza dei colori, quasi evanescenti, ci trasportano in una dimensione divina. Emozioni rese ancore più intense dalla consapevolezza che per primi, come castelveneresi, ci avvicinavamo con piena consapevolezza all’affresco che ritraeva il nostro santo protettore.       

 

 

Il lavoro pittorico è dominato dalla figura dell’Immacolata Concezione accanto alla quale, in una disposizione figurativa a triangolo, spiccano da un lato due religiosi francescani ed in basso, in primo piano a sorreggere l’intera struttura iconografica, la figura  di un vescovo.    

 

La presenza dei francescani potrebbe indurre facilmente all’errore circa la collocazione della figura storica di questo vescovo, visto che a primo impatto si identificherebbe con un religioso ovviamente vissuto dopo la fondazione dell’ordine francescano (che ha avuto origine come si sa ad opera di San Francesco d'Assisi che ottenne nel 1209/1210 dal papa Innocenzo III la possibilità di vivere in modo radicale la povertà evangelica).

 

 

Invece,  edotti da una approfondita ricerca, sapevamo che ad essere rappresentato è il vescovo sannita (nato a Castelvenere) San Barbato, vissuto nel settimo secolo.

 

Si tratta del pastore famoso per la sua opera evangelica nell’Italia Meridionale al tempo del dominio Longobardo. Nato a Vadàri, l’attuale contrada Foresta, lega il suo nome alla lotta contro le superstizioni e l’idolatria.  Pastore in un periodo segnato dalla guerra tra i Longobardi (che governavano il ducato di Benevento) e l'imperatore Costanzo II (che assediò a lungo la città). A lui la promessa del duca Romualdo, per la sua intercessione verso la Madonna, di rigettare  il culto idolatra dell'albero e della vipera. Morì a Benevento il 19 febbraio 682, dopo aver guidato la diocesi per diciannove anni.

 

Il culto del santo, pur essendo ancora oggi fortemente radicato tanto che si contano ben cinque località che lo venerano come santo protettore (oltre a Castelvenere, Manocalzati in provincia di Avellino, Valle dell’Angelo in provincia di Salerno, Cicciano in quella di Napoli e Casalattico in provincia di Frosinone), lo fu certamente ancora di più  nei secoli scorsi.

Prova evidente ne è appunto questo affresco ubicato nella prima cappella che si incontra lungo la navata minore destra dell'impetuoso edificio di culto capitolino.

 

 

L'Arcibasilica Laterana o Lateranense, meglio nota come San Giovanni in Laterano, è appunto la Cattedrale della diocesi di Roma e sede ecclesiastica ufficiale del Papa, contenendovi la cattedra papale o Santa Sede. È inoltre la prima delle quattro basiliche papali e la più antica basilica d'Occidente. Il suo nome completo è Arcibasilica del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano madre e capo di tutte le chiese della città e del mondo.

 

La cappella dove è ubicato l’affresco, come detto, è quella della famiglia Orsini, nobilissimo casato romano a cui apparteneva tra l’altro  l'arcivescovo di Benevento Vincenzo Maria Orsini, salito al soglio pontificio con il nome di Benedetto XIII e reggendo le sorti della Chiesa dal 1724 al 1730.

Proprio questo Pontefice fu particolarmente legato alla terra sannita ed alla figura dell’Apostolo del Sannio.

 

Non a caso si apprende che l’opera  in questione risale al 1742 (quindi pochi anni dopo la sua morte), datazione che si ricava dalle notizie riportate in un 'Chracas'.

 

Il 'Chracas' è una delle fonti più utili per lo studio della vita politica, artistica e culturale dal Settecento alla prima metà dell'Ottocento. Si presenta come una serie di cronache dettagliate degli eventi storici, artistici, religiosi e mondani dal 1716 al 1838 in Ungheria, in Polonia, a Stoccolma, Strasburgo, Roma, Venezia... Il nome è legato alla famiglia degli stampatori romani che ne curò la pubblicazione.

 

 

 

Alla data 30 del mese di giugno del 1742 si legge: “Per la festa di S. Giovanni Battista  nella Basil. di S. Giovanni Battista in Laterano si vide scoperto il nuovo quadro, dell'Altare dirimpetto alla Cappella dell'Ecc.ma Casa Corsini, in cui sono egregiamente dipinti la SS.ma Vergine, S. Barbato, Arcivescovo di Benevento, e i B. Fedele da Sigmaringa e Giuseppe da Leonessa Minori Cappuccini; il quadro è opera del virtuoso sig. Placido Costanzi”.

Da qui si ricavano, dunque, anche i nomi degli altri due religiosi raffigurati nonché quello dell’artista autore dell’affresco.

 

Una descrizione ancora più  particolareggiata della cappella la ritroviamo in una fonte del 1839. Si tratta dell’opera 'Roma nell'anno MDCCCXXXVIII' di Antonio Nibby in cui si legge in riferimento alla descrizione della basilica lateranense: “La prima cappella ha un quadro a fresco colla Concezione, s. Barbato ed altri santi, opera del Costanzi. Trovasi quindi la sepoltura di Pietro Paolo Millini, colla sua statua giacente, ed apposita iscrizione. Vedesi quivi un'immagine di Maria trasportata nel 1669 da un orto propiaquo al colosseo, dov'era dipinta sulla porta; il capitale le pose un altare ed è uno dei privilegiati. Presso l'altare stesso vi è il deposito di Giulio Acquaviva, figliolo del celebre guerriero Girolamo Acquaviva, duca d'Atri, e vi si legge una scritta, da cui si ritrae che per le virtù fu assunto al cardinalato in età giovanissima da s. Pio V, e che morì d'anni 28 nel 1574”.

 

Ed in realtà in quel periodo questa cappella era intitolata per volere della famiglia Orsini proprio a San Barbato. Un dato che emerge tra le notizie riportati in un altro 'Chracas', quello riferito al 1791. La notizia che interessa è quella relativa alla morte del cardinale Domenico Orsini d'Aragona, “nato in Napoli 5· Giugno 1719, primo Diacono di S. Maria in Vialata, creato Card. 9·Sett·1743· morto in Roma 19·Genn·1789, esposto nella Chiesa di S. Maria in Vallicella, e di lì trasportato privatamente alla Basilica di S. Gio. in Laterano, ove fu umato nella Cappella dedic. A S. Barbato Vesc. come avea disposto”.

 

Ritornando all’opera c’è da aggiungere che i due religiosi francescani erano all’epoca ancora beati. Verranno infatti canonizzati poco più tardi. Il primo, San Fedele da Sigmaringa, è un tedesco (al secolo Markus Roy) nato a  Sigmaringen il 1° ottobre 1577 e morto a  Seewis in Prattigau il 24 aprile 1622. Venne proclamato beato proprio dal Papa Orsini Benedetto XIII il 24 marzo 1729 mentre è stato poi canonizzato da papa Benedetto XIV il 29 giugno 1746. L'altro santo è praticamente coetaneo: San Giuseppe da Leonessa (al secolo Eufranio Desiderio) è anche lui un frate cappuccino nato a Leonessa l'8 gennaio 1556 e morto ad Amatrice il 4 febbraio 1612.

 

La beatificazione, datata 22 giugno 1737, arriva da Papa Clemente XII mentre la canonizzazione giunge sempre il 29 giugno 1746 per volere di Benedetto XIV.

 

Per quanto concerne l'artista autore dell'affresco si tratta come detto di Placido Costanzi (1688-1759), romano e allievo di Benedetto Luti, autore soprattutto di lavori storici e devozionali. Tra i dipinti si segnalano il ‘San Camillo’ che si conserva nella chiesa di Santa Maria della Maddalena e la ‘Rianimazione di Tabitha’ nella basilica di Santa Maria degli Angeli che riproduce un mosaico della Basilica di San Pietro.

 

Grazie alla scoperta di queste fonti, da oggi in poi, entrando dalla porta a destra dell’ingresso della basilica papale di San Giovanni in Laterano, sappiamo che la figura di quel vescovo imponente che rapisce lo sguardo al primo impatto è quella dell’Apostolo del Sannio. Un San Barbato “dimenticato”.  

      

                                         Pasquale Carlo

 

 

 

     

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