25 aprile 2009
Cusano, uno dei borghi più belli d'Italia
Emidio Civitillo

leggi anche: Cusano, sagra 2009 dei prodotti tipici

 

 

 

LA STRADA PROVINCIALE PER ARRIVARE AD

”UNO DEI BORGHI PIÙ BELLI D’ITALIA”

 

 

A fine febbraio 2009 a Cusano Mutri è stato conferito un importante “riconoscimento” che gli ha permesso di entrare a far parte del club "I borghi più belli d’Italia".

 

Gli abitanti di questo “borgo”, però, aspettano da sempre una strada provinciale decente, sicura e con una larghezza sufficiente. E quando hanno sentito parlare del progetto della “galleria paramassi”, approvato dalla Giunta Provinciale sulla strada provinciale Cerreto Sannita - Cusano Mutri, con una spesa di circa 4 milioni e mezzo di euro (pari a circa 9 miliardi delle vecchie lire), hanno dapprima provato un sentimento di speranza, ma poi, quando si è appreso che la “galleria paramassi” avrà una lunghezza di circa 100 metri soltanto (e forse anche sensibilmente meno di 100 metri), tale sentimento di speranza si è quasi subito trasformato in delusione e perplessità, se non peggio. Ciò perché sui restanti 600 metri sarebbero previsti interventi finalizzati solo a “mitigare” (ma senza eliminare) la pericolosità della strada.

 

Abbiamo atteso a lungo che i rappresentanti politici (a tutti i livelli e di tutti i colori politici) ci dessero almeno qualche piccola dimostrazione del loro interessamento a favore di una soluzione efficace e definitiva dell’importantissimo problema viario.

 

Ad essi avevamo anche chiesto (e rinnoviamo ancora una volta la richiesta) di tenerci informati, con molta chiarezza, di ogni aspetto della situazione, spiegandoci di volta in volta (e tempestivamente) che cosa si stesse facendo (o non si stesse facendo).

 

Anche ai rappresentanti di “Comitati” e “Pro Loco” avevamo chiesto (e anche ad essi rinnoviamo ancora la richiesta) di tenerci bene al corrente di eventuali novità e di incontri sull’argomento, e del contenuto di tali incontri.

 

MA FINORA NIENTE! Non abbiamo avuto mai l’onore di venire informati e di apprezzare alcun intervento, da parte di qualche rappresentante politico, a favore di una soluzione definitiva dell’antico problema viario.

Non ci resta che sperare, almeno durante questa campagna elettorale che precede le elezioni del 7 giugno, in qualcosa di meno mortificante.

 

 

Dobbiamo ribadire che non abbasseremo la guardia in un momento così delicato della nostra storia locale, per cui non possiamo accettare da nessuno l’imposizione di scelte superficiali e demagogiche, che compromettono pesantemente il miglioramento delle nostre condizioni di vita e il futuro nostro e delle generazioni successive.

 

Un po’ tutti sanno bene come vanno le cose nella “gestione” dei fondi pubblici e provano sempre un velato sentimento di diffidenza che finora ha avuto nella nostra zona conseguenze tutto sommato irrilevanti.

Ma questa volta la situazione è assai più seria e delicata, perché la posta in gioco è altissima: l’uscita da un isolamento storico (anzi preistorico), oltre che geografico, attraverso la sistemazione di una “infrastruttura di base” (la strada provinciale) dalla quale dipende il miglioramento delle modeste condizioni di vita delle popolazioni locali e l’apertura di uno spiraglio alla soluzione del drammatico problema occupazionale (specialmente dei giovani) attraverso un minimo di sviluppo dell’economia locale.

 

Cusano Mutri non è soltanto UNO DEI BORGHI PIÙ BELLI D’ITALIA, ma ha anche un esteso ambiente naturale d’eccezione, in cui abita ancora l’aquila reale, che nidifica ogni anno nella “Valle dell’Inferno”, a pochi km (in linea d’aria) in direzione Nord – Ovest dal “borgo cusanese”.

 

Auguri di una “Buona Pasqua” e un  cordiale saluto a tutti i circa 500 destinatari della presente e-mail che, per una questione di “privacy”, viene inviata in ccn (copia conforme nascosta).

 

 

Cusano Mutri, 10 aprile 2009

 

prof. Emidio Civitillo

 

 


 

Galleria paramassi: una scelta sbagliata? Il parere dei tecnici

 

Da IL SANNIO Quotidiano del 29 settembre 2008


“Il Sannio Quotidiano riportò, giorni or sono, la notizia dell’approvazione di un finanziamento di 4.5 milioni di euro per la realizzazione di una galleria paramassi nel tratto in titolo. Recitava l’articolo che la provincia di Benevento aveva predisposto alcuni interventi tampone ed un progetto esecutivo e che il problema (della sicurezza della viabilità) non era stato superato a ragione della gravità della situazione e della vastità dell’area interessata. Proseguiva affermando che la imbracatura dei massi e dei volumi rocciosi instabili mediante reti protettive ancorate e chiodate al suolo costituiva una soluzione ritenuta non soddisfacente dagli stessi tecnici della provincia.

Prima di entrare nel merito corre l’obbligo di una premessa: non è d’uso che tecnici, nel caso esperti del settore geotecnico e geomeccanico e del problema in titolo, intervengano pubblicamente, ma questo è un caso che merita l’apporto di un’opinione ben fondata, e questa, tale si caratterizza e tale si propone.

Il fatto

Nel novembre 2007 fummo chiamati dalla provincia di Benevento per intervenire in questo tratto di strada con opere che ne garantissero la riapertura.

Si posero alcuni problemi di comunicazione: nella logica degli interventi di somma urgenza si dà prevalenza e precedenza alla costruzione delle opere, che dovrebbero produrre l’eliminazione del pericolo.

Al contrario la corretta prassi d’ingegneria chiede che siano svolte, anche in casi d’urgenza, un’accurata analisi obiettiva, che consenta di raccogliere, analizzare e schematizzare gli elementi fisici e meccanici del problema, e una corretta calcolazione, che ne dia i termini quantitativi.

Dopo aver raccolto ed analizzato alcuni elementi obiettivi, proponemmo di svolgere uno studio: il capotecnico della provincia, ing. Fuschini, accolse questa proposta e ci consenti di svilupparlo. Esso si articolò in un rilevamento topografico con laser scanner, in un’indagine geomeccanica, in una calcolazione delle energie d’impatto in gioco, in una elaborazione dei dati mirante a definire e a quantificare la suscettibilità all’instabilità e a determinare le categorie di rischio e la loro attribuzione alle diverse aree, nel caso ai diversi tratti. Quando, dopo circa 20 giorni dallo start up, presentammo la prima relazione, la titolammo Opere di mitigazione del rischio immediato. Proposta d’intervento.

Non v’è alcuno nel mondo scientifico e tecnico che si azzarda ad usare eliminato pericolo: si parla di mitigazione del rischio. Non è codardia, ma umiltà: rispetto per la potenza delle azioni naturali, coscienza che le conoscenze, seppure elevate, sono limitate ed in progress, sia nell’analisi dei fattori in gioco, sia nella quantificazione loro e della loro incidenza, sia nell’invenzione dei rimedi, seppure, in questo, le società umane abbiano raggiunto capacità di modificazione e di intervento, con trend anche distruttivi.

Il concetto di rischio costituisce un utile strumento per la corretta individuazione dei siti d’installazione delle opere di mitigazione, per la ottimale scelta di esse e, specie in casi come questo, dove le risorse finanziarie sono insufficienti, consente di ottimizzare la spesa, guidando alla scelta di opere che possono essere parte dell’intervento definitivo.

Questi concetti delineano lo schema che produsse l’intervento di mitigazione del rischio elevatissimo ed elevato, operato dalla Geobrugg Lavori nel gennaio e febbraio 2008.

Nel documento di proposta erano espressi un invito a sviluppare una progettazione definitiva che approfondisse i dati di conoscenza e li rielaborasse assieme ai conosciuti, e che raggiungesse l’obiettivo principale di un progetto d’ingegneria: l’ottimizzazione del rapporto costi-benefici.

Il nostro punto di vista

E’ sempre lecito e alquanto doveroso chiedersi: quali sono i costi? Quali sono i benefici? Chi sostiene i costi? Chi usufruisce dei benefici?

Ognuna di queste lapidarie domande ne contiene altre, in un gioco simile alle matrioske oppure in uno sviluppo che porta alla formazione di un albero di flussi decisionali via via più complesso.

Naturalmente è possibile operare una sintesi, sempre necessaria per non disperdersi. Partiamo da una semplificazione, estrema e non esaustiva: v’è un versante, formato da un ammasso calcareo, intensamente fratturato, interessato da fenomeni carsici, caratterizzato da instabilità di diverso tipo, formazione ed entità (distacco e mobilitazione di singoli massi, frane di crollo, frane di ribaltamento, colate detritiche, erosione del suolo), v’è una strada, di vitale importanza per una comunità, che percorre il versante a mezza costa. Se si assume la vita umana come elemento da salvaguardare, le condizioni sono di rischio elevatissimo.

Come si mitiga il rischio fino a valori accettabili? Dare una risposta articolata e puntuale a questa domanda è compito del progetto d’ingegneria. Il nostro progetto di dicembre 2007, poi realizzato, prevedeva una barriera paramassi, sul ciglio della scarpata posta a metà del pendio, laddove eventuali massi in caduta dalla cima avrebbero raggiunto energie d’impatto inferiori a 500KJ, con altezze di rimbalzo dell’ordine di 2.5m con probabilità superiore al 90%. Esso si incentrava soprattutto sulla eliminazione dei massi in procinto di staccarsi e sul loro blocco mediante sistemi di stabilizzazione di pareti in roccia lapidea e blocco massi in parete, composti da reti in acciaio armonico e chiodi. Questo sistema appartiene alla famiglia degli interventi di miglioramento delle caratteristiche meccaniche delle rocce mediante inclusi (schema proposto da Jappelli, 1993). Per questi sistemi, le conoscenze attuali sono basate sui risultati di studi pianificati e svolti in Francia, negli anni ’90, su schemi teorici e con esperimenti in vera grandezza. Il sistema prodotto da Geobrugg ed installato nel sito in titolo è frutto di accurate ricerche ed è stato ampiamente sperimentato negli ultimi 6 anni. Esso ha due grandi pregi: la compatibilità ambientale e la lunga durata di vita efficace.

Nel corso dello studio fu ritrovata una targa celebrativa dell’impianto dei pini, bruciati nel settembre 2007: è nostro giudizio che si trattava di un’opera di grande intelligenza e sensibilità, testimonianza di un legame con la terra che nelle abitudini delle comunità si va perdendo. A supporto di questo concetto di acquisizione di sicurezza mediante l’impianto e la cura degli alberi, si pensi che la normativa svizzera per gli strumenti e le installazioni di difesa da caduta massi recita che il primo e vero presidio è il bosco e tutto ciò che di meccanico è installato ne è solo un succedaneo. In quale modo e con quale intensità si vada perdendo il concetto di sicurezza del territorio mediante la copertura vegetale e la sua cura, derivata dal suo uso, è riflessione affidata all’osservazione del numero di incendi proditoriamente appiccati nei boschi.

Un modo di approcciare il problema che risulta oggettivamente speculare e convergente è considerare il versante come blocco unico, dichiarare limitati gli strumenti di stabilizzazione e difesa, esaltando più i limiti che i pregi e le possibili sinergie, ed individuare un tipo di opera talmente forte e solida da proteggere in qualsiasi condizione: il manicheismo dello schema è ben visibile. Ci viene all’attenzione coloro che si sono dotati di bunker antiatomici, ai quali va sempre posta la domanda: una volta che hai finito le scorte ossia dopo due mesi al massimo, pensi di poter continuare a vivere nell’inverno atomico?

Perché la deformazione sia strumento utile per cogliere debolezze ed errori, essa deve essere accompagnata dall’apposizione di domande razionali. Qui useremo l’affermazione: non ha alcun senso ed è profondamente sbagliato pensare di poter fare strutture sicure in un territorio insicuro, reso ancora più insicuro da una decisione che lo lascia al suo abbandono. Perché, nonostante vi sia nostro interesse, non consigliamo le barriere paramassi ma preferiamo far usare ed usare i sistemi di stabilizzazione a parete? Perché lo spazio tra la zona di distacco dei massi e la sezione d’imposta delle barriere paramessi è territorio da dichiarare impraticabile: questo vale ancora di più per una galleria e, per questa galleria scelta, significa l’abbandono di tutto il versante.

Se è un beneficio la relativa sicurezza del passaggio, qual è il costo dell’abbandono del versante? E qual è il costo di un’opera di indubbio impatto negativo su un ambiente di così grande pregio: un fiume d’acque bianche ed azzurre, un versante destro coperto da una lussureggiante vegetazione boschiva, ricca di querce, faggi, castagni, e di un sottobosco ancor più ricco, abitato da una fauna pregevole, una presenza di strutture storiche, come il ponte sul Titerno, una paesaggio originale, solcato da una galleria paramassi, in calcestruzzo, ben visibile.

Ottimo risultato.

Ing. Giovanni Giusti

Ing. Luigi D’Amico  


Strada provinciale Cerreto – Cusano

 

GALLERIA PARAMASSI: UNA SCELTA PIÙ CHE GIUSTA!!

 

Allego alla presente e-mail una notizia di stampa apparsa il 29 settembre scorso sul giornale “IL SANNIO Quotidiano, con un articolo dal titolo “Galleria paramassi: una scelta sbagliata? Il parere dei tecnici”.

 

Premetto, anche se è superfluo precisarlo, che sono rimasto a dir poco sorpreso dal contenuto dell’articolo.

 

Con uno scritto molto lungo (di circa due terzi di pagina di giornale), che oltretutto non mi ha consentito una lettura facile e lineare, e con argomentazioni che mi sono sembrate scritte in una sorta di strano “politichese”, ho capito verso la fine dello scritto che si mira a mettere in discussione la validità della “galleria paramassi”, diffusamente considerata un’opera validissima per la definitiva messa in sicurezza (dal pericolo di caduta di massi) della strada provinciale Cerreto – Cusano lungo il costone del Monte Cigno. L’articolo è a firma di quegli stessi tecnici che, come precisato da loro stessi, nel novembre 2007 furono chiamati dalla provincia di Benevento per intervenire in questo tratto di strada con opere che ne garantissero la riapertura.

 

 

Dopo aver letto (ed anche riletto) l’articolo citato del 29 settembre scorso, sono rimasto a dir poco perplesso (o meglio disorientato) da diverse affermazioni. Ne cito alcune.

 

“Se si assume la vita umana come elemento da salvaguardare, le condizioni sono di rischio elevatissimo.”

Questa affermazione, contenuta nell’articolo in questione, mi ha addirittura sconcertato, perché mi ha indotto a pensare che su una strada provinciale sulla quale transita un gran numero di automezzi, con una frequenza che in media è molto elevata (e che nelle ore di punta è elevatissima), pur riconoscendo esplicitamente e per iscritto che “ le condizioni sono di rischio elevatissimo”, dall’articolo di giornale si evince chiaramente che potrebbe anche “non assumersi” la vita umana come elemento da salvaguardare (??!!).

 

Altra frase “in sintonia” con quella appena evidenziata è: “Se è un beneficio la relativa sicurezza del passaggio, qual è il costo dell’abbandono del versante? E qual è il costo di un’opera (la “galleria paramassi”) di indubbio impatto negativo su un ambiente di così grande pregio?

 

Anche qui sembra evidente che, pur di mettere in discussione la validità di un’opera (per niente faraonica: poche centinaia di metri di “galleria paramassi”), si prospetta una conseguenza negativa campata in aria: “l’abbandono” del versante a monte della galleria.

 

 

Non si capisce perché il versante a monte della “galleria paramassi”, rimanendo come la natura l’ha fatto, sia destinato ad essere ”abbandonato”, mentre per tutti gli altri versanti di quell’area che si trovano nelle stesse condizioni il problema dell’abbandono non si pone. E nemmeno sul versante a monte della “galleria paramassi”, da sempre, il problema si è mai posto.

Se in passato, da sempre, non si è mai posto il problema dell’abbandono del versante a monte della strada provinciale, perché si deve porre proprio dopo aver realizzato un’opera (la “galleria paramassi”) che permette di considerare il rischio di caduta massi soltanto un ricordo (sicuramente triste) del passato?

 

Anche il versante a monte del tratto di strada provinciale su cui è prevista la “galleria paramassi” può ritornare coperto da una lussureggiante vegetazione boschiva. Basta realizzare pochi quanto semplici interventi, ma razionali ed efficaci, cominciando dal proteggere dal taglio gli alberi e gli arbusti su quella ristretta superficie (meglio se addirittura recintata), dal proteggerli dagli incendi con azioni di prevenzione attuate con cura (fascia antincendio e un minimo di vigilanza), dalla messa a dimora di specie arboree adatte, oppure, ancora meglio, senza mettere a dimora alcunché, lasciando fare alla “natura” (che sa fare assai meglio dell’uomo, specialmente quando egli spende il denaro pubblico): nell’area recintata si svilupperebbe spontaneamente una fitta vegetazione molto simile a quella che si può ammirare sul versante opposto, anzi migliore, se la superficie viene recintata e protetta.

Quanto ai pini che vengono periodicamente divorati e distrutti con grande rapidità dagli incendi, forse è opportuno cominciare a considerare, come sostengono gli esperti, che non si tratta di specie arboree adatte a quei luoghi, per cui la “forestazione” di quei luoghi con specie sbagliate (i pini) costituisce, come spesso si suol dire, “un rimedio peggiore del male”, che comporta:  a) – la distruzione periodica, con incendi, dell’intera copertura vegetale (erba, arbusti e alberi), b) – l’impoverimento del terreno (di humus), c) – l’erosione del suolo, ecc..  

 

 

 

Non c’è assolutamente niente di male nel realizzare un’opera (la “galleria paramassi”) che, oltretutto, viene quasi a nascondere la strada, con vegetazione (erba e piante) anche sopra il solaio inclinato di copertura della galleria, e quindi ne migliora notevolmente l’impatto ambientale e, contemporaneamente, costituisce un “ …beneficio per la sicurezza del passaggio….”.  

 

Se invece, come prospettato dai tecnici estensori dell’articolo di giornale del 29 settembre scorso, si realizzano lungo il costone roccioso “sistemi di stabilizzazione”, con

 

-       stabilizzazione di pareti in roccia lapidea

-       blocco massi in parete, composti da reti in acciaio e chiodi,

 

allora sì che si verificherebbe una modifica paesaggistica molto evidente (se non addirittura un vero e proprio scempio paesaggistico del costone roccioso), che non ha niente a che vedere con quanto prodotto dalla “galleria paramassi”, che, invece, nasconde parzialmente anche la strada esistente.

Peraltro i “sistemi di stabilizzazione”, con stabilizzazione di pareti in roccia lapidea e blocco massi in parete, composti da reti in acciaio e chiodi, non solo modificherebbero notevolmente l’attuale paesaggio con un notevole impatto ambientale negativo, ma comporterebbero l’aggravante di non eliminare il rischio di caduta massi sulla strada provinciale, “mitigandolo” soltanto, riducendolo cioè a valori percentuali che non sappiamo come vengono calcolati e che, pertanto, oltre a non convincere, (perché campati in aria e, per di più, calcolati a sostegno di tesi che convincono ancora meno), comunque non possono (in ogni caso!) dare le garanzie che dà la galleria paramassi.

 

Quanto al ventilato ”impatto negativo” (della “galleria paramassi”) ”su un ambiente di così grande pregio”, non solo non c’è assolutamente niente di male nel realizzare un’opera (la “galleria paramassi”) che costituisce un beneficio per la sicurezza del passaggio….”), ma, come già precisato, la galleria viene quasi a nascondere il tratto di strada, e quindi ne migliora notevolmente l’impatto ambientale.

 

Appare pertanto artificioso (o addirittura costruito ad arte) il discorso   ..di un’opera di indubbio impatto negativo su un ambiente di così grande pregio, in un paesaggio originale, solcato da una galleria paramassi, in calcestruzzo, ben visibile:

-       un fiume d’acque bianche ed azzurre,

-       un versante destro (opposto a quello della galleria) coperto da una lussureggiante vegetazione boschiva, ricca di querce, faggi, castagni, e di un sottobosco ancor più ricco, abitato da una fauna pregevole,

-       una presenza di strutture storiche, come il ponte sul Titerno.”

 

La “galleria paramassi”, come viene evidenziato dall’immagine allegata, che è un esempio di “galleria paramassi” già realizzata altrove, è aperta da un lato, consentendo in modo naturale di usufruire della luce del giorno, della circolazione dell’aria e di un’ottima visibilità del versante opposto. Come avviene tuttora.

Perciò, con la “galleria paramassi” sarà sempre possibile, esattamente come adesso, ammirare: 1) – il fiume d’acque bianche ed azzurre; 2) - il versante destro (opposto a quello della galleria); 3) – le strutture storiche, come il ponte sul Titerno.

 

 

 

CONCLUSIONE

Se l’articolo di giornale del 29 settembre scorso, a cui si riferiscono queste considerazioni, dovesse mirare, perché magari ispirato da “ragioni politiche” o da motivi di “gestione” di fondi pubblici: quattro milioni e mezzo di euro, pari a circa 9 miliardi di vecchie lire, o da entrambe le cose:

 

1) -     a rendere difficile la realizzazione di un’opera (la “galleria paramassi”) che costituisce la soluzione definitiva di un problema antico e molto serio,

2) -     a favorire la realizzazione, con lo stesso finanziamento, di strani “sistemi di stabilizzazione”, con stabilizzazione di pareti in roccia lapidea e blocco massi in parete, composti da reti in acciaio e chiodi,ecc., “mitigando” soltanto il rischio, ma senza risolvere definitivamente il problema della pericolosità della strada,

 

tutto ciò potrebbe vedere una forte opposizione della popolazione locale, che oltre a subire il danno derivante dallo spreco di denaro pubblico, si considererebbe anche umiliata, delusa e presa in giro per la mancata realizzazione di un’opera validissima (la “galleria paramassi”). Cioè per aver perso un’occasione difficilmente ripetibile in futuro. Un futuro che non riguarda solo noi, ma anche i nostri figli, i nostri nipoti, ecc..

 

Non è nemmeno pensabile, pertanto, rimanere indifferenti quando si sentono dire o, peggio ancora, si leggono cose come quelle contenute nell’articolo di giornale del 29 settembre scorso.

Staremo perciò molto attenti agli sviluppi di questa situazione.

 

La sicurezza della strada provinciale a monte di Cerreto Sannita è un problema che non riguarda soltanto le popolazioni dell’alta valle del Titerno. E ciò perché esiste un’interdipendenza (e non soltanto in relazione al turismo) tra le economie dei vari comuni della valle, per cui tutti i comuni della zona hanno interesse alla soluzione del problema.

 

Oltretutto, se, con una strada provinciale sicura, aumenta e si consolida il flusso di turisti e visitatori verso Cusano Mutri, Pietraroja e Bocca della Selva, è facile immaginare che piano piano verranno “esplorati” di più anche gli altri comuni della zona, come quelli che stanno lungo la strada provinciale  Cerreto S. – Guardia S. – San Lorenzo M. –   San Lupo, o quelli che stanno lungo la strada San Lorenzello – Faicchio – … .

 

E a tale proposito forse è bene osservare che, se si cominciasse a parlare sul serio, senza demagogia, di asse attrezzato di sviluppo economico da Telese a Bocca della Selva, ci sarebbero migliori prospettive di sviluppo non solo per la “valle del Titerno”, ma anche per l’intera “valle telesina”, con grande vantaggio per tutti i comuni interessati.

 

 

Li, 6 ottobre 2008

prof. Emidio Civitillo

 

 

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