LA STRADA
PROVINCIALE PER ARRIVARE AD
”UNO DEI BORGHI PIÙ BELLI
D’ITALIA”
A fine febbraio
2009 a Cusano Mutri è stato conferito un
importante “riconoscimento” che gli ha
permesso di entrare a far parte del club
"I borghi più belli d’Italia".
Gli abitanti di questo
“borgo”, però, aspettano da sempre una strada
provinciale decente, sicura e con una larghezza
sufficiente. E quando hanno sentito parlare del
progetto
della “galleria paramassi”,
approvato dalla Giunta Provinciale
sulla strada provinciale Cerreto
Sannita - Cusano Mutri, con una spesa di circa 4
milioni e mezzo di euro (pari a circa 9
miliardi delle vecchie lire), hanno dapprima
provato un sentimento di speranza, ma poi,
quando si è appreso che la “galleria
paramassi” avrà una lunghezza di circa
100 metri soltanto (e forse anche
sensibilmente meno di 100 metri), tale
sentimento di speranza si è quasi subito
trasformato in delusione e perplessità, se non
peggio. Ciò perché sui restanti 600 metri
sarebbero previsti interventi finalizzati solo a
“mitigare” (ma senza eliminare) la pericolosità
della strada.
Abbiamo atteso a lungo che i rappresentanti
politici
(a tutti i
livelli e di tutti i colori politici) ci
dessero almeno qualche piccola dimostrazione del
loro interessamento a favore di una soluzione
efficace e definitiva dell’importantissimo
problema viario.
Ad
essi avevamo anche chiesto (e rinnoviamo ancora
una volta la richiesta) di tenerci informati,
con molta chiarezza, di ogni aspetto della
situazione, spiegandoci di volta in volta (e
tempestivamente) che cosa si stesse facendo (o
non si stesse facendo).
Anche ai rappresentanti di “Comitati” e “Pro
Loco” avevamo chiesto (e anche ad essi
rinnoviamo ancora la richiesta) di tenerci bene
al corrente di eventuali novità e di incontri
sull’argomento, e del contenuto di tali
incontri.
MA FINORA NIENTE!
Non
abbiamo avuto mai l’onore di venire informati e
di apprezzare alcun intervento, da parte di
qualche rappresentante politico, a favore di una
soluzione definitiva dell’antico problema
viario.
Non
ci resta che sperare, almeno durante questa
campagna elettorale che precede le elezioni del
7 giugno, in
qualcosa di meno mortificante.

Dobbiamo ribadire che non abbasseremo la guardia
in un momento così delicato della nostra storia
locale, per cui non possiamo accettare da
nessuno l’imposizione di scelte superficiali e
demagogiche, che compromettono pesantemente il
miglioramento delle nostre condizioni di vita e
il futuro nostro e delle generazioni successive.
Un
po’ tutti sanno bene come vanno le cose nella
“gestione” dei fondi pubblici e provano sempre
un velato sentimento di diffidenza che finora ha
avuto nella nostra zona conseguenze tutto
sommato irrilevanti.
Ma questa volta la situazione è
assai più seria e delicata, perché la posta in
gioco è altissima:
l’uscita da un isolamento storico (anzi
preistorico),
oltre che geografico,
attraverso la sistemazione di una
“infrastruttura di base” (la strada provinciale)
dalla quale dipende il miglioramento delle
modeste condizioni di vita delle popolazioni
locali e l’apertura di uno spiraglio alla
soluzione del drammatico problema occupazionale
(specialmente dei giovani) attraverso un minimo
di sviluppo dell’economia locale.
Cusano Mutri non è
soltanto
”UNO DEI
BORGHI PIÙ BELLI D’ITALIA”,
ma ha anche un esteso ambiente naturale
d’eccezione, in cui abita ancora l’aquila reale,
che nidifica ogni anno nella “Valle
dell’Inferno”, a pochi km (in linea d’aria) in
direzione Nord – Ovest dal “borgo cusanese”.
Auguri di una
“Buona Pasqua” e un cordiale saluto a tutti i
circa 500 destinatari della presente e-mail che,
per una questione di “privacy”, viene inviata in
ccn (copia conforme nascosta).
Cusano Mutri, 10
aprile 2009
prof. Emidio Civitillo


Galleria paramassi: una scelta
sbagliata? Il parere dei tecnici
Da
IL SANNIO Quotidiano
del 29 settembre 2008
“Il Sannio Quotidiano riportò, giorni or sono,
la notizia dell’approvazione di un finanziamento
di 4.5 milioni di euro per la realizzazione di
una galleria paramassi nel tratto in titolo.
Recitava l’articolo che la provincia di
Benevento aveva predisposto alcuni interventi
tampone ed un progetto esecutivo e che il
problema (della sicurezza della viabilità) non
era stato superato a ragione della gravità della
situazione e della vastità dell’area
interessata. Proseguiva affermando che la
imbracatura dei massi e dei volumi rocciosi
instabili mediante reti protettive ancorate e
chiodate al suolo costituiva una soluzione
ritenuta non soddisfacente dagli stessi tecnici
della provincia.
Prima di entrare nel merito corre
l’obbligo di una premessa: non è d’uso che
tecnici, nel caso esperti del settore geotecnico
e geomeccanico e del problema in titolo,
intervengano pubblicamente, ma questo è un caso
che merita l’apporto di un’opinione ben fondata,
e questa, tale si caratterizza e tale si
propone.
Il fatto
Nel novembre 2007 fummo chiamati
dalla provincia di Benevento per intervenire in
questo tratto di strada con opere che ne
garantissero la riapertura.
Si posero alcuni problemi di
comunicazione: nella logica degli interventi di
somma urgenza si dà prevalenza e precedenza alla
costruzione delle opere, che dovrebbero produrre
l’eliminazione del pericolo.
Al contrario la corretta prassi
d’ingegneria chiede che siano svolte, anche in
casi d’urgenza, un’accurata analisi obiettiva,
che consenta di raccogliere, analizzare e
schematizzare gli elementi fisici e meccanici
del problema, e una corretta calcolazione, che
ne dia i termini quantitativi.
Dopo aver raccolto ed analizzato
alcuni elementi obiettivi, proponemmo di
svolgere uno studio: il capotecnico della
provincia, ing. Fuschini, accolse questa
proposta e ci consenti di svilupparlo. Esso si
articolò in un rilevamento topografico con laser
scanner, in un’indagine geomeccanica, in una
calcolazione delle energie d’impatto in gioco,
in una elaborazione dei dati mirante a definire
e a quantificare la suscettibilità
all’instabilità e a determinare le categorie di
rischio e la loro attribuzione alle diverse
aree, nel caso ai diversi tratti. Quando, dopo
circa 20 giorni dallo start up, presentammo la
prima relazione, la titolammo Opere di
mitigazione del rischio immediato. Proposta
d’intervento.
Non v’è alcuno nel mondo
scientifico e tecnico che si azzarda ad usare
eliminato pericolo: si parla di mitigazione del
rischio. Non è codardia, ma umiltà: rispetto per
la potenza delle azioni naturali, coscienza che
le conoscenze, seppure elevate, sono limitate ed
in progress, sia nell’analisi dei fattori in
gioco, sia nella quantificazione loro e della
loro incidenza, sia nell’invenzione dei rimedi,
seppure, in questo, le società umane abbiano
raggiunto capacità di modificazione e di
intervento, con trend anche distruttivi.
Il concetto di rischio
costituisce un utile strumento per la corretta
individuazione dei siti d’installazione delle
opere di mitigazione, per la ottimale scelta di
esse e, specie in casi come questo, dove le
risorse finanziarie sono insufficienti, consente
di ottimizzare la spesa, guidando alla scelta di
opere che possono essere parte dell’intervento
definitivo.
Questi concetti delineano lo
schema che produsse l’intervento di mitigazione
del rischio elevatissimo ed elevato, operato
dalla Geobrugg Lavori nel gennaio e febbraio
2008.
Nel documento di proposta erano
espressi un invito a sviluppare una
progettazione definitiva che approfondisse i
dati di conoscenza e li rielaborasse assieme ai
conosciuti, e che raggiungesse l’obiettivo
principale di un progetto d’ingegneria:
l’ottimizzazione del rapporto costi-benefici.
Il nostro punto di vista
E’ sempre lecito e alquanto
doveroso chiedersi: quali sono i costi? Quali
sono i benefici? Chi sostiene i costi? Chi
usufruisce dei benefici?
Ognuna di queste lapidarie
domande ne contiene altre, in un gioco simile
alle matrioske oppure in uno sviluppo che porta
alla formazione di un albero di flussi
decisionali via via più complesso.
Naturalmente è possibile operare
una sintesi, sempre necessaria per non
disperdersi. Partiamo da una semplificazione,
estrema e non esaustiva: v’è un versante,
formato da un ammasso calcareo, intensamente
fratturato, interessato da fenomeni carsici,
caratterizzato da instabilità di diverso tipo,
formazione ed entità (distacco e mobilitazione
di singoli massi, frane di crollo, frane di
ribaltamento, colate detritiche, erosione del
suolo), v’è una strada, di vitale importanza per
una comunità, che percorre il versante a mezza
costa. Se si assume la vita umana come elemento
da salvaguardare, le condizioni sono di rischio
elevatissimo.
Come si mitiga il rischio fino a
valori accettabili? Dare una risposta articolata
e puntuale a questa domanda è compito del
progetto d’ingegneria. Il nostro progetto di
dicembre 2007, poi realizzato, prevedeva una
barriera paramassi, sul ciglio della scarpata
posta a metà del pendio, laddove eventuali massi
in caduta dalla cima avrebbero raggiunto energie
d’impatto inferiori a 500KJ, con altezze di
rimbalzo dell’ordine di 2.5m con probabilità
superiore al 90%. Esso si incentrava soprattutto
sulla eliminazione dei massi in procinto di
staccarsi e sul loro blocco mediante sistemi di
stabilizzazione di pareti in roccia lapidea e
blocco massi in parete, composti da reti in
acciaio armonico e chiodi. Questo sistema
appartiene alla famiglia degli interventi di
miglioramento delle caratteristiche meccaniche
delle rocce mediante inclusi (schema proposto da
Jappelli, 1993). Per questi sistemi, le
conoscenze attuali sono basate sui risultati di
studi pianificati e svolti in Francia, negli
anni ’90, su schemi teorici e con esperimenti in
vera grandezza. Il sistema prodotto da Geobrugg
ed installato nel sito in titolo è frutto di
accurate ricerche ed è stato ampiamente
sperimentato negli ultimi 6 anni. Esso ha due
grandi pregi: la compatibilità ambientale e la
lunga durata di vita efficace.
Nel corso dello studio fu
ritrovata una targa celebrativa dell’impianto
dei pini, bruciati nel settembre 2007: è nostro
giudizio che si trattava di un’opera di grande
intelligenza e sensibilità, testimonianza di un
legame con la terra che nelle abitudini delle
comunità si va perdendo. A supporto di questo
concetto di acquisizione di sicurezza mediante
l’impianto e la cura degli alberi, si pensi che
la normativa svizzera per gli strumenti e le
installazioni di difesa da caduta massi recita
che il primo e vero presidio è il bosco e tutto
ciò che di meccanico è installato ne è solo un
succedaneo. In quale modo e con quale intensità
si vada perdendo il concetto di sicurezza del
territorio mediante la copertura vegetale e la
sua cura, derivata dal suo uso, è riflessione
affidata all’osservazione del numero di incendi
proditoriamente appiccati nei boschi.
Un modo di approcciare il
problema che risulta oggettivamente speculare e
convergente è considerare il versante come
blocco unico, dichiarare limitati gli strumenti
di stabilizzazione e difesa, esaltando più i
limiti che i pregi e le possibili sinergie, ed
individuare un tipo di opera talmente forte e
solida da proteggere in qualsiasi condizione: il
manicheismo dello schema è ben visibile. Ci
viene all’attenzione coloro che si sono dotati
di bunker antiatomici, ai quali va sempre posta
la domanda: una volta che hai finito le scorte
ossia dopo due mesi al massimo, pensi di poter
continuare a vivere nell’inverno atomico?
Perché la deformazione sia
strumento utile per cogliere debolezze ed
errori, essa deve essere accompagnata
dall’apposizione di domande razionali. Qui
useremo l’affermazione: non ha alcun senso ed è
profondamente sbagliato pensare di poter fare
strutture sicure in un territorio insicuro, reso
ancora più insicuro da una decisione che lo
lascia al suo abbandono. Perché, nonostante vi
sia nostro interesse, non consigliamo le
barriere paramassi ma preferiamo far usare ed
usare i sistemi di stabilizzazione a parete?
Perché lo spazio tra la zona di distacco dei
massi e la sezione d’imposta delle barriere
paramessi è territorio da dichiarare
impraticabile: questo vale ancora di più per una
galleria e, per questa galleria scelta,
significa l’abbandono di tutto il versante.
Se è un beneficio la relativa
sicurezza del passaggio, qual è il costo
dell’abbandono del versante? E qual è il costo
di un’opera di indubbio impatto negativo su un
ambiente di così grande pregio: un fiume d’acque
bianche ed azzurre, un versante destro coperto
da una lussureggiante vegetazione boschiva,
ricca di querce, faggi, castagni, e di un
sottobosco ancor più ricco, abitato da una fauna
pregevole, una presenza di strutture storiche,
come il ponte sul Titerno, una paesaggio
originale, solcato da una galleria paramassi, in
calcestruzzo, ben visibile.
Ottimo risultato.
Ing. Giovanni
Giusti
Ing. Luigi D’Amico
Strada provinciale Cerreto – Cusano
GALLERIA PARAMASSI:
UNA SCELTA PIÙ CHE GIUSTA!!
Allego alla presente e-mail una
notizia di stampa apparsa il 29 settembre scorso
sul giornale
“IL SANNIO
Quotidiano”,
con un articolo dal titolo “Galleria
paramassi: una scelta sbagliata? Il parere dei
tecnici”.
Premetto, anche se è superfluo
precisarlo, che sono rimasto a dir poco sorpreso
dal contenuto dell’articolo.
Con uno scritto molto lungo (di
circa due terzi di pagina di giornale), che
oltretutto non mi ha consentito una lettura
facile e lineare, e con argomentazioni che mi
sono sembrate scritte in una sorta di strano
“politichese”, ho capito verso la fine dello
scritto che si mira a mettere in discussione la
validità della “galleria paramassi”,
diffusamente considerata un’opera validissima
per la definitiva messa in sicurezza (dal
pericolo di caduta di massi) della strada
provinciale Cerreto – Cusano lungo il costone
del Monte Cigno.
L’articolo è a firma di quegli stessi tecnici
che, come precisato da loro stessi, nel
novembre 2007 furono chiamati dalla provincia di
Benevento per intervenire in questo tratto di
strada con opere che ne garantissero la
riapertura.

Dopo aver letto (ed anche
riletto) l’articolo citato del 29 settembre
scorso, sono rimasto a dir poco perplesso (o
meglio disorientato) da diverse affermazioni. Ne
cito alcune.
“Se si assume la vita umana come
elemento da salvaguardare, le condizioni sono di
rischio elevatissimo.”
Questa affermazione, contenuta
nell’articolo in questione, mi ha addirittura
sconcertato, perché mi ha indotto a pensare che
su una strada provinciale sulla quale transita
un gran numero di automezzi, con una frequenza
che in media è molto elevata (e che nelle ore di
punta è elevatissima), pur riconoscendo
esplicitamente e per iscritto che “ le
condizioni sono di rischio elevatissimo”,
dall’articolo di giornale si evince
chiaramente che potrebbe anche “non
assumersi” la vita umana come elemento da
salvaguardare (??!!).
Altra frase “in sintonia” con
quella appena evidenziata è: “Se è un
beneficio la relativa sicurezza del passaggio,
qual è il costo dell’abbandono del versante? E
qual è il costo di un’opera (la “galleria
paramassi”) di indubbio
impatto negativo su un ambiente di così grande
pregio?
Anche qui sembra evidente che,
pur di mettere in discussione la validità di
un’opera (per niente faraonica: poche centinaia
di metri di “galleria paramassi”), si prospetta
una conseguenza negativa campata in aria:
“l’abbandono” del versante a monte della
galleria.

Non si
capisce perché il versante a monte della
“galleria
paramassi”,
rimanendo come la natura l’ha fatto, sia
destinato ad essere ”abbandonato”, mentre per
tutti gli altri versanti di quell’area che si
trovano nelle stesse condizioni il problema
dell’abbandono non si pone. E nemmeno sul
versante a monte della
“galleria
paramassi”, da
sempre, il problema si è mai posto.
Se in
passato, da sempre, non si è mai posto il
problema dell’abbandono del versante a monte
della strada provinciale, perché si deve porre
proprio dopo aver realizzato un’opera (la
“galleria
paramassi”) che
permette di considerare il rischio di caduta
massi soltanto un ricordo (sicuramente triste)
del passato?
Anche il versante a monte del
tratto di strada provinciale su cui è prevista
la “galleria paramassi” può ritornare coperto
da una lussureggiante vegetazione boschiva.
Basta realizzare pochi quanto semplici
interventi, ma razionali ed efficaci,
cominciando dal proteggere dal taglio gli alberi
e gli arbusti su quella ristretta superficie
(meglio se addirittura recintata), dal
proteggerli dagli incendi con azioni di
prevenzione attuate con cura (fascia
antincendio e un minimo di vigilanza), dalla
messa a dimora di specie arboree adatte, oppure,
ancora meglio, senza mettere a dimora alcunché,
lasciando fare alla “natura” (che sa fare assai
meglio dell’uomo, specialmente quando egli
spende il denaro pubblico): nell’area recintata
si svilupperebbe spontaneamente una fitta
vegetazione molto simile a quella che si può
ammirare sul versante opposto, anzi migliore, se
la superficie viene recintata e protetta.
Quanto ai pini che vengono
periodicamente divorati e distrutti con grande
rapidità dagli incendi, forse è opportuno
cominciare a considerare, come sostengono gli
esperti, che non si tratta di specie arboree
adatte a quei luoghi, per cui la “forestazione”
di quei luoghi con specie sbagliate (i pini)
costituisce, come spesso si suol dire, “un
rimedio peggiore del male”, che
comporta: a) – la distruzione periodica, con
incendi, dell’intera copertura vegetale (erba,
arbusti e alberi), b) – l’impoverimento del
terreno (di humus), c) – l’erosione del suolo,
ecc..

Non c’è
assolutamente niente di male nel realizzare
un’opera (la
“galleria
paramassi”) che,
oltretutto, viene quasi a nascondere la strada,
con vegetazione (erba e piante) anche sopra il
solaio inclinato di copertura della galleria,
e quindi ne migliora notevolmente l’impatto
ambientale e, contemporaneamente, costituisce un
“ …beneficio
per la sicurezza del passaggio….”.
Se invece, come prospettato dai
tecnici estensori dell’articolo di giornale del
29 settembre scorso, si realizzano lungo il
costone roccioso “sistemi di stabilizzazione”,
con
-
stabilizzazione di pareti in
roccia lapidea
-
blocco massi in parete, composti
da reti in acciaio e chiodi,
allora sì che si verificherebbe
una modifica paesaggistica molto evidente (se
non addirittura un vero e proprio scempio
paesaggistico del costone roccioso), che non ha
niente a che vedere con quanto prodotto dalla
“galleria paramassi”, che, invece, nasconde
parzialmente anche la strada esistente.
Peraltro i “sistemi di
stabilizzazione”, con stabilizzazione di
pareti in roccia lapidea e blocco massi
in parete, composti da reti in acciaio e chiodi,
non solo modificherebbero notevolmente l’attuale
paesaggio con un notevole impatto ambientale
negativo, ma comporterebbero l’aggravante di
non eliminare il rischio di caduta massi sulla
strada provinciale, “mitigandolo”
soltanto, riducendolo cioè a valori percentuali
che non sappiamo come vengono calcolati e che,
pertanto, oltre a non convincere, (perché
campati in aria e, per di più, calcolati a
sostegno di tesi che convincono ancora meno),
comunque non possono
(in ogni caso!) dare le garanzie che dà la
galleria paramassi.
Quanto al ventilato
”impatto negativo” (della “galleria
paramassi”) ”su un ambiente di così grande
pregio”, non solo non
c’è
assolutamente niente di male nel realizzare
un’opera (la
“galleria
paramassi”) che
costituisce un
beneficio per la
sicurezza del passaggio….”),
ma, come già precisato, la galleria viene quasi
a nascondere il tratto di strada, e quindi ne
migliora notevolmente l’impatto ambientale.
Appare pertanto
artificioso (o addirittura costruito ad arte) il
discorso ..
“di un’opera di
indubbio impatto negativo su un ambiente di così
grande pregio, in un paesaggio originale,
solcato da una galleria paramassi, in
calcestruzzo, ben visibile:
-
un fiume d’acque bianche ed
azzurre,
-
un versante destro (opposto a
quello della galleria) coperto da una
lussureggiante vegetazione boschiva, ricca di
querce, faggi, castagni, e di un sottobosco
ancor più ricco, abitato da una fauna pregevole,
-
una presenza di strutture
storiche, come il ponte sul Titerno.”
La
“galleria
paramassi”, come
viene evidenziato dall’immagine allegata, che è
un esempio di “galleria paramassi” già
realizzata altrove, è aperta da un lato,
consentendo in modo naturale di usufruire
della luce del giorno,
della circolazione
dell’aria e di un’ottima visibilità del versante
opposto. Come avviene tuttora.
Perciò, con la “galleria
paramassi” sarà sempre possibile,
esattamente
come adesso, ammirare: 1) – il
fiume d’acque bianche ed azzurre; 2) - il
versante destro (opposto a quello della
galleria); 3) – le
strutture storiche, come il ponte sul Titerno.

CONCLUSIONE
Se l’articolo di giornale del 29
settembre scorso, a cui si riferiscono queste
considerazioni, dovesse mirare, perché
magari ispirato da “ragioni politiche” o da
motivi di “gestione” di fondi pubblici: quattro
milioni e mezzo di euro, pari a circa 9 miliardi
di vecchie lire, o da entrambe le cose:
1) -
a rendere difficile la
realizzazione di un’opera (la “galleria
paramassi”) che costituisce la soluzione
definitiva di un problema antico e molto serio,
2) -
a favorire la realizzazione, con
lo stesso finanziamento, di strani “sistemi
di stabilizzazione”, con stabilizzazione di
pareti in roccia lapidea e blocco massi in
parete, composti da reti in acciaio e
chiodi,ecc.,
“mitigando”
soltanto il rischio, ma senza risolvere
definitivamente il problema della pericolosità
della strada,
tutto ciò potrebbe vedere una
forte opposizione della popolazione locale, che
oltre a subire il danno derivante dallo spreco
di denaro pubblico, si considererebbe anche
umiliata, delusa e presa in giro per la mancata
realizzazione di un’opera validissima (la
“galleria paramassi”). Cioè per aver perso
un’occasione difficilmente ripetibile in futuro.
Un futuro che non riguarda solo noi, ma anche i
nostri figli, i nostri nipoti, ecc..
Non è nemmeno pensabile,
pertanto, rimanere indifferenti quando si
sentono dire o, peggio ancora, si leggono cose
come quelle contenute nell’articolo di giornale
del 29 settembre scorso.
Staremo perciò molto attenti agli
sviluppi di questa situazione.
La sicurezza della strada
provinciale
a monte di
Cerreto Sannita è un problema che non riguarda
soltanto le popolazioni dell’alta valle del
Titerno. E ciò perché esiste un’interdipendenza
(e non soltanto in relazione al turismo) tra le
economie dei vari comuni della valle, per cui
tutti i comuni della zona hanno interesse alla
soluzione del problema.
Oltretutto, se, con una strada
provinciale sicura, aumenta e si consolida il
flusso di turisti e visitatori verso Cusano
Mutri, Pietraroja e Bocca della Selva, è facile
immaginare che piano piano verranno “esplorati”
di più anche gli altri comuni della zona, come
quelli che stanno lungo la strada provinciale
Cerreto S. – Guardia S. – San Lorenzo M. – San
Lupo, o quelli che stanno lungo la strada San
Lorenzello – Faicchio – … .
E
a tale proposito forse è bene osservare che, se
si cominciasse a parlare sul serio, senza
demagogia, di asse attrezzato di sviluppo
economico da Telese a Bocca della Selva, ci
sarebbero migliori prospettive di sviluppo non
solo per la “valle del Titerno”, ma anche
per l’intera “valle telesina”, con grande
vantaggio per tutti i comuni interessati.
Li, 6 ottobre 2008
prof. Emidio Civitillo
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