La Migrazione
degli uccelli. L’esempio del colombaccio
- Le rotte migratorie e i rischi di trasmissione
di malattie all’uomo.
La
Migrazione degli uccelli è un fenomeno che ha
sempre incuriosito ed affascinato. Da alcune
decine di anni, da quando cioè si è scoperto che
alle “rotte migratorie” è connesso il rischio di
trasmissione di malattie dagli animali all’uomo,
il fenomeno della migrazione degli uccelli è
oggetto di attenzione ancora più grande.
Alcuni anni fa, ad
esempio, quando ci fu l’allarme per la
diffusione dell’”aviaria” (malattia che si
propagava dagli uccelli acquatici ai polli, ed
era pericolosa per l’uomo), fu osservato che la
Siberia era
probabile terra di contagio tra specie diverse,
poi il morbo poteva «volare» in Europa: diverse
specie di volatili acquatici, infatti,
nidificano nella Russia Nord Orientale, dove si
trasmetteva la malattia, e in autunno una parte
di essi migrava verso il Mediterraneo.
Sembra che il fenomeno
delle migrazioni sia iniziato a partire dall'Era
Terziaria
in cui già esisteva un'alternanza stagionale.
La causa che determina i
movimenti migratori degli uccelli sembra legata
alla durata del giorno (il cosiddetto
fotoperiodismo), che influenza tutto il
sistema endocrino:
con l'arrivo della stagione autunnale
(ovviamente per quanto riguarda le regioni
temperate boreali; per quelle australi tale
stagione sarà la primavera) la durata del giorno
si riduce, inducendo fasi di regresso delle
ghiandole sessuali e, di conseguenza, la
cessazione di aggressività, intolleranza e
territorialità nei confronti dei cospecifici e
quindi l'aggregazione in gruppi che preludono
alla partenza delle migrazioni.
Sono stati
compiuti numerosi studi ornitologici sulle
migrazioni utilizzando metodi di campionamento
ed osservazione in corrispondenza dei punti di
confluenza delle rotte aeree, inanellamento o
strumenti tecnologici come telescopi o radar. In
questo modo sono state raccolte numerose
informazioni sui percorsi seguiti, sugli
spostamenti effettuati, sulla composizione d'età
degli stormi ecc.
L'Italia è
interessata dal passaggio di specie che dal
Nord-Europa si dirigono verso l'Africa (passo),
o da specie che vengono a svernare in Italia da
territori più settentrionali.
Colombaccio, confronto con il Merlo
L'aspetto che comunque
rimane più affascinante e meno noto nel fenomeno
delle migrazioni è la capacità di orientamento
degli uccelli. I meccanismi che consentono ai
migratori di seguire rotte costanti sono
molteplici: la posizione del sole (ed il suo
azimut)
ed i suoi movimenti, la posizione di catene
montuose, quella di sistemi fluviali (ovviamente
per migrazioni diurne), la direzione dei venti,
la posizione della luna e delle stelle (per le
migrazioni notturne), il campo magnetico
terrestre, ecc.
Sembra poi che gli
uccelli possiedano una sorta di carta geografica
mentale dei territori in cui vivono, che
rapportano in qualche modo ai punti di
orientamento più generali (sole, stelle, ecc) e
che costruiscono memorizzando alcuni dati
territoriali (ad esempio i corsi d'acqua) o, per
quanto riguarda i piccioni viaggiatori,
olfattivi.
Talvolta, però, le
rotte migratorie non risultano costanti, ma si
modificano in modo più o meno marcato: spesso
questo è dovuto a fattori di disturbo antropici,
come, per fare alcuni esempi, la presenza di
città illuminate che alterano l'orientamento
notturno offuscando la percezione delle stelle
oppure operazioni di bonifica che hanno
eliminato superfici palustri su cui sostavano e
traevano informazioni per l'orientamento gli
uccelli di passo.
Esempio di migrazione degli
uccelli che sta avvenendo massicciamente in
questi giorni, ma che non destando alcun allarme
per la salute dell’uomo, è quella che riguarda
il “Colombaccio”
DA NOI IL “PASSO”
DEL COLOMBACCIO SI VERIFICA SEMPRE
PREVALENTEMENTE IN OTTOBRE
Il
colombaccio (columba plumbus) è
senz’altro il più grosso dei Columbidi, che
comprendono anche il “colombo di città”,
la “colombella”, il “piccione
selvatico”, la “tortora dal collare
orientale” (insediatasi nella nostra zona da
non molti anni) e la “tortora africana”,
che viene da sempre da noi solo nei mesi caldi,
a riprodursi. Il colombaccio pesa in
media mezzo chilogrammo (ma il suo peso può
oscillare dai 285 ai 690 grammi) ed è lungo dai
41 ai 45 cm. Si alza in volo con un
caratteristico rumoroso battito d’ali e il suo
volo è molto potente, rapido e diretto, con
costanti e profondi battiti.
ALTRE
CARATTERISTICHE DI RICONOSCIMENTO
Il colombaccio,
come già accennato, è il più grande dei
Columbidi. Ha capo piccolo in confronto al resto
del corpo. Piumaggio con toni azzurro-grigi (o
grigio bluastra) con remiganti primarie nerastre
con i bordi più pallidi. Il petto è grigio
rosato, mentre il collo, con riflessi verdastri
e segni neri, presenta due macchie bianche ai
lati circondate da una zona iridescente blu
verde. Il petto è violetto, colore delle more.
Il bordo dell’ala è bianco. La coda è diritta
con la punta nera. Zampe rosate e occhio da
bianco verdastro a giallo limone. E’ dotato di
vista acuta, ma di udito modesto. Come tutti i
Columbidi, anche il colombaccio beve in un modo
veramente insolito per gli uccelli, infatti
immerge il becco nell’acqua ed aspira senza
dover alzare la testa di volta in volta per
deglutire il liquido.
Colombacci in migrazione
DISTRIBUZIONE
GEOGRAFICA
Specie ampiamente
distribuita come nidificante in Europa fino al
65° di latitudine nord, Asia occidentale e
meridionale, Africa nord-occidentale. In Italia
è di passo prevalentemente nella prima
quindicina di ottobre e dalla meta di febbraio a
tutto marzo; ed è svernante nelle pinete
litoranee e nelle macchie costiere, stanziale
nelle zone adatte.
Frequenta boschi
dl quercia, leccio, faggio, foreste con radure -
come sui monti del Matese - zone
coltivate, pinete e macchia litoranea; è
presente anche nei parchi delle città. Si è
adattato ai vari habitat, comprese molte città
del nord Europa, come Londra e Parigi, dove è
diventato più comune dei piccioni selvatici. Fin
dall’inizio del secolo scorso si è stabilmente
insediato anche in aree urbane, come a Parigi e
in altre città dell’Europa centrale e
settentrionale, ambiti in cui ha mostrato la
capacità di acquisire una notevole confidenza
nei confronti dell’uomo; in altri ambienti è
invece molto diffidente ed accorto. Di norma non
supera in Europa i 1500-1600 m di altitudine.
Da noi,
specialmente nell’alta valle del Titerno, il
colombaccio è anche stanziale ed è in fase di
forte crescita numerica.
Rotte migratorie
MIGRAZIONI E
SVERNAMENTO
Il colombaccio
abbandona le regioni più settentrionali in
autunno per poi ritornarvi in primavera. Le
popolazioni dell'Europa nord-orientale svernano
nell'Europa occidentale e nel bacino del
Mediterraneo. La specie è quasi totalmente
migratrice nella Penisola Scandinava e in Europa
orientale. La componente migratrice della
popolazione diminuisce progressivamente verso
ovest e verso sud, fino ad essere
prevalentemente sedentaria in Europa
meridionale, Asia Minore e nelle zone costiere
occidentali della Gran Bretagna settentrionale.
I movimenti
migratori cominciano a settembre e proseguono
fino ai primi di dicembre. Il picco dei
movimenti migratori verso sud avviene in ottobre
ed è largamente influenzato dagli eventi
climatici.
La migrazione di
ritorno avviene prevalentemente nei mesi di
marzo-aprile. Le principali rotte migratorie
seguono vie preferenziali, tradizionalmente note
nell’ambiente venatorio, che possono determinare
in taluni anni il passaggio in aree ristrette e
in pochi giorni di enormi contingenti.
Nel 1974, in una
località del massiccio del Giura (Svizzera) sono
stati contati in un solo giorno oltre 600.000
individui.
Spesso sui monti
del Matese e nelle aree circostanti,
dall’autunno alla primavera, ai colombacci
stanziali si aggiungono in buon numero quelli
svernanti provenienti dall’Europa
centro-settentrionale.
Emidio Civitillo
|