25 agosto 2009
Cusano, escursione a Monte Mutria
Emidio Civitillo

 

 

Martedì 11 agosto scorso, con partenza da Bocca della Selva alle ore 7:00, in onore di Sant’Antonio c’è stata  l’annuale escursione a Monte Mutria, sulla cui vetta viene ogni anno celebrata una messa nei pressi della statua del Santo, che vi fu posta nel 1993 ad oltre 1.800 metri di quota.

 

Ad officiare, alla presenza di un buon numero di escursionisti (soprattutto giovani), che avevano affrontato la non proprio semplice scalata del monte di oltre un’ora, è stato il parroco di Civitella Licinio, don Jonut (don Giovanni) Pirtac, di origine rumena.

 

Al ritorno, a Bocca della Selva l’importante (e atteso) appuntamento con “Pasta e Fagioli in Piazza”, un’apprezzata specialità culinaria che è stata offerta, per l’occasione, ai partecipanti all’escursione dal “Bar – Rifugio TRE FAGGI” di Bocca della Selva.

 

Monte Mutria - celebrazione di qualche anno fa della messa sulla vetta

 

 

Nei pressi della località dove è stata celebrata la messa, una studentessa liceale (Stefania Vitelli)  ha fotografato una  lepre di cui viene allegata la foto. Si tratta di una lepre di pregiata razza autoctona, molto adatta a vivere in condizioni difficili, in luoghi dove dall’autunno alla primavera non sono rare le bufere di neve, con manto nevoso anche di notevole spessore.

 

Prendendo spunto da ciò, vengono allegate delle considerazioni per evidenziare la “convenienza alla difesa dell’“ambiente naturale” anche in funzione di una politica occupazionale a favore dei giovani”.

 

Monte Mutria - celebrazione di qualche anno fa della messa sulla vetta

 

  

 

 

Le lepre fotografata dalla studentessa liceale Stefania Vitelli  l’11 agosto 2009, ad alta quota e lontano dalle vie di comunicazione, non è una semplice lepre derivante da ripopolamenti, ma è di pregiata razza autoctona, molto adatta a vivere in condizioni difficili, in luoghi dove dall’autunno alla primavera non sono rare le bufere di neve, con manto nevoso anche di alcuni metri di spessore.

Ciò vuol dire che il nostro “ambiente naturale” consente ancora la sopravvivenza di alcune specie animali di “qualità”.

 

Però, se abbiamo un “ambiente naturale” d’eccezione, particolarmente adatto ad un gran numero di specie animali, alcune delle quali già estinte altrove o anche altrove rare o in via di estinzione, sia l’“ambiente naturale” che la “fauna selvatica” vanno seriamente tutelati. È non è pensabile che la tutela venga realizzata con una vigilanza solo teorica, cioè solo sulla carta.

Non si può salvaguardare il patrimonio faunistico del Parco regionale del Matese senza un minimo di vigilanza. Una vigilanza che, ripetiamo, deve essere “effettiva” (e non soltanto prevista ed enunciata) e “continua” (cioè non a carattere sporadico).

 

Edicola o tempietto di S.Antonio

 

La natura è sicuramente un’ottima fonte di reddito attraverso il turismo. Un Parco regionale (come quello del Matese) ben tutelato con la vigilanza, non può non attrarre sempre più turisti e visitatori, se i boschi e le sorgenti sono ben tenuti, se la fauna selvatica è veramente protetta con una seria ed efficace vigilanza venatoria, se viene praticata una chiara ed efficace lotta all’inquinamento, ecc..

 

In altre Regioni d’Italia, un gran numero di giovani vengono impiegati, con compenso non eccezionale ma nemmeno insignificante, nei “Parchi regionali” per le attività più svariate per la difesa e la valorizzazione della natura: difesa dei boschi, delle sorgenti, della fauna selvatica, promozione turistica, difesa da ogni forma di inquinamento, vigilanza venatoria, ittica, contro le cave e le discariche abusive, ecc..

Per la vigilanza venatoria l’intervento dei giovani si è rivelato efficacissimo già con l’uso del semplice telefonino, col quale essi segnalano prontamente la presenza di bracconieri o di persone che, in generale, non rispettano le norme a difesa della fauna selvatica. In tal modo i giovani favoriscono il rapido e tempestivo intervento di guardie forestali o di altri agenti preposti alla necessaria azione di repressione che in questi casi si rende necessaria.

 

Perché questo non deve essere possibile anche nella Regione Campania, che ha diversi Parchi regionali, tra cui il ”Parco del Matese”?

 

Devono i giovani della Campania considerarsi sfortunati nel trovarsi nella Regione sbagliata anche da questo punto di vista?

 

L’anno prossimo ci saranno le elezioni regionali e c’è chi spera che ciò induca i politici campani (stimolati, speriamo, anche da quelli locali) a dedicare un minimo di attenzione al problema dell’occupazione giovanile, anche attraverso l’impiego dei giovani nella difesa e nella valorizzazione della natura, soprattutto nei Parchi.

 

Si sono spese (e si continuano a spendere) somme ingenti, provenienti anche dall’Unione Europea, per la costituzione e la gestione dei Parchi, ma a coinvolgere i giovani anche per la soluzione del loro drammatico problema occupazionale ci stanno pensano solo altre Regioni, non la Campania.

 

Spendere per salvaguardare l’ambiente naturale, consentendo ai giovani di avere un minimo di reddito, vuol dire fare un investimento molto redditizio, con almeno due importanti obiettivi:

 

1)    – si rende l’ambiente naturale molto più attraente e capace di favorire lo sviluppo del turismo, con un impulso molto significativo per l’economia locale, sotto svariati aspetti;

 

2)    –  si attua una politica occupazionale a favore soprattutto di una categoria di persone (i giovani),  che avvertono ancora più di altre categorie il dramma della difficilissima ricerca di un lavoro per “sbarcare il lunario”, per cui si parla di giovani sempre più scoraggiati e sempre più allo sbando (!).

 

 

24 agosto 2009

prof. Emidio Civitillo

 

 

La valle del Titerno da Monte Mutria

 

 

 

 

 

     

 Valle Telesina


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