30 luglio 2009
Telese, riflessioni sullo smaltimento rifiuti
Flaviano Di Santo

 

 

Credo siano molti come me che si sono preoccupati dei problemi ambientali solo quando abbiamo visto qualche tempo fa, la spazzatura non rimossa dai cassonetti e come me credo, la maggioranza non ha conoscenze tecniche approfondite in merito.

Indipendentemente da classi sociali o cultura, credo che quando si parla di rifiuti, in qualche modo si prova una specie di vergogna. Mi riferisco anche al ciclo naturale umano. Nella fase del produrre cibo o mangiare, lo riteniamo un evento positivo che ci porta una sorta di gioia interiore e non solo per il suo aspetto nutritivo. Se mangiamo da soli sembra addirittura triste, se invece consumiamo cibo in compagnia, l’evento si carica nella sua emotività. Se procacciare o produrre del cibo è qualcosa di assolutamente naturale, non vedo perché non debba esserlo la fase di smaltire gli scarti.

Immaginate se qualcuno provi gioia a condividere le proprie fasi di evacuazione con altre persone!
Se pensiamo a come sono fatte le nostre case, non è difficile avere conferma di quanto ho esposto: la cucina o il tinello è sempre un luogo che ci fa piacere mostrare e condividere con altri. Di contro il bagno, per quanto si tenda ad abbellirlo, ci piace mostrane l’igienicità, la funzionalità ma nessuno si sognerebbe di usarlo con un’ospite. La solitudine minimizza quel senso di vergogna che abbiamo dei nostri , maleodoranti ma comunque naturali scarti.

Non credo che la nostra postura mentale si diversifichi se parliamo di smaltire il sacchetto della spazzatura.
In sintesi voglio dire che ognuno di noi ha un’atavica propensione ad evitare, se possibile, l’argomento rifiuti. E’ questa secondo me, una ragione alla base dei problemi legati alla sua gestione. Poiché è innaturale evitarlo, non possiamo fare a meno di occuparcene. Ma come?

Mi piacerebbe fare un’altra premessa partendo da un altro spunto.
Su Vivitelese ma anche in altri siti locali, si toccano spesso argomenti legati ad un’agricoltura ecocompatibile come qualcosa che valorizza il nostro territorio. Anche nei tanti interventi inerenti la questione inceneritore di San Salvatore, in molti hanno parlato delle colture tipiche della nostra zona, come viti, olivi ed altro come un sistema da difendere in ragione di una compatibilità uomo-ambiente.

Credo di non sbagliare se l’enfasi con cui si parla di questo tipo di agricoltura, sia di essere persuasi  del fatto che produrre della falanghina doc sia qualcosa di più naturale ed eco-compatibile che produrre microchip per computer.

Per produrre una bottiglia di falanghina beneventana (ma l’esempio è valido per tante altre cose) si parte dallo stravolgere un paesaggio che nella sua naturalità, era un tempo invaso da olmi, cerri, querce e una varietà di arbusti che sono oggi praticamente estinti, perché ritenuti inutili ai nostri usi.

La natura, quella vera, aveva messo a punto un sistema di biodiversità e di equilibrio idrogeologico che oggi è completamente stravolto da una monocultura viticola ed olivicola e basta vedere cosa succede alle nostre strade quando cadono più di 10mm di pioggia.

Sarebbe come definirsi un’amante del giardinaggio e piantare solo rose. Ma non rose di campo, rose di laboratorio.
I ceppi delle nostre colture viticole, sono oggi tutte prodotte in laboratorio e clonate. I terreni vengono livellati al fine di una migliore lavorazione meccanica e qualsiasi fase prevede l’uso di mezzi a petrolio. Per assicurarsi che queste colture garantiscano un prodotto negli standard di mercato, non può essere assecondato nessun capriccio della natura. Si irrora con anticrittogamici e qualsiasi fase della produzione ha un intervento chimico, compresa la stessa vinificazione che viene raffreddata, analizzata, pastorizzata e corretta all’occorrenza. Per la sua promozione e distribuzione, si usa vetro non riciclato, si fanno etichette raffinate, fiere, propagande televisive, speculazioni commerciali e spesso si ignora che è un prodotto alcolico e come tale non fa proprio bene alla salute. Certo, un bicchiere fa bene, ma anche una sigaretta al giorno non uccide nessuno.

Per quanto personalmente io sia un’amante del genere ed anche un modestissimo sommelier, il vino (almeno quello di concezione moderna) non è qualcosa che ha prodotto la natura ma un complesso derivato che l’uomo elabora da altri elementi (di cui la vitis vinifera ne è ormai un lontano parente), usando tutte le sue conoscenze di scienza e tecnologia, senza tanto rispetto per l’ambiente e la sua biodiversità. Se vogliamo, per come viene prodotto oggi, non è nemmeno un integratore alimentare come lo era invece per la tipologia produttiva dei nostri nonni, che assumevano dal vino quei sali minerali persi nel sudore dei campi. E’ semplicemente un prodotto derivante da un processo in buona parte industriale, che asseconda un’esigenza capricciosa e consumistica tipica del mondo occidentale.

E’ molto diverso questo processo dal costruire microchip per computer? Almeno i computer oltre ad animare videogiochi e telefonini, sono all’interno di apparecchiature che ci aiutano a vivere, talvolta anche vitali. Anche un microchip è in fondo del naturale silicio elaborato.

Vorrei ora, con queste premesse, esprimere un mio punto di vista sull’argomento tanto discusso dello smaltimento dei rifiuti. Abbiamo davvero vinto qualcosa evitando la costruzione di un sistema di smaltimento rifiuti e probabilmente (?) anche un piccolo ma significativo sistema di produzione energetica alternativo al petrolio?

Non stiamo rischiando di entrare in quel meccanismo mentale che ci fa sentire meglio solo se evitiamo che ci sia? Ci preoccupiamo, ed è giusto, se un impianto immette biossido di carbonio nell’aria ma facciamo altrettanto se brucia la Sardegna o il sud Africa? Per l’ambiente la cosa non cambia di certo. Non sono convinto che la qualità della vita nella nostra valle, sia migliore se un inceneritore sia ad Acerra e non a San Salvatore. Vediamo quando c’è scirocco, che arriva la sabbia dal Sahara, figuriamoci se non ci piovono addosso le polveri di qualsiasi inceneritore al mondo. Cambia solo che non è sotto i nostri occhi e, come la psicologia del bagno, questo ci tranquillizza. E siamo tranquilli anche se le colture che ci circondano sono sistematicamente irrorate da ‘veleni’ che in qualche modo entrano a contatto con l’aria e le falde acquifere e certamente hanno un contributo pesante in tanti ecosistemi viventi. Pensiamo anche al referendum che ci evitò le centrali nucleari ma le abbiamo comunque dietro l’angolo e paghiamo bollette triplicate!

Anch’io, come tanti credo, nell’ammirare le colline che circondano la Valle Telesina, trovo gradevole il colpo d’occhio delle colture ma non mi sento di dire che questo sia, nel suo complesso, il miglior approccio dell’uomo con la natura. Avete visto le cantine della nostra zona? Capannoni orribili . Quelli si che deturpano il paesaggio. In ogni caso, abbiamo stravolto ogni naturale equilibrio a nostro gusto (?) e che un oliveto ci piaccia più di un querceto selvatico, è lo stesso meccanismo che ci fa amare i gatti e non gli scarafaggi. Sono due esseri viventi ed entrambi fanno parte della straordinaria biodiversità del mondo animale e se volgiamo dirla tutta, lo scarafaggio è un organismo vivente, straordinariamente più evoluto del gatto ma non ci fa le fusa e per questo non ci sentiamo colpevoli se lo schiacciamo.

Condivido pienamente l’operato dei comitati civici che hanno evitato la costruzione dell’ inceneritore a San Salvatore, che sembra un vero mostro a chiunque ma se a questo non segue una coscienza civile e la fiducia in tecnici che ne individuano un’alternativa, perche è chiaro che non se ne può fare a meno, non mi sento tra quelli che hanno vinto e non mi sento nemmeno particolarmente alleggerito dal fatto che il problema rimane praticamente irrisolto. C’è qualcuno che potrebbe indicare un posto idoneo senza creare dissensi in chi ci abita vicino? Mi sento un vero perdente quando i miei rifiuti e quelli di tutti gli abitanti della Valle Telesina debbano essere ancora smaltiti in altri siti lontani, ed ancora più perdente quando parliamo di eco-compatibilità  dimenticando che nessun processo è privo di conseguenze per l’ambiente ma almeno i nostri nonni, avevano la saggezza di diversificare piantando pomodori, fave, piselli, mais, grano e pur essendo privi delle conoscenze scientifiche odierne, avevano certamente una capacità di vivere in armonia con l’ambiente che noi stiamo, forse, perdendo per sempre.

Flaviano Di Santo

 

 

     

 Valle Telesina


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