27 agosto 2009
Telese, ciao presidente Cannarsa
Nuccio Franco

 

 

La sua ultima partita l’ha giocata in un letto d’ospedale ma stavolta il Giudice arbitro non era lui. Nessuna riga a delimitare il campo, nessun atleta da redarguire o richiamare al rispetto delle regole; stavolta l’avversario non lasciava scampo. Se n’è andato com’era nella sua natura, discreto, senza far rumore. All’età di settant’anni si è spento il Presidente, Luigi Cannarsa, Gino per gli amici e per quanti hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Appresa la notizia, ho avvertito un senso di vuoto, di privazione. Privazione di ciò che ha rappresentato portandosi con se una parte importante dei miei ricordi di adolescente nei quali ho avuto modo di crescere, di conoscere, di imparare, il rispetto soprattutto. Grazie a lui.

Un maestro, insomma, di vita. Amava insegnare, si, ma non le cose banali bensì valori ormai in via d’estinzione:il rispetto per l’avversario, la lealtà, il coraggio di gettare il cuore oltre l’ostacolo anche quando l’impresa sembrava impossibile. Amava insegnare a volersi bene, a prendere atto dei propri limiti non come una sconfitta ma come occasione di crescita personale. Ci sarebbe stata sempre un’altra occasione.

Un uomo semplice, sincero ma fermo e determinato nelle sue convinzioni, seppur mai sopra le righe, capace di farti sentire importante, di infonderti consapevolezza delle potenzialità ma anche dei tuoi limiti, del tutto naturali. Con tatto ma fermo nel sottolineare anche i tuoi errori.

Allora non capivo ed ho realizzato solo con il tempo che lo faceva per noi affinchè fossimo uomini prima di tutto, capaci di assumerci le nostre responsabilità ed il peso di una sconfitta. Ci sarebbe servito, in futuro. Se oggi Fernando (il figlio), io, Alfonso (Grillo), Eduardo (Di Mezza), Lionello (Pascale), Nicola e Fabio (Di Mezza), Nico (Franco), Enzo (D’Aronzo), Marco (Di Mezza), Mimmo (il figlio del custode Raffaele) e tanti altri siamo quello che siamo, un po’ lo dobbiamo anche a quegli anni, spensierati e leggeri ed alla sua guida di pedagogo. Quante ramanzine, eh ragazzi, quando non volevamo lasciare il campo presi dal sacro fuoco o ci si ritrovava alle 13.00, ad agosto, a sfidarci in interminabili partite sotto al sole??Che folli che eravamo, non c’era verso e lui sempre pronto a chiudere un occhio, nonostante tutto….

Una vita vissuta intensamente tra passioni – l’insegnamento e la politica intesa nella più nobile delle accezioni – ed un grande amore:il tennis per cui ha dato tanto. Da solo,senza aiuti ma con la sola forza di un’idea frutto della passione!!

In un periodo in cui lo sport sembra ormai essere più avvezzo a pericolose quanto esecrabili (e senza ritegno) connivenze politiche che allo sforzo agonistico, modus operandi che assolutamente non gli si addiceva, egli rappresenterà sempre un esempio di moralità, di dedizione ad una causa senza se e senza ma che tanto gli ha dato, nel bene e nel male.

Se il tennis ancora sopravvive è solo grazie a lui, la cui passione andava oltre ogni limite,gratis et amore dei ma con la consapevolezza che il cavallo di razza si vede alla distanza e se ce l’hai lo devi valorizzare. Aveva già capito che una vita senza passioni è scialba, inutile. Dalla sua storia dovrebbero imparare tanti altri, dirigenti e non.

La morte ti prende alla sprovvista, ti spiazza. La saliva è come colla, la bocca ti si impasta come argilla ma il ricordo e la memoria prevalgono e, paradossalmente, alleviano il dolore della perdita in virtù di principi nei quali credi e che ti sono stati trasmessi.

Ciao Presidente e, permettimi, una volta tanto:stavolta ho ragione, Federer è il numero 1 così come McEnroe aveva quella fantasia e quella classe superiori all’algido clone Borg.

 

Nuccio Franco

 

 

 

 

     

 Valle Telesina


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