Sono alcuni anni che vivo a Telese con la mia
famiglia, emigrati dal napoletano carichi di
aspettative rivolte, in special modo, al
raggiungimento di condizioni di vita “più
sostenibili.”
Poco o nulla avrebbe importato impattare contro
i mali canonici della società contemporanea, ciò
che realmente avrebbe fatto la differenza per la
nostra spiccata coscienza ambientalista, sarebbe
stato poter godere di una buona qualità
dell’ambiente urbano (strade asfaltate e pulite,
raccolta differenziata dei rifiuti, aria
finalmente respirabile) e dei servizi
essenziali (scuola, sanità).
Per godere di una maggiore tranquillità pur non
ricadendo nell’isolamento, decidemmo di prendere
casa a via Fausto Coppi, zona periferica che
ambiziosamente viene definita “Telese 2” perché
ha vissuto negli ultimi anni uno sviluppo
edilizio rapido, costante e senza precedenti
nella storia del paese.
Oggi, per svariati motivi, mi ritrovo a fare la
strada verso la mia nuova casa più volte al
giorno ed ogni volta mi accorgo che lo scenario
circostante cambia più o meno rapidamente: i
cantieri edili spuntano ormai come funghi mentre
quegli orrendi palazzoni abbandonati e
disabitati, verdastri di muffa e di vernice
restano sempre la, come un pugno nell’occhio ad
imbrattare la stupenda visuale delle colline
circostanti.

Accompagno mio figlio a scuola. Percorro il
cavalcavia inaugurato poco più di un anno fa per
evitare attraversamenti ferroviari e favorire il
collegamento col centro, il cavalcavia che mi
conduce verso casa e verso il lago, uno degli
angoli più caratteristici del paese, e ad un
certo punto mi sento sprofondare; l’auto deve
superare un dislivello perché la strada ha
subito un avvallamento le cui dimensioni si
fanno ogni giorno più preoccupanti nonostante un
paio di interventi “tampone” effettuati nei mesi
scorsi.
Cosi riflettendo, ricordo che più volte è stata
promessa la realizzazione di una sopraelevata
pedonale che libererebbe la popolazione
residente da un serio disagio: raggiungere la
stazione ferroviaria ed il centro di Telese a
piedi, con minore difficoltà.
Proseguo la strada e imbocco il vialetto di
casa; finalmente sono pronto a lasciarmi alle
spalle le brutture che ho visto, quando realizzo
che ha piovuto, sta piovendo ancora; sono mesi
che va avanti cosi, d’altronde. Allora vuol dire
che per entrare in casa devo superare la laguna
che si è formata sulla strada; una strada che da
anni promettono a me e ancor più ai miei stoici
vicini di rimettere a posto ed asfaltare,
deludendoci sempre con estrema
puntualità.

Cerco di cacciare dalla mente questi pensieri
mentre, tutto inzaccherato, mi accingo a varcare
la soglia di casa.
E’
pur vero che, con l’avvio a pieno regime della
raccolta differenziata dei rifiuti, hanno
finalmente rimosso quegli orribili e
maleodoranti contenitori proprio di fronte le
nostre abitazioni. Ma, giro lo sguardo e… nulla
è cambiato. Il posto riservato alla spazzatura è
sempre quello, ora i sacchetti giacciono per
terra e, senza protezione alcuna, diventano
tavola imbandita per animali di ogni genere che
razziando, spargono lerciume tutt’intorno.
Specialmente la sera, infatti, è spesso
possibile apprezzare branchi di randagi (cani,
gatti e… altro) che accorrono nella nostra zona,
per partecipare a “rave party” offerti dai
residenti di via F. Coppi, a base di cibo buono
e immediatamente disponibile. Proprio cosi.
Perché molto merito va anche ai residenti (non
tutti, per carità) della zona che, “ignari”
dell’esistenza di un calendario del deposito del
pattume, abbandonano i loro rifiuti (copertoni
dei pneumatici compresi) appena si determina la
necessità, cioè ogni giorno e ad ogni ora.

Guardo quell’indegno spettacolo e mi tornano in
mente le scene viste alla telegiornale (ma anche
di persona) nel periodo dell’emergenza rifiuti a
Napoli; ora l’emergenza è finita e Napoli è
stata ripulita riacquistando un aspetto normale.
Al contrario, ai tempi dell’emergenza rifiuti,
quando in via Fausto Coppi c’erano i
“cassonetti,” la strada era pulita; ora che
l’emergenza è passata, i cassonetti non ci sono
più, si gode una veduta all’incirca disgustosa.
Quando il vento è forte, nei nostri giardini,
sui nostri balconi, non di rado è possibile
rinvenire piatti, bicchieri e vario ciarpame di
plastica e carta.

Quasi del tutto convinto di non aver fatto un
buon affare emigrando qui a causa della scarsa
differenza tra dov’ero e dove sono, ritiro la
posta dalla cassetta, entro in casa e mi
accomodo sul divano. Cerco tra le carte qualcosa
che mi possa tirare un po’ su di morale ma… solo
bollette e reclame.
No, aspetta un momento, i primi volantini
elettorali!
Ed
a quel punto mi si accende la speranza.
Il
momento è propizio.
Basta promesse, è ora di
fatti!
Salvatore Sorrentino

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