Ricerca internet di Giovanni Forgione
Ma cos'è il termovalorizzatore? Ecco la
descrizione di un impianto standard già in funzione nel comune di Trezzo
sull'Adda. Si tratta di un impianto per lo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani finalizzato alla produzione di energia elettrica. I
rifiuti, provenienti da raccolta differenziata, sono trasportati
all'impianto per la loro termodistruzione e trasformazione in energia
elettrica.
Secondo le diverse esigenze del forno, un
carro ponte sposta i rifiuti su una griglia, in movimento, dove inizia
la combustione. Sono gli stessi rifiuti incandescenti ad alimentare la
fiamma. Comincia la trasformazione dei rifiuti in energia elettrica: in
questa fase i fumi incandescenti viaggiano in un sistema chiuso,
sigillato, controllato da computer.
Nei rifiuti, anche se frutto della
raccolta differenziata, rimangono sostanze (ad esempio i metalli come il
ferro, l'acciaio, eccetera) che resistono alla combustione: queste
cadono in una vasca piena d'acqua, posta al di sotto della griglia, per
raffreddarsi. Periodicamente sono estratte ed inviate in discariche
normali.
I fumi caldi generati dalla combustione
portano in ebollizione una caldaia che produce vapore. Una turbina
trasforma in energia elettrica il vapore prodotto nella caldaia e
l'energia viene immessa nella rete elettrica nazionale. L'impianto non
ha emissioni liquide di processo.
Le principali emissioni gassose sono
costantemente controllate e regolate automaticamente. Eventuali
scostamenti dai valori consentiti sono immediatamente segnalati da
allarmi che portano alla fermata parziale o totale dell'impianto. La
preoccupazione degli amministratori è che in Sicilia tali standard non
vengano rispettati e le emissioni gassose possano arrecare non pochi
problemi ai residenti nei comuni limitrofi.
Roberto Mistretta
Fonte:
http://www.godsutera.it/sicilia041003.htm
Termovalorizzatore: pro e contro Firenze
si interroga su come smaltire i rifiuti
Continuiamo a chiamarlo inceneritore ma in
realtà si tratta di un altro procedimento tecnologico. Comunque si
chiami, seguita a far discutere e ad accendere roventi polemiche. Sta di
fatto che i rifiuti dobbiamo smaltirli e non possiamo continuare ad
esportare la nostra spazzatura altrove trasformando altre zone della
Toscana e d'Italia in puzzolenti discariche. Peraltro come si può dare
torto a chi si allarma per la salute, dopo aver vissuto la sconvolgente
esperienza della diossina a San Donnino? E quale argomento, per quanto
nobile, può convincere i cittadini della piana - già alle prese con le
conseguenze sgradevoli di autostrade, aeroporto, impianti di
compostaggio - ad ospitare la nuova struttura? Da tutte queste
considerazioni prende l'avvio l'inchiesta che vi proponiamo, con l'unico
intento di capire un po' tutti qualcosa di più.
Cos'è la termovalorizzazione?
La termovalorizzazione è un processo che
sfrutta il contenuto calorico presente in una determinata materia.
Mentre con gli inceneritori si parlava semplicemente di termodistruzione
tramite la combustione dei rifiuti raccolti, oggi l'uso del
termovalorizzatore consente di ottenere dopo la combustione elettricità
e riscaldamento. I rifiuti da bruciare con questa nuova tecnologia non
sono però indifferenziati e integri ma arrivano all'impianto già
selezionati e trattati, in frazione secca altamente calorica ottenuta da
carta, legno e plastica, non altrimenti riciclabili. Il primo processo
di combustione viene in questo modo ottimizzato e si svolge all'interno
di un forno a una temperatura di circa 1000 gradi centigradi.
La camera di post-combustione serve poi
per garantire il completamento del processo termico e la distruzione
della maggior parte degli inquinanti. I fumi che escono dalla camera
entrano immediatamente in una caldaia che li riutilizza per la
produzione di energia elettrica e termica, con una quota residuale di
scorie per cui è prevista la riconversione o lo smaltimento. Prima
dell'emissione in atmosfera i fumi vengono infine filtrati e depurati
per l'abbattimento del contenuto inquinante, più e più volte,
attraversando un reattore, un filtro depolverante, una torre di lavaggio
ed infine il camino, nel rispetto dei parametri di legge in materia di
emissioni.
Dalla combustione inoltre rimane un 10-15%
di scorie sul peso totale del materiale bruciato, da smaltirsi in
apposite discariche controllate o da trattare per un riutilizzo
ulteriore. Con gli inceneritori l'impatto ambientale era peggiore,
perché il residuo di scorie era doppio (30%) e derivato
dall'incenerimento di materiale non selezionato e, soprattutto, perché i
fumi venivano trattati da un solo filtro elettrostatico.
Oggi in Italia sono presenti ancora 63
inceneritori, alcuni dei quali riconvertiti alle nuove tecnologie, e
sono stati costruiti cinque termovalorizzatori, tutti nel Nord (se si
esclude quello di Arezzo) e tutti vicino ai centri abitati. In Europa
questa tecnologia è diffusa in larga scala; solo in Francia sono
presenti 84 impianti.
PRO
Le scelte degli enti locali dell’area
fiorentina I sindaci di Firenze, Campi Bisenzio, Calenzano e Sesto
Fiorentino, la Provincia e la Regione sono tutti concordi nel promuovere
la realizzazione del termovalorizzatore, rigettando ‘l’alternativa
proposta a suo tempo di un impianto di riciclaggio dei rifiuti.
L’obiettivo principale del Piano di Smaltimento dei Rifiuti Solidi
Urbani Ë quello di dare autosufficienza all’area fiorentina per lo
smaltimento dei rifiuti, a quanto pare con favorevoli ripercussioni
economiche, derivate dall’abbattimento dei costi e dalla produzione di
energia, sia per l’amministrazione che per il cittadino.
Infatti il termovalorizzatore
permetterebbe lo smaltimento in loco senza il costoso ricorso alle
tradizionali discariche, antieconomiche sia da gestire che da
bonificare, creando al contempo energia e quindi redditività per il
territorio che lo ospita. I criteri ispiratori dell’approvato Piano
impongono la riduzione dei rifiuti, lo sviluppo di raccolte
differenziate, la promozione del riutilizzo dei materiali recuperati, e
infine, per la parte di scarti non recuperabili dal ciclo produttivo
(stimati intorno al 40%), la distruzione per incenerimento e - come si Ë
detto - il recupero in forma di energia. Si prevede in pratica: n Il
passaggio progressivo da una produzione annua di rifiuti di 465.000 ton.
del 1999 a 437.000 ton. nel 2005, con una riduzione del 6%. n L’aumento
della raccolta differenziata dalle 78.000 ton. Del 1999 alle 175.000
ton. del 2005, per un aumento del 45%. La realizzazione di impianti di
compostaggio per la quota di rifiuti organici.
La raccolta differenziata e l’utilizzo di
un impianto industriale all’avanguardia al termine della filiera
renderebbero la prevista produzione di combustibile più sicura e meno
inquinante, permettendo l’utilizzo delle discariche come impianti
puramente residuali e riducendo gli effetti ambientali dello
smaltimento. Il nuovo termovalorizzatore dovrebbe garantire il rispetto
delle più severe normative europee in materia di emissioni in atmosfera
ed offrire la possibilitàdi ampie sinergie con l’area industriale
contigua e con il nuovo polo tecnologico delle Ferrovie dello Stato,
grazie alla produzione e alla cessione di energia elettrica e
teleriscaldamento (ndr: fornitura diretta di acqua calda nelle vicinanze
dell’impianto), per impianti industriali e commerciali di nuova
concezione.
La valutazione d’impatto sanitario (VIS),
istituita in via preliminare nell’ottobre 2001 a cura dellíAgenzia
Sanitaria Regionale, sta avviandosi a conclusione nella stagione estiva:
l’autorizzazione provinciale ai progetti esecutivi degli impianti sar
indiscutibilmente subordinata ai risultati della ricerca. Per quanto
riguarda i controlli sulla gestione in fase di funzionamento,
l’amministrazione si impegna a garantire verifiche incrociate ad opera:
1) degli organi di controllo preposti, come ARPAT e ASL; 2) di un
Osservatorio Indipendente, costituito da esperti dell’Università,
rappresentanti di Regione, Provincia, Comuni e Consigli di quartiere,
singoli cittadini e associazioni ambientaliste; 3) di tecnici e gestori
del termovalorizzatore, operativi 24 ore su 24.
I promotori del Piano di Smaltimento non
negano la futura presenza nella combustione di microinquinanti dannosi
come le diossine, ma ricordano come la corretta gestione del
termovalorizzatore permetta l’abbattimento di queste emissioni tossiche,
garantendo il rispetto dei limiti estremamente restrittivi imposti dalla
legge italiana, la più severa in assoluto assieme a quella svedese.
CONTRO
L’opposizione dei Comitati della Piana I
Comitati dei cittadini della Piana si oppongono fermamente al progetto,
forti di 15 mila firme e sostenuti da 56 tra medici di base e dottori di
Careggi. I motivi sono soprattutto sanitari, ma anche sociali ed
economici (basti pensare alla flessione del valore delle case data dalla
costruzione di un impianto del genere), e coinvolgono tutti gli aspetti
dell’esistenza della popolazione a contatto con l’area designata per la
costruzione, che comprende 100.000 abitanti divisi in tre comuni.
Si temono ulteriori ripercussioni a
livello ambientale, in una zona già sottoposta all’inquinamento acustico
ed atmosferico Dell’aeroporto di Peretola e dell’Autosole e ai miasmi
dell’impianto di compostaggio di Case Passerini; un’area che deve
sopportare i disagi originati dalla nuova terza corsia, dal mega
impianto per le officine FS e dall’alta concentrazione di
autotrasportatori, per i quali essa costituisce un crocevia strategico.
Il termovalorizzatore andrebbe inoltre edificato nei pressi
dell’impianto dismesso di San Donnino, in terreno non del tutto
bonificato, con presenza di diossina persistente ad oltre dieci anni
dalla chiusura: la classica ciliegina sulla torta, l’ennesimo gradino
verso il degrado, in un territorio già inesorabilmente provato.
I residenti -e come dar loro torto! - si
domandano la ragione per la quale debbano essere sempre esclusivamente i
soli a vedere compromessa la propria qualità della vita, per servizi
fruiti dalla totalità della popolazione. Eppure l’appello dei medici,
interpellati dal Coordinamento dei Comitati della Piana, è stato chiaro:
essi paventano ripercussioni serie sulla salute, considerando che i
sofisticati sistemi di combustione dei rifiuti, di depurazione e
filtraggio dei fumi, troverebbero condizioni ottimali di lavoro più
sulla carta dei progetti che non nel funzionamento effettivo. Le
argomentazioni dei medici si fondano sui risultati di una recente
ricerca, che evidenziano già in zona un’allarmante incidenza superiore
alla media - di patologie tumorali, respiratorie e malformazioni
congenite: a Campi e Sesto si Ë riscontrato un aumento delle malattie
respiratorie e della silicosi e tra le donne di Campi si parla di
incremento dei linfomi non Hodgkin; tra gli uomini salgono i casi di
tumore ai polmoni e a Sesto è stato rilevato un incremento delle
malformazioni a carico dell’orecchio e dell’apparato urogenitale.
L’emissione costante di scorie inquinanti,
anche con impianti in regime ottimale di lavoro e con emissioni a norma,
l’alta probabilità di parziali disfunzioni, sommate all’impossibilità di
un frequente monitoraggio delle emissioni più nocive, preluderebbero ad
una progressiva e poco controllabile contaminazione ambientale. Inoltre
risulterebbe tutt’altro che trascurabile la produzione di veri
concentrati di inquinanti tossici, provenienti dagli impianti di
abbattimento dei fumi, e destinati a possibili dispersioni nelle
vicinanze, oppure allo stoccaggio in discarica. Anche la moderna
termodistruzione comporta infatti l’immissione in atmosfera di
inquinanti come il monossido di carbonio, gli ossidi di azoto, le
polveri, i metalli pesanti, i furani e le diossine: queste ultime in
particolare hanno un effetto nocivo sull’apparato endocrino,
riproduttivo e immunitario; sono considerate cancerogene e responsabili
di anomalie nei neonati e disperdendosi a largo raggio nel territorio vi
permangono per lunghissimo tempo, innescando un processo di progressiva
contaminazione.
Occorre inoltre considerare che - come già
stabilito ormai dal 1994 dalla US Environmental Protection Agency - non
è possibile fissare una soglia di sicurezza per le diossine, sicuramente
nocive a qualunque livello di assimilazione. Come se non bastasse, la
tipologia climatica della piana prevede una discreta frequenza di
fenomeni di inversione termica, i cui effetti sull’accumulo di
inquinanti nell’intera area fiorentina e nella restante piana di Prato e
Pistoia sono già noti. Per medici e comitati della Piana dunque gli
impianti in questione sono ancora lontani dal garantire un rapporto
rischi/benefici favorevole. Benché la termovalorizzazione permetta un
recupero energetico dalla combustione dei rifiuti, di fatto essa
renderebbe vani tutti gli interventi nel campo del riciclaggio
differenziato dei materiali e annullerebbe i progetti di riduzione e
riprogrammazione della produzione dei rifiuti.
(a cura di Silvia Orso)
fonte:
http://www.comune.firenze.it/comune/organi/q4/informa/giugno02/02.pdf
Per intervenire:
invia@vivitelese.it
|