Puglianello, controdeduzioni PRG - 01-04-04 - Rinascita Democratica Puglianello

 

 

Dichiarazione del gruppo di Rinascita Democratica sul punto “PRG – Deduzioni al provvedimento n.449 del 09/07/2003 di non ammissione al visto di conformità”, da allegare al verbale di Consiglio Comunale del Comune di Puglianello del 29 marzo 2004

Con deliberazione di Giunta Regionale n. 142/AC del 4/7.2003 l’Ufficio Urbanistico della Regione Campania (UURC) pronunciava Parere di Conformità negativo sul Piano Regolatore Generale di Puglianello.

Le motivazioni fornite erano numerose ed erano tutte sostanzialmente riconducibili ad un sovradimensionamento delle zone di espansione edilizia residenziale ed industriale. In questo senso, i sottoscritti condividono integralmente i rilievi mossi dall’Ufficio Urbanistica.

Per rimediare alla bocciatura del PRG in sede di parere di conformità, il Comune di Puglianello avrebbe allora potuto prendere atto delle motivazioni addotte dall’UURC e modificare di conseguenza il Piano, ridimensionando i volumi per l’edilizia residenziale, nonché le aree da destinare alla zona industriale del Comune. In questo caso, il Piano modificato poteva essere ripresentato all’UURC, dopo un ulteriore passaggio attraverso il CTR di Benevento; avendo quest’ultimo Ufficio già approvato il Piano nella sua versione originaria, avrebbe presumibilmente espresso parere favorevole anche su un Piano ridimensionato. Al contrario, nel tentativo di conservare il Piano così com’era stato adottato nella sua iniziale stesura, il Comune scelse di seguire un percorso che la stessa Segretaria Comunale, dott.ssa Tonziello, ha definito “irrituale” (per rappresentare il fatto che “una cosa del genere non si era mai vista”), scelse cioè di non accogliere i rilievi svolti dall’UURC e di presentare delle controdeduzioni di natura tecnica, affidate al redattore del Piano, Prof. Arch. Morrica, volte a fornire dimostrazione della bontà e conformità delle scelte operate in sede di stesura del Piano medesimo.

Nella relazione a firma del Prof. Morrica vengono sostanzialmente considerati due punti.

Il primo punto (fabbisogno abitativo al 2006 previsto dal PRG) dovrebbe servire a giustificare la realizzazione di circa 600 vani (a cui si devono poi aggiungere le strutture necessarie al deposito agricolo ???) a fronte di una popolazione residente di 1600 unità (considerando anche una metà degli attuali residenti all’estero). Si tratta comunque di una valutazione di competenza di urbanisti, su cui non intendiamo esprimerci, sebbene appaia a prima vista una previsione spropositata, osservando anche i dati demografici allegati alla relazione.

Sul secondo punto (Congruenza tra zone agricole e previsioni del PRG) vogliamo invece soffermarci in dettaglio per dimostrare l’inadeguatezza dell’analisi svolta dal redattore del Piano.

Alla pagina 6 della relazione si fa riferimento alle circostanze che: i) la dimensione dell’area industriale del PRG si configuri come semplice ampliamento di un’area PIP già esistente, necessario per soddisfare le richieste di nuovi insediamenti industriali ed artigianali (allo scopo la relazione riporta in allegato attestazioni del Comune di Puglianello con l’elenco delle ditte artigianali ed industriali che già operano sul territorio comunale, nonché l’elenco delle ditte che hanno fatto richiesta di insediamento in area PIP) e ii) che il PRG interessi solo terreni agricoli che non raggiungono quasi mai redditi positivi. A tale proposito, alla pagina 7 della stessa relazione si fa riferimento a dati ISTAT che erano stati prodotti da uno degli scriventi, prof. Antonio Coppola, in sede di redazione della Carta dell’Uso del Suolo, parte integrante del PRG, e che, per le ragioni che verranno esposte nel seguito, sono stati evidentemente letti in maniera parziale.

Con riferimento al primo punto (i), occorre premettere che un’area PIP destinata ad insediamenti produttivi esiste fin dal 1988 (PIP approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale del 24/11/1988). Successivamente, il Comune di Puglianello ha provveduto ad adottare un nuovo PIP, estendendo l’area da destinare ad insediamenti industriali. Il nuovo PIP prevede ben 70 lotti suddivisi in due comparti (1 e 2). Dall’elenco delle ditte artigianali ed industriali che già operano sul territorio comunale, che lo stesso Comune ha fornito, si osserva che delle 16 ditte riportate solo 8 operano in area PIP, le rimanenti 8 insistono su altre parti del territorio. In particolare, 3 di queste sono state realizzate in area industriale esterna al PIP, così come individuata dal PRG in questione, in accordo con le norme di salvaguardia previste per i PRG adottati ma non approvati. Per alcune di queste, fra l’altro, benché esistenti da diversi anni, non è stata ancora autorizzata l’agibilità delle strutture.

Per quello che riguarda le ditte (11) che hanno fatto richiesta di lotti in area PIP, non è detto che si insedino effettivamente, e quindi non andrebbero considerate. Pur ipotizzando che la metà di queste si insediasse effettivamente, si arriverebbe ad un numero di ditte stabilitesi in area PIP dal 1988 ad un futuro più o meno prossimo pari a 13, su un totale di ben 70 lotti allo stato esistenti, gran parte dei quali ancora disponibili.

Fra l’altro, alla pagina 8 della relazione si riferisce della circostanza secondo la quale la localizzazione dell’area industriale sarebbe stata condizionata dalla preesistenza nell’area di buona parte delle opere di infrastrutturazione. Ad oggi, al contrario, non è ancora stata realizzata alcuna opera di urbanizzazione, né primaria né secondaria, dell’area PIP. Il Comune dispone di fondi che sono appena sufficienti alla realizzazione di infrastrutture solo per il primo comparto del PIP (i lavori sono solo ora iniziati), e non è detto che il secondo comparto sarà mai infrastrutturato. Non è dato sapere come il Comune preveda che possa invece essere infrastrutturata anche l’ulteriore area industriale individuata dal PRG.

Con riferimento al secondo punto (ii), il PRG interesserebbe solo terreni agricoli che non raggiungono quasi mai redditi positivi, data la dimensione aziendale e le colture praticate (seminativi, prevalentemente).

Occorrerebbe considerare che se fossero vere le deduzioni svolte dal Prof. Morrica, gran parte delle aziende agricole del Beneventano, della Campania e dell’intera Italia Meridionale, dovrebbero cessare l’attività.

Al contrario, se i dati non fossero stati letti in maniera parziale, sarebbero emerse le seguenti informazioni (Censimento ISTAT 1990, al quale Morrica fa riferimento, ma le cose non cambiano sensibilmente quando si fa riferimento al censimento 2000), riferite alla provincia di Benevento:

su un totale di circa 162.000 ettari, ben 50.000 ettari si riferiscono ad aziende che hanno una dimensione inferiore ai 5 ettari;

su un totale di circa 37.500 aziende, ben 30.000 aziende hanno una dimensione inferiore ai 5 ettari;

su un totale di 162.000 ettari, ben 100.000 ettari sono seminativi, prati permanenti e pascoli;

Nella relazione (pagina 7) si fa poi riferimento a vigneti scarsamente produttivi, perchè non in area DOC, ed in una “fase fisiologica decrescente”. Tralasciando di indagare come il Prof. Morrica abbia stabilito che i vigneti si trovassero in una “fase fisiologica decrescente”, rimane il fatto che nella provincia di Benevento si verifica quanto segue:

su 23.832 aziende con vite, solo 164 aziende sono a DOC e DOCG, mentre ben 23.745 aziende producono altri vini;

su 12133 ettari vitati, solo 332 sono a DOC e DOCG, ben 11802 ettari servono alla produzione di altri vini.

Il Prof. Morrica non tiene inoltre conto del fatto, che essendosi stabilizzato il mercato del vino su valori medio-alti anche nella provincia di Benevento e, più in generale, in tutta la Campania, è in atto piuttosto una corsa all’acquisto di quote per l’impianto di vigneti, che oggi sono in grado di garantire redditi anche cospicui ai coltivatori, anche a quelli che conferiscono il prodotto alle tante cantine a carattere industriale della Valle Telesina.

Nella relazione di Morrica si fa poi riferimento all’incidenza del part time;

ancora una volta, se si fa riferimento al numero di aziende con conduttore impegnato esclusivamente presso l’azienda, si osserva un rapporto per il Comune di Puglianello pari a circa il 75% del totale delle aziende, lo stesso rapporto che esiste in tutta la provincia di Benevento.

Nello specifico, poi, dell’affermazione che le aziende sarebbero caratterizzate da produttività, e quindi da redditi, negativi, il Prof. Morrica non ha fornito alcun dettaglio sulla sua valutazione. Se ne deduce che questa sia stata fatta con elementi assolutamente insufficienti, con un procedimento solo descrittivo e sommario e sulla base di informazioni ricevute dall’Amministrazione Comunale. Una stima “a vista” che solo un profondo conoscitore della sociologia ed economia agraria del territorio può esprimere, pur sempre con il beneficio del dubbio. Il reale valore di un’azienda agraria può essere solo ricavato mediante la capitalizzazione, attraverso una scelta appropriata del saggio di capitalizzazione, del beneficio fondiario che si può ritrarre con quella destinazione, beneficio fondiario che si può attendibilmente determinare solo sulla base di un accurato bilancio economico aziendale.

La individuazione dello stesso saggio di capitalizzazione dovrebbe poi discendere dalle possibile soluzioni, imprenditoriali e di lavoro, alternative a quelle agricole. In altri termini, la scelta di destinare le proprie risorse, di capitale e di lavoro, ad altre attività, presuppone l’esistenza di attività alternative più efficienti. Da una valutazione attenta delle tipologie e provenienze degli attuali insediamenti produttivi del Comune, si dedurrebbe immediatamente che solo in piccola parte si tratta di imprenditori di Puglianello, che l’incremento occupazionale generato da tali insediamenti per la comunità di Puglianello è assolutamente trascurabile, che alcuni degli insediamenti non sono addirittura, questi si, in produzione, benché realizzati da diversi anni.

Bisogna poi ulteriormente considerare che la sola produttività negativa dei terreni, come la definisce il Prof. Morrica, quand’anche esistesse, non sarebbe da sola sufficiente a stabilire se un terreno debba essere destinato ad attività industriali. Se così fosse, non esisterebbero più i boschi, per esempio.

Dalla lettura della relazione prodotta dal Prof. Morrica appare evidente che essa, pur fornendo qualche seppur minimo elemento analitico a giustificazione del sovradimensionamento della zona di espansione edilizia residenziale, al contrario, non risponde, o risponde in maniera sommaria, agli altri pur importanti rilievi mossi dall’UURC.

Sostanzialmente le controdeduzioni al parere di conformità non risolvono alcuna delle questioni sollevate dall’UURC, non lasciando perciò intravedere l’evenienza che lo stesso Ufficio possa modificare radicalmente parere a fronte di un Piano che si ripresenta esattamente nelle stesse condizioni che ne avevano determinato la bocciatura. É opportuno sottolineare che il parere di conformità è stato espresso circa otto mesi fa.

Se, al contrario, il Comune non si fosse arroccato sulle sue posizioni volte a mantenere inalterata la proposta di aree per l’edilizia residenziale ed industriale così evidentemente sovradimensionate ed il Piano fosse stato conseguentemente presentato in una nuova veste (per esempio contenendo l’area industriale nei limiti dell’area PIP), adottando le modifiche in qualche modo suggerite nel parere di conformità, oggi, ad otto mesi dal parere medesimo, ci ritroveremmo verosimilmente in una fase avanzata dell’iter previsto per la ripresentazione del Piano modificato, con elevate probabilità che lo stesso potesse finalmente passare anche al vaglio dell’UURC.

I Consiglieri di Rinascita Democratica

Prof. Michele Lavorgna

Prof. Antonio Coppola

 


 

Per intervenire: invia@vivitelese.it